E’ un grande piacere incontrare una nostra “vecchia” conoscenza. Si dice banalmente che gli anni passano per tutti, si dimentica che la saggezza si acquisisce vivendo!
La nostra prima intervista con Roberto Veronesi è del lontano Settembre del 2005: “Intervista a Roberto Veronesi, Responsabile della comunicazione di Seat Pagine Gialle spa a cura di Barbara Herreros”. Nell’intervista si analizzavano i cambiamenti avvenuti nella comunicazione d’impresa. Si abbandonava la pianificazione rigida, in favore di una comunicazione globale: comunicare sempre ed in ogni direzione. Non si parlava più di comunicazione interna o esterna, ma di comunicazione integrata, intendendo la comunicazione come un processo che attraversava ogni attività aziendale. E Roberto finì dicendo che pensava si dovesse parlare di globalizzazione e pensiero “orizzontale” per creare sinergia, volano e valorizzazione in tutte le forme di comunicazione.
Ci siamo incontrati ancora nel Ottobre del 2008 “Intervista non convenzionale sulle differenze nell’azione manageriale tra staff e gestione: ne parliamo con Roberto Veronesi”. All’epoca Veronesi era Direttore Generale di Prontoseat srl. un’azienda di circa 500 persone e dall’intervista venne fuori la sua intuizione di ascoltare soprattutto chi non la pensava come lui, per dirla con i termini attuali aveva capito che non si può stare nella propria “bolla social” dove tutti la pensano alla stessa maniera, una zona confort che non può portare benefici reale alla gestione aziendale. In più, risalta la sua attenzione al linguaggio per comunicare meglio.
Per questo non è stata una grande sorpresa sapere della pubblicazione del suo libro “Qui non ride mai nessuno” dove descrive perfettamente la tipica vita interna di una azienda molto italiana e, confesso, dove ho riconosciuto più di uno dei suoi personaggi.
Infine, quando abbiamo preparato un numero speciale “La bellezza e il caos” per i primi 150 anni di vita della Associazione della Famiglia Artistica Milanese, grazie a questa frequentazione e stima nel suo confronto le ho chiesto di scrivere un articolo: “Arte e Bellezza: qualche riflessione caotica, assolutamente personale”
Fino a che non lo ritrovo Responsabile della comunicazione e sviluppo risorse umane della Fondazione Links, e autore della raccolta di racconti “Mi piace annusare la lana”, Paola Caramella Editrice, 2025. Capite bene che devo intervistarlo!
Perché questo titolo? Nel primo racconto faccio un passo indietro nel tempo, a quando ero bambino per riflettere come le cose che mi piacevano da piccolino (3-6 anni), che mi facevano stare bene, fanno giri strani e ora che sono “molto” adulto continuano o riprendono a piacermi. Mi piaceva annusare la lana della mia copertina, la “Ecche” una copertina di lana sbrindellata e tutta buchi che tenevo sempre con me e ancora oggi sentirla e annusar la lana mi fa stare bene. Una amica che ha già letto questo racconto mi ha detto che le ha aperto un mondo, di quando era bambina ed era inseparabile da “Bucchi” la sua copertina di lana tutta forata. Tornando alle cose piccole o grandi che mi piacevano, mi piaceva andare allo stadio, mi piacevano le storie, le parole i racconti, mi piacevano i dolci, mi piaceva andare al mercato, ero affascinato dalla televisione ma non guardavo i film dove c’erano sparatorie o violenza. Mi piaceva Babbo Natale e la Befana. Con questi racconti spero di destare emozioni, sensazioni, riaccendere ricordi.
Il pensiero va immediatamente alla copertina di Linus, che ha accompagnato l’infanzia di tanti bambini. Perché un libro di racconti A me, personalmente piacciono moltissimo i racconti (come mi piacevano da bambino). Li ho scritti nel corso del tempo, il primo 20 anni fa. Mi piacciono i racconti che tracciano una storia e dove accadono cose nel breve volgere di alcune pagina, che emozionano e fanno riflettere, dove il ritmo è serrato, ci sono dialoghi, lasciando al lettore uno spazio personale di immaginazione. Inutile riempirli di dettagli che vincolano, che chiudono, preferisco pensare che il lettore entri nella storia e immagini alcune parti del racconto. Come per Bucchi. Ricordo di essere stato stregato da ragazzo dai dialoghi di Fiesta mobile di Hemingway. Guardo con una certa diffidenza e sospetto i volumi che superano le 4-500 pagine. Mi dicono in tanti che in generale ho un approccio “sintetico” alle cose, che tendo ad andare velocemente al nocciolo. Credo che sia vero, ho una allergia fortissima per tutto ciò che è burocrazia, pesantezza, inutili contorsionismi mentali.
Pensare troppo confonde le idee. Compilare un modulo qualsiasi mi fa venire l’orticaria. Privilegio la leggerezza alla Calvino
«leggerezza non è superficialità ma planare sulle cose dall’alto, senza macigni sul cuore»
che cerco di portare nei miei racconti, anche quelli drammatici.
Non so se possiamo rivelarlo pubblicamente, ma proprio per questa tua forma “sintetica” di essere che da anni ti chiamo “pistino”. Un libro di racconti è un atto coraggioso in Italia. Così pensavo e penso ancora ma le persone a cui ho fatto leggere i racconti e poi l’editrice mi hanno incoraggiato a farlo. Una persona a cui ho chiesto di leggere i racconti mi ha scritto
«Ho letto e anche riletto tutti i racconti e ogni volta ho trovato sfumature diverse. Mi sembra che ci siano due sguardi che alterni sulla realtà, uno fanciullo e uno oscuro, quello oscuro mi ricorda i Delitti esemplari di Max Aub[1]».
Tutti raccontati con leggerezza e ironia. I testi dei tuoi racconti hanno una duplice chiave di lettura quella leggera e spensierata, divertente, ironica in alcuni punti esilarante e una molto più profonda e riflessiva a tratti malinconica.
I tuoi racconti sembrano sceneggiature Ti ringrazio. È proprio quello che spero. Un’altra persona che ha letto i racconti mi ha detto, a proposito del più breve, una pagina:
«di “Un gruppo di…” si potrebbe fare un film, anche se è solo una pagina».
Quanto c’è di autobiografico in questi racconti? Quattro sono totalmente autobiografici, il primo come accennato, attraverso il mio venire al mondo un po’ per caso, racconta episodi divertenti della mia infanzia negli anni Sessanta, delle cose che mi piacevano e che oggi ritrovo come punti fermi della mia vita. Gli altri tre raccontano emozioni, situazioni autentiche di vita vissuta che ho avuto l’ambizione di condividere con chi avrà il piacere e il desiderio di conoscerle. Tutti gli altri sono frutto della fantasia e della immaginazione, ma in ognuno di essi c’è un frammento autobiografico: un luogo, una emozione, un pensiero, una speranza, una delusione, una vittoria o una sconfitta. Nelle intenzioni è un libro di emozioni e di ricordi da accendere e allora amori, passioni, buoni o cattivi propositi ne sono elementi portanti, gli snodi che indirizzano i binari della nostra vita con, sullo sfondo, il tempo che passa.
Prime recensioni
«170 pagine che scivolano via leggere. 17 racconti che ti prendono per mano e ti fanno pensare, sorridere e commuovere. “Un giorno al pronto“, “In tutta coscienza“, “Una partita lunga un mese“, “La lista” sono, a mio modo di vedere i capitoli più incisivi. Ma tutti i racconti sono meritevoli di considerazione e di futura rilettura. Storie di uomini e donne. Storie vere e storie frutto della prolifica fantasia dell’autore. Tutte quante contraddistinte dalla sottile ironia che da sempre pervade l’uomo e lo scrittore. Grazie Roberto, già lo sapevo. Guardiamo il mondo esterno dallo stesso finestrino del treno».
«Ho letto i primi due racconti sono bellissimi fanno ridere fanno piangere sono diversi l’uno dall’altro, ma alla base c’è una tenerezza infinita. Mi piacciono sono di una dolcezza speciale. Mi piace anche l’osservazione sul perché non si ascolta. Dovrei farne tesoro ho perso lo stupore e trovato l’insofferenza. lo leggerò un po’ alla volta perché devo elaborare le emozioni che mi scatenano questi racconti. Bravo!»
Un’altra persona che ha letto i racconti mi ha detto a proposito del più breve, una pagina: «… di “Un gruppo di” si potrebbe fare un film, anche se è solo una pagina»
«Schegge di vita condensate nelle pagine fulminee di ogni “avventura” che si susseguono in un volume che, grazie alla felice penna dello scrittore, in grado di dosare saggiamente ironia, profondità e leggerezza, si preannuncia come una nuova piacevole conferma. Un tipo di scrittura unico, riconoscibile, scorrevolissimo, mai affettato. Non vi rimane altre che comprare il libro e leggerlo!!!»
Note
[1] Max Aub Mohrenwitz (Parigi, 2 giugno 1903 – Città del Messico, 23 luglio 1972) è stato uno scrittore, drammaturgo e poeta spagnolo naturalizzato messicano.
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