Albinismo, il colore della pelle non è un problema: da vicino siamo tutti diversi.
L'albinismo è una condizione genetica rara, la cui caratteristica principale è l'assenza o la scarsità di produzione di melanina. Si tratta di un deficit proteico che determina problemi alla vista, quali nistagmo, ipovisione e fotofobia, oltre a una minore protezione dagli effetti nocivi del sole con una maggior predisposizione all’insorgenza di tumori della pelle rispetto alla popolazione generale. In alcune parti del mondo, essere albini significa essere oggetto di stigma da parte della comunità. In certe realtà e culture, per esempio in Africa, la persona con albinismo non solo è emarginata e discriminata, ma in alcuni casi drammatici assoggettata a pratiche inumane, dovute a superstizione. Per limitare l'ignoranza rispetto a questa condizione e divulgarne, invece, una corretta conoscenza (anche delle stesse conseguenze nella vita sociale delle persone che ne sono interessate), nel novembre 2014 l'ONU ha istituito la Giornata mondiale per l'albinismo.
In Italia la diffusione dell’albinismo riguarda circa 3.900 persone, un caso ogni 17mila abitanti, un dato in linea con i dati di diffusione in Europa. In Africa la percentuale è molto più alta, a causa delle unioni tra consanguinei, e varia da un caso ogni duemila/cinquemila abitanti, a seconda della regione. Tra la popolazione nigeriana le persone con albinismo non sono così rare: l’incidenza è circa di un caso ogni 14 mila abitanti. Infine, tra i Kuna di Panama si raggiungono cifre molto alte, circa uno ogni 100/150 abitanti.
Nel 2008 è nata l’associazione Albinit (www.albinit.org), presieduta da Elisa Tronconi. Si tratta di un’associazione di promozione sociale per le persone con albinismo, che a livello italiano collabora in rete con varie associazioni e organizzazioni no profit, tra le quali anche Ledha. Riunisce un gruppo di volontari coinvolti nelle problematiche dell’albinismo, rivolgendosi direttamente alle persone con albinismo e ai loro familiari, al personale medico-sanitario, personale scolastico, agli operatori sociali e a chiunque volesse, in qualche modo, partecipare alle attività. L’Associazione si propone di promuovere e favorire in Italia e all’estero attività di formazione, informazione e sensibilizzazione rispetto alle caratteristiche, alle problematiche e alle eventuali soluzioni legate a questa condizione genetica. Albinit fa parte di una rete europea di associazioni nazionali (provenienti da Francia, Spagna, Germania, Danimarca, Norvegia, Finlandia e Turchia).
Elisa Tronconi, presidente di Albinit
Elisa, 44 anni, una laurea in ingegneria biomedica a Pavia, dove tuttora vive, un compagno e una figlia di quattro anni, ci racconta una vita vissuta all’insegna delle “normali” sfide.
Di albinismo non si parla molto nel nostro paese perché la diversità di queste persone non produce sensazionalismi e perché, anche con grandi difficoltà, le persone con albinismo riescono a vivere una vita piena, e vedremo come, attraverso la storia di Elisa. L’altra ragione è che l’albinismo non mette a repentaglio la vita e quindi va oltre i confini dell’interesse della medicina tout court.
Elisa, è albina e ricorda che solo 20 fa avrebbe considerato molto complicata la propria vita, mentre oggi riconosce che, malgrado le difficoltà, è possibile affrontare tutte le opportunità che la vita offre a ognuno di noi. Ciò che conta è comprendere che tu non sei l’albinismo, ma prima di tutto una persona, con alcune caratteristiche particolari, e questa presa di coscienza e consapevolezza fanno capire che essere albini è solo una peculiarità.
E’ ovvio che per tutto il periodo della prima infanzia, della vita scolare e dell’adolescenza, si presentano problemi di insicurezza, di scarsa autostima e di difficoltà di rapporti con l’altro sesso, perché se soggettivamente ci si sente diversi e isolati, la società nel suo complesso non è così inclusiva come ci aspetteremmo, anche nei paesi cosiddetti “sviluppati”. E proprio nell’adolescenza, anche per Elisa, si sono presentate alcune situazioni delicate, per esempio nel confronto con le sue coetanee rispetto alle mode, all’abbigliamento, all’aspetto fisico. Anche il fatto di doversi proteggere durante tutto il giorno dai raggi del sole con creme specifiche, non solo per evitare scottature, ma anche per il rischio di ammalarsi di melanomi e tumori alla pelle, e affrontare la fotofobia (impossibilità di stare all’aperto senza disagi dovuti all’abbaglio della luce) possono diventare in alcune situazioni un ostacolo alla socializzazione. Inoltre, il fatto di non potere conseguire la patente, intorno ai 18 anni, può rappresentare un problema rispetto ai propri coetanei, oltre a creare anche successivamente alcune difficoltà nella mobilità per esempio per il lavoro. E proprio a proposito di lavoro, a volte anche trovarne uno può non essere semplice.
Albinismo e mondo della scuola
Poiché le persone con albinismo sono ipovedenti, a scuola si presentano senz’altro alcune difficoltà: la lavagna diventa irraggiungibile e anche i libri di testo rappresentano un ostacolo, e questo richiede l’utilizzo di supporti adeguati che devono essere messi in campo dall’istituzione scolastica senza se e senza ma. E’ evidente che il sostegno a scuola per gli studenti con albinismo diventa un fattore fondamentale ed è un argomento molto delicato. L’aspetto di fondo è che va superata una concezione ormai superata dell’insegnante di sostegno alla classe, previsto solo in caso di deficit cognitivi. Un affiancamento e un aiuto rispetto alle attività pratiche può essere fondamentale per uno studente con albinismo e le soluzioni possono essere anche molto semplici: pensiamo, per esempio, alla preparazione di schede di lavoro e/o fotocopie che andrebbero ingrandite e consegnate in anticipo, così da facilitarne l’accesso. Com’è noto, il concetto di "handicap" si crea nel momento in cui l’ambiente e la società non sono in grado di accogliere e di includere adeguatamente le persone che presentano alcune condizioni di svantaggio. E questo, per esempio, riguarda anche le persone più fragili, come ad esempio disabili e/o anziani.
Anche Elisa ha dovuto ovviamente affrontare questi problemi nel corso dei suoi studi e, come ricorda, quando frequentava l’università a Pavia le era sempre molto difficile trovare un posto adeguato nelle aule. Ma continuando a lavorare sulla propria volontà di riuscita e sul proprio livello di autostima, è riuscita a raggiungere importanti traguardi, sia negli studi (laurea e due master), sia successivamente nel mondo professionale. E per quanto riguarda alcuni suoi interessi personali, Elisa è riuscita a realizzarsi nelle immersioni e nel volontariato nel soccorso in ambulanza.
Elisa, insieme a un gruppo di volontari coinvolti nelle problematiche dell’albinismo, è impegnata dal 2008 in Albinit, (www.albinit.org), associazione di promozione sociale per le persone con albinismo di cui è anche presidente. A livello italiano, Albinit collabora in rete con varie associazioni e organizzazioni no profit, tra le quali anche Ledha, di cui condivide le battaglie contro ogni discriminazione e per il rispetto dei diritti umani.
L’associazione, rivolgendosi direttamente alle persone con albinismo e ai loro familiari, al personale medico-sanitario, personale scolastico, agli operatori sociali e a chiunque volesse, in qualche modo, partecipare alle attività, si propone di promuovere e favorire in Italia e all’estero attività di formazione, informazione e sensibilizzazione rispetto alle caratteristiche, alle problematiche e alle eventuali soluzioni legate a questa condizione genetica. Albinit è impegnata nel nostro paese anche nel tentativo di uniformare a livello nazionale il trattamento che viene riservato alle persone con albinismo, come ad esempio la possibilità di esenzione per le creme solari protettive, il riconoscimento dell’invalidità o altre misure volte al miglioramento complessivo della qualità della loro vita.
Emanuele Regalini, funzionario della pubblica amministrazione
La testimonianza di Emanuele e della sua famiglia. Una vita tutti insieme, all’insegna del bianco e della voglia di riuscire.
Emanuele, 43 anni, laureato in ingegneria e funzionario della pubblica amministrazione, è sposato con Daniela da 11 anni. Daniela ed Emanuele hanno due figli, Alberto di 10 anni e Francesco di 7.
Ed ecco la loro storia.
Giulia, 11 anni e tanti progetti per una vita migliore, senza discriminazioni per il colore della pelle
A 11 anni Giulia ha contribuito a costruire un nuovo progetto di vita per la sua famiglia. Vediamo come, riprendendo la testimonianza di Roberta, la mamma che insieme al papà Stefano, in una lettera del 2010 alla figlia (che allora aveva cinque anni), le avevano spiegato cosa significava “essere albina”. Lettera che le avrebbero fatto leggere dopo qualche anno, dato che a cinque anni non si può spiegare ad una bambina così piccola, quanto può arrivare ad essere ostile la società in cui viviamo.
Come ricorda Roberta, quando è nata Giulia, ai genitori è stato detto “vostra figlia è albina”, un termine che loro conoscevamo molto poco. Giulia era candida come la neve ed il dottore aveva detto al papà che i suoi occhi erano più chiari del chiaro, ed era stata dimessa con una diagnosi di “albinismo oculo-cutaneo”, di cui Roberta e Stefano, in seguito ad una consulenza genetica, hanno poi scoperto di essere portatori sani.
Fino all’estate 2015 Giulia, con i suoi genitori e il fratellino Flavio di sei anni (anche lui albino), abitavano a Roma, dove il livello di discriminazione era stato piuttosto alto, tanto da creare alcuni atteggiamenti poco comprensibili all’interno della scuola al momento di alcune richieste assolutamente “normali”, come ad esempio l’oscuramento di un lucernario per favorire la visione della LIM (lavagna interattiva multimediale), problema che, tra l’altro, per la logistica dell’aula, riguardava tutti i bambini, non solo Giulia. A volte, purtroppo, ancora oggi, la paura della diversità e la non conoscenza – o l’ignoranza in senso più ampio - porta alcuni genitori a rifiutare il dialogo e il confronto, tanto che quotidianamente leggiamo e sentiamo testimonianze molto toccanti da parte di famiglie con bambini e ragazzi più “fragili”.
Ma i genitori di Giulia sono “tosti” e hanno lavorato molto intensamente al benessere e alla qualità della vita dei loro figli, anche se il loro impegno non sempre è stato sufficiente, tanto che alla scuola materna la richiesta di un operatore da affiancare a Giulia era sembrata un problema insormontabile. Infatti, la maestra sosteneva che questa persona era inutile, che la bambina vedeva benissimo, che aveva solo qualche problema di concentrazione e di attenzione. Veramente strano che una maestra di scuola materna non riuscisse ad avere la sensibilità di comprendere che gli occhi di Giulia si muovevano appena ogni 20 millisecondi a causa del nistagmo, oppure che, come certificato da ben due oculisti di ospedali romani, la visione di Giulia era limitata (a un metro quello che gli altri vedono a 10 metri). Questi problemi hanno portato alla scelta di cambiare scuola quasi a metà del 3° anno della scuola dell’infanzia, scelta che Giulia ha accettato con molto coraggio e rassegnazione, ma che ha segnato un percorso felicemente nuovo. La nuova scuola si è rivelata un luogo di socializzazione fantastico, allegro, pieno di colori, di giochi, dove si respirava un clima molto sereno, grazie a un coordinamento eccellente, dove tutte le persone che vi lavorano erano sensibili e gentili, la scuola che tutti i bambini dovrebbero avere.
L’amore per la montagna e il nuovo progetto
In quel periodo la famiglia ha cominciato a frequentare le montagne della Valtellina per le vacanze, un luogo sicuramente più adatto per Giulia e Flavio, in considerazione del fatto che il clima è migliore, l’ambiente più favorevole e le città decisamente più a misura rispetto alla capitale. Ed è in questo periodo che il sogno di Giulia comincia a prendere forma e a trasformarsi in una possibile realtà: lasciare Roma e trasferirsi a vivere a Sondrio. Per la famiglia il 2015 si è rivelato l’anno magico, in cui tutti gli incastri si sono magicamente realizzati. Un nuovo lavoro ,una nuova casa a Sondrio, il trasloco, le nuove scuole, i nuovi amici.
Oggi Giulia ha 11 anni e ha maturato molte consapevolezze, proprio grazie al ruolo importante e attento dei genitori nel combattere l’emarginazione e la discriminazione, sempre in agguato in questa nostra società. E’ perfettamente inserita nella sua classe multiculturale della prima media che ha cominciato a frequentare presso l’Istituto Comprensivo Paesi Orobici “Sassi”, dove dopo un solo mese ha anche avuto in dotazione un tablet, visto che oggi le nuove tecnologie possono essere di notevole aiuto.
Anche la partecipazione alle attività dell’oratorio, coordinate in maniera eccellente da Don Francesco supportato da un team di infaticabili volontari di ogni età, il Grest estivo insieme a 130 nuovi potenziali amici è stata, per Giulia, un veicolo di inserimento immediato e sereno nel nuovo contesto di vita Il fratellino Flavio ha iniziato la prima elementare e anche per lui la scelta del trasferimento da Roma sta portando ottimi risultati. Entrambi i bambini sciano, Giulia ha soppiantato il pianoforte con il clarinetto, che suona con entusiasmo e con il quale si è esibita durante il concerto di Natale a scuola, suonando insieme ai suoi compagni una canzone di Céline Dion.
Certo, per i genitori di bambini albini l’attenzione deve essere sempre molto alta nei passaggi della vita, stimolandoli continuamente a leggere positivamente ciò che la vita offre come opportunità e fornendo un modello sfidante nei confronti delle diverse situazioni.
“Mamma sai, io qui non mi accorgo di essere albina”, è l’affermazione di Giulia per esprimere al meglio la sua serenità ritrovata, e l’altra constatazione, particolarmente significativa, è “Mamma, qui l’albinismo lo conoscono!”.
la rivista nel suo vecchio formato in xhtml)