«Tutti gli animali sono uguali, ma alcuni sono più uguali degli altri».
George Orwell

Vorrei attirare l’attenzione sulle persone che “misconoscono” le motivazioni per la quali gli essere umani lasciano il proprio habitat. Penso che a seguito della enorme quantità di informazioni ricevuta ogni giorno, si distraggano facilmente e non ricordino bene, non capiscano fino in fondo, quanto sia difficile per qualunque essere umano da qualunque etnia e latitudine, abbandonare il proprio “habitat naturale”.    

Le circostanza per la quale si è costretti a lasciare il “proprio habitat” possono essere molteplici e proverò a dare un resoconto di quelle più importanti:

 

Catastrofi naturali

Alluvioni, tempeste, uragani, ondate di calore estreme, siccità, incendi, frane. Katrina, settembre 2005, a New Orleans (Louisiana) nelle regioni confinanti con il Golfo di Messico è un esempio di devastazione che ha lasciato 1.836 morti e si stima che la tempesta abbia causato danni per 81,2 miliardi di dollari, diventando il più grave disastro naturale della storia degli Stati Uniti 1 in termini economici.

Secondo il WWF l’anno 2025 2 è il peggiore degli ultimi venti anni per gli incendi boschivi nell’Unione europea. Milleottocento roghi, con oltre un milione di ettari di territorio andati in fumo: una superficie quattro volte superiore rispetto al 2024 e tre volte la media degli ultimi vent’anni, pari a quella della regione Basilicata.

Disastri ambientali

1984, India, Madhya Pradesh, incidente industriale: una fuga di pesticidi da una fabbrica della Union Carbide 3 , dello stabilimento chimico situato alla periferia di Bhopal, perse oltre 42 tonnellate di isocianato di metile, un composto utilizzato nella produzione di pesticidi. Una nube di gas tossici si propagò nell’area circostante, principalmente quartieri residenziali poveri e densamente popolati. Le stime del governo locale parlarono di 3.787 morti nell’immediato, e di oltre 15.000 nel giro di una settimana. Cifre contestate da molte realtà della società civile, che ritengono più realistica una stima non inferiore alle 25.000 vittime. Nell’insieme, non meno di mezzo milione di persone furono esposte al gas.

1986, Ucraina, Chernobyl, al tentativo di testare una nuova teoria, qualcosa non andò come sarebbe dovuto. Ci fu una reazione nucleare che si incendiò fino ad esplodere diffondendosi ben 400 volte in maniera maggiore rispetto alla quantità di radiazioni della bomba di Hiroshima. Gli Stati più colpiti furono Bielorussia e Ucraina, mentre la nube tossica si spinse addirittura fino in Irlanda. Dopo 36 ore dall’incidente iniziò l’evacuazione della popolazione residente. In 2 ore, circa 350.000 persone furono portate via dalla vicina città di Pripjat’ e dalle campagne adiacenti, in gran segretezza 4 . Dovettero lasciare lì tutto. La maggior parte fu trasferita in città della Siberia, per evitare che raccontassero la loro tragedia. In un’area di 30 chilometri quadrati non rimase più nessuno e fu delimitata da filo spinato e pattugliata dall’esercito. I danni ammontarono a 56 morti e oltre 4.000 casi di cancro nel corso del tempo. Molti bambini contaminati sono stati adottati a distanza da famiglie italiane che li hanno ospitati per soggiorni e vacanze in Italia fino ad oggi. Attualmente, la zona è ancora significativamente contaminata e non è permanentemente abitabile, sebbene i livelli di radiazione siano diminuiti da quando è stato posizionato il Nuovo Confinamento Sicuro. Nonostante la contaminazione residua, la fauna selvatica è prosperata all’interno della Zona di Esclusione, creando un ecosistema unico e ricco di animali.

1976, Italia, Disastro di Seveso5 è il nome con cui si ricorda un grave incidente industriale avvenuto nell’azienda svizzera Icmesa, di proprietà prima della Givaudan e dal 1963 della Hoffmann – La Roche, che causò la fuoriuscita e la dispersione nell’atmosfera di una nube di diossina Tccd, una sostanza artificiale estremamente tossica. Il veleno investì una vasta area di terreni dei comuni limitrofi della bassa Brianza, particolarmente quello di Seveso. Il disastro, che ebbe notevole risonanza pubblica e a livello europeo, portò alla creazione della direttiva 82/501/CEE, nota anche come direttiva Seveso 6 . Si trattò del primo evento nel quale la diossina si era diffusa nell’atmosfera e aveva colpito la popolazione e l’ambiente circostante. Una delle 12 peggiori catastrofi umane ambientali di sempre.

Popolazione migrante per guerra

A fine 2024, secondo l’Unhcr (Alto commissariato delle Nazioni Unite per i rifugiati), 123,2 milioni di persone nel mondo sono state costrette a fuggire dalle proprie case a causa di conflitti e violenze. Questa cifra è composta principalmente da sfollati interni, la parte più numerosa, costituita da persone costrette a lasciare la propria casa, ma rimaste all’interno dei confini del proprio paese e rifugiati, persone che hanno attraverdato un confine internazionale. I paesi più colpiti (nel caso dei rifugiati) sono Siria, Ucraina, Afghanistan, Sudan del Sud e Venezuela, ossia Medio Oriente, Europa, Asia meridionale, Africa orientale e America meridionale, di fatto si tratta di tutti i continenti del mondo lasciando fuori, per il momento, soltanto l’Antartide e l’Oceania. La maggior parte della popolazione rifugiata è ospitata in paesi a basso e medio reddito, che, di fatto, fungono da “shock absorbers” in caso di crisi globali.

E’ necessario ricordare che durante il periodo del nazismo, diversi scienziati e intellettuali furono costretti a emigrare negli Stati Uniti. In particolare, alcuni di loro furono coinvolti nell’Operazione Paperclip 7 , un progetto per portare scienziati e ingegneri tedeschi negli Stati Uniti per sfuggire alle persecuzioni e continuare le proprie ricerche. Nel 1933 Albert Einstein era in visita negli Stati Uniti, quando Adolf Hitler salì al potere. A causa delle sue origini, Einstein non fece più ritorno in Germania, stabilendosi negli Stati Uniti e diventando cittadino statunitense. I suoi lavori insieme a quelli della fisica Lise Meitner fornirono le basi per il futuro programma spaziale americano. Anni più tardi si è scoperto che dopo la conclusione della seconda guerra mondiale 8 sono entrati negli USA circa diecimila criminali di guerra nazisti dall’Europa orientale. Da allora è stato determinato che il numero è molto più piccolo, anche se si tratta ancora di migliaia. La maggior parte dei collaboratori nazisti entrò negli Stati Uniti attraverso i Displaced Persons Acts del 1948 e 1950 e il Refugee Relief Act del 1953.

I sostenitori degli atti hanno mostrato solo una vaga consapevolezza della possibilità che i criminali di guerra nazisti entrassero negli Stati Uniti attraverso di loro. La maggior parte delle preoccupazioni dei sostenitori riguardava il divieto di ingresso di noti comunisti. Questo spostamento dell’attenzione era probabilmente dovuto alle pressioni della guerra fredda 9 negli anni successivi alla seconda guerra mondiale, quando gli Stati Uniti si concentrarono sulla lotta al comunismo sovietico, più che al nazismo. Purtroppo, questo “sentimento” anticomunista in generale, perdura ancora oggi e anche in paesi lontani dalla odierna Federazione Russa.
Appositamente non parlerò del popolo della Palestina perché merita di essere argomentato molto seriamente e il genocidio che Netanyahu e il popolo di Israele sta commettendo in questo momento, purtroppo, è ancora in atto. Da anni, come scrivevo nel 2015

«Giorno dopo giorno, telegiornale dopo telegiornale, ascoltiamo che una quantità di immigrati sono deceduti cercando di arrivare attraverso il mare Mediterraneo alle nostre coste. Ognuno di questi cadaveri sepolti nel Mediterraneo apparteneva in vita a qualcuno; a qualcuno che lo ha partorito, a qualcuno che lo ha conosciuto, amato, avuto a che fare con lui o lei».

L’articolo si chiamava “Assuefazione, alla disumanità!” D’altra parte, bisogna ammetterlo con la tristezza e l’amarezza nel cuore, non sono neanche finite tutte le altre guerre che insistiamo a non vedere.

Lasciare il paese per lavoro o amore

Cercare lavoro significa migliori opportunità. Questo sicuramente è il desiderio, la spinta, che da sempre è alla radice della migrazione, e la terra nella quale si tentava di andare a fare fortuna per eccellenza erano gli Stati Uniti di America. Infatti, la migrazione è un fenomeno storico fondamentale che ha plasmato quel Paese, attirando milioni di persone da tutto il mondo in cerca di opportunità e una vita migliore. Prima e durante il ‘Novecento coloni europei (inglesi, tedeschi e, dopo, italiani, irlandesi ed europei meridionali e orientali). Negli anni ’20 gli americani imposero leggi restrittive sull’immigrazione, a causa di preoccupazioni sociali e politiche che sono stati eliminate nel 1965, aprendo gli Stati Uniti a una maggiore  diversità etnica e  trasformandola in una società multiculturale. Nelle ultime decade, essendo aumentati i flussi di immigrazione clandestina, soprattutto dal Messico, dall’America centrale e dall’Asia, sono cominciati le misure di contenimento, come il muro al confine messicano con politiche migratorie molto restrittive. E non sappiamo come cambieranno con l’attuale presidente, che ironia della sorte, ha origini tedeschi per parte di padre e scozzesi per parte di madre! Testimone perfetto di quei tempi abbiamo “C’era una volta in America” di Sergio Leone, film considerato oggi un capolavoro, riconosciuto come uno dei film più importanti mai realizzato.

Nella famosa Statua della Libertà a New York, uno dei monumenti più iconici al mondo, situata nel porto sul fiume Hudson al centro della baia di Manhattan, sulla rocciosa Liberty Island, che per anni è stata il simbolo di speranza per tanti, c’é una targa collocata nel 1903, promessa di accoglienza verso tutti quelli che arrivano. In questa targa si trova un sonetto, The New Colossus (1883), scritto dalla poetessa statunitense Emma Lazarus:

«Conservate, antiche terre, il vostro fasto leggendario! grida essa [la statua] con le silenti labbra.
Datemi i vostri stanchi, i vostri poveri, le vostre masse infreddolite desiderose di respirare libere, i miseri rifiuti delle vostre coste brulicanti.
Mandatemi loro, i senzatetto, gli scossi dalle tempeste e io solleverò la mia fiaccola accanto alla porta dorata.»

In più, è doveroso tenere in conto un fenomeno al quale non viene ancora data l’importanza che veramente ha acquisito nel tempo, che riguarda i giovani del nostro paese di cui Paolo Iacci 10 ha parlato recentemente con dei numeri alla mano: in Italia cresce il numero di giovani che scelgono di emigrare. Secondo l’Aire, sono 5,8 milioni gli italiani iscritti all’estero, un numero sottostimato, visto che l’iscrizione comporta la perdita dell’accesso alla sanità pubblica. Nel 2003 erano 3 milioni: in vent’anni, l’incremento è stato di 2,8 milioni, pari a una media di 140mila all’anno.

Esposti i principali fatti che possono portare ad una persona a lasciare la sua dimora, il suo habitat, la sua regione, o il suo paese capiamo bene che la maggior parte delle volte questa decisione viene determinata da un fatto traumatico, che può anche implicare la perdita totale dei suoi famigliari e, o, delle persone care, la perdita dei beni personali, dei beni economici, dei suoi ricordi, di quello che ha aiutato a formare e a comporre la sua identità e pertanto è doloroso dover allontanarsi. Lasciare tutto dietro non è mai facile!

«No one leaves home, unless home is the mouth of a shark.»

ci ricorda Warsan Shire in “Home”11 .

“Nessuno lascia la casa,
a meno che la casa non sia la bocca di uno squalo (…)
dovete capire che nessuno mette i suoi figli su una barca
a meno che l’acqua non sia più sicura della terra (…)
a casa ci voglio tornare,
ma casa mia sono le mandibole di uno squalo,
casa mia è la canna di un fucile
e a nessuno verrebbe di lasciare la propria casa
a meno che non sia stata lei a inseguirti fino all’ultima sponda
affretta il passo lasciati i panni dietro
striscia nel deserto
sguazza negli oceani annega salvati fatti fame
chiedi l’elemosina, dimentica la tua dignità
è più importante che tu sopravviva
nessuno se ne va via da casa
finché la casa è una voce soffocante
che gli mormora all’orecchio vattene
scappa lontano adesso
non so più quello che sono
so solo che qualsiasi altro posto è più sicuro di qua.»

La paura, la solitudini, la angoscia che ci fa venire a noi essere umani quello che per noi è sconosciuto, il terrore che si può sentire possiamo solo immaginarlo, e l’immaginazione a volte non basta! Arrivare in un posto che non conosci, dove non capisci una parola di quello che ti dicono, dove tutto è diverso e dove vieni trattato come se fossi un criminale, non aiuta a stare tranquilli! E purtroppo, questo è il trattamento ai quali vengono assoggettati la maggior parte delle persone che sono state obbligate a lasciare tutto dietro, siano queste bambini, donne, uomini, o anziani nei posti del mondo nei quali vanno a finire, siano questi posti scelti con cura, destinazioni obbligate o fortuite.

Note

1. Storia degli Stati Uniti d’America, Wikipedia.
2. Incendi boschivi in Europa, l’anno peggiore degli ultimi 20, WWF Italia.
3. Bhopal, il disastro ambientale: 40 anni dopo è ancora in corso,  Materia Rinnovabile | Renewable Matter.
4. https://it.gariwo.net/magazine/ambiente-e-cambiamenti-climatici/che-cosa-e-successo-a-chernobyl-24772.html
5. Disastro di Seveso, Wikipedia.
6. https://www.ecoricerche.com/servizio-di-consulenza/rischi-industriali-direttiva-seveso
7. Operazione Paperclip, Wikipedia.
8. https://www.storicang.it/a/seconda-guerra-mondiale-nella-sua-interezza-storia-di-conflitto-che-ha-cambiato-il-mondo_17206
9. https://www.treccani.it/enciclopedia/guerra-fredda_(Enciclopedia-dei-ragazzi)/
10. Giovani senza lavoro, lavoro senza giovani, Il Caos Management 163, Ottobre 2025.
11. “Home” è tratto dal libro “Benedici la figlia cresciuta da una voce nella testa”, di Wardan Shire edito da Fandango nel 2023 con la traduzione di Paola Splendore.

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