Incontro con Nora Bateson organizzato da Il Circolo Bateson di Roma nell’Aula Magna del Rettorato dell’Università Roma Tre dalle ore 9.00 alle ore 17.00 il lunedì 2 dicembre 2013.

Io mi abbandono alla convinzione fiduciosa
che il mio conoscere è una piccola parte
di un più ampio conoscere integrato che tiene
unita l’intera biosfera o creazione.
Gregory Bateson

In programma c’era una Conferenza di Nora Bateson con traduzione simultanea di Serena Dinelli, e con la possibilità di fare delle domande alle persone che assistevano in sala. Al primo pomeriggio abbiamo assistito alla proiezione di “An Ecology of Mind” – film-documentario realizzato da Nora Bateson sul pensiero del padre Gregory (sottotitoli in italiano).
A seguire, conversazione con il pubblico – con traduzione in consecutiva Carlo Laurenti e Francesca Profeti.  Il programma chiudeva con una passeggiata per le strade di Garbatella dalle ore 17.30 alle 19.00.

L’eredità intellettuale di Gregory Bateson è enorme, e su di lui si è tanto scritto, parlato, attaccato, difeso, amato, esaltato, odiato, sia in vita sia dopo la sua morte. Mai stato facile classificarlo e possiamo dire senza sbagliare che era un antropologo britannico, un sociologo, un psicologo, un filosofo, quello che oggi chiamiamo “olistico”,  il cui lavoro ha toccato anche molti altri campi (semiotica, linguistica, cibernetica…).

La mia percezione è che la sua complessa eredità, abbia trovato in Nora – la figlia più piccola – il suo canale naturale. E parlo di canale non a caso, ma perché penso che la fluidità dell’acqua sia difficilmente comparabile a nulla altro; ha una sua naturale convergenza, trasparenza, forza, scorrimento e movimento.


Indipendentemente dai suoi pensieri, che ovviamente sono la parte più interessante di Nora Bateson, mi ha colpito la sua trasparenza, disponibilità, sensibilità e purezza di spirito. La mia personale esperienza di vita mi ha portato da un continente ad un altro, avendo avuto la possibilità di incontrare tantissime persone nella mia vita. Col tempo si diventa anche un po’ cinici, senza volerlo, ed è facile guardare con sfiducia chi è di fronte a noi.
Questo incontro in particolare, mi destava tantissima curiosità perché bene o male la fama del padre è molto superiore a quella della figlia, come è naturale che sia.
Avendola di fronte, sentirla parlare con un accento chiaro e fluido, con una lentezza e sicurezza tipica delle persone che riflettono prima di parlare mi ha non solo rassicurata, ma intrigata al punto giusto per ascoltarla veramente. Infatti, scriverò solo delle mie sensazioni, anche perché del materiale vero sull’argomento potete trovarlo tranquillamente sul sito Circolo Bateson  o semplicemente, potete sempre rileggere Bateson…

Dalla Presentazione di Nora Bateson:
Il modo in cui comprendiamo il mondo è in funzione dei filtri percettivi e dei frames (delle cornici) attraverso i quali conosciamo. Questo è vero a tutti i livelli: nelle nostre vite personali, nella ricerca scientifica, in ambito socio – politico, in economia, in ogni campo della cultura e nelle arti.
La nostra interpretazione di qualsiasi contesto dato è fondata sul vocabolario della nostra esperienza, vale a dire che ciascuno di noi ha un proprio frame!  Una prospettiva, questa, enormemente liberatoria, che affranca dai confini di una forzata uniformità. Ognuno ha una propria finestra attraverso cui percepisce il proprio mondo. Che sollievo!
Ma questo ci mette anche di fronte a una sconcertante gamma di opzioni, che riempie la nostra mente di stupore e ci lascia con nulla di solido sulla cui base dichiarare: “questo è reale”. Come possiamo cominciare a diventare più capaci di utilizzare i differenti modi di conoscere?
In un tale ampio spettro di prospettive, la diversità a cui è possibile attingere è una vastissima risorsa. E’ possibile utilizzarla? La natura lo fa.
Se, attraverso gli occhiali usati da Bateson, osserviamo la natura, troveremo che nei sistemi biologici c’è complessità. Ed è proprio nella complessità che l’evoluzione cresce rigogliosa.
In questo seminario rifletteremo su come possiamo allargare la nostra capacità di comprendere le dinamiche dei processi naturali e rispondere alle molte facce della crisi in cui ci troviamo: esplorando ciò che la natura sa e ci comunica a proposito della diversità.  Rifletteremo sull’incertezza, sull’integrazione di livelli multipli di comunicazione, per coltivare un’ecologia vibrante – e sulla grazia

“No one is qualified to talk about uncertainty, may be what I said today tomorrow is wrong…”
Nessuno è qualificato per parlare di incertezza, può darsi che quello che ho detto oggi domani sia sbagliato…

Con molta semplicità, Nora ha parlato di conoscenza della complessità intorno ad un problema, di trovare una voce che abbia credibilità nel parlare dell’elemento della complessità.  Non si può prendere una laurea in incertezza, va al di là dei limiti; non si può offrire certezza su qualcosa che non si sa. Non c’è nessun altro più adatto, è un discorso egualitario, non si possono prendere appunti, ricordare quello che è stato detto…

I concetti sono molteplici e chiaramente complessi, ma chiari e semplici. Potrei dire che il compito non è una conoscenza specifica ma è la capacità di andare da un giorno all’altro andando sotto la nostra consapevolezza.
Non parliamo di una disciplina accademica, stiamo parlando di qualcosa che include tutte queste facoltà perché si parla di tutto quello che facciamo. Molto sta effettivamente al di sotto della nostra conoscenza e dobbiamo sapere che il nostro corpo è ecologico.
Attraversare una stanza significa equilibrio, rilassamento di certi muscoli, attenzione di altri, misurazione, desiderio, volontà, caos, percezione…
Il corpo ecologicamente sa che deve avere una comprensione/relazione di tante informazioni: voce, occhi, emozioni, cultura, ritmo della memoria e fa tutto imparando mentre lo fa, raccogliendo prospettive multiple e lo fa senza la nostra consapevolezza. Il corpo sente la conoscenza e sa che significa apprendimento continuo.

Seguire Nora nei suoi ragionamenti è affascinante e non credo di essere stata preparata abbastanza come per seguirla veramente. Penso sia importantissimo sapere che non capiamo bene le dinamiche di integrità del sistema. 
Si parla di caos ed ordine, di struttura che connette, dei nostri primi passi e ricordare che siamo dentro questi pattern sottolineando che ogni volta che troviamo un modo nuovo di comunicare, perdiamo qualche pensiero e fa male lasciar andare le nostre idee perché perdiamo rigore ed immaginazione  – combinazione della scienza. 

Lei si chiede: how we make sense?  Ed entra nel mondo della informazioni, del fatto realistico che siamo arrivati ad accumulare un livello enorme di informazione, “data” con cui interagire, conoscenza di milioni di anni del come comprendiamo il nostro mondo ma ci sono molte informazioni che sono “dati caldi” che ci interessano per la interrelazione degli stessi, diciamo a proposito delle relazione e non dei numeri. E qui viene una sua considerazione interessante: a solution is an end point. There are no end points in ecology. Ossia, una soluzione è un punto finale. Non esistono i punti finali ecologicamente parlando. E parla del non vedere addirittura di cecità nel non vedere la complessità dei problemi; punti di arrivo, compensazione corrente, zig zag che non finiscono dove pensavamo che sarebbero finiti e continua a parlare di trattare i sintomi e di cecità ad affrontare i problemi che abbiamo.

“Our thinking is the issue not our being” che si potrebbe tradurre in – il nostro pensiero è il problema non è il nostro essere – la cura delle parole è un esercizio sistemico. Parla della riduzione dello spazio e del tempo del pensiero e parla di linguaggio molto preciso.
Con il pensiero ecologico bisogna rischiare, cercare di vedere il sistema integrato e vedere dove il sistema si è spostato, si parla di finalità cosciente e tecnologica, di struttura e/o struttura che connette, di percezione di cambiamenti interni, di leggerezza, di poesia.

I miei appunti sono molto complessi in se stessi e continuano ancora a lungo, ma penso che è inutile descriverli ancora, vorrei solo incuriosirvi abbastanza per andare a leggere gli originali, per cercare di capire cosa significa veramente il ecological thinking. Dalla mia parte lo stimolo maggiore lo ho avuto dalla presenza di Nora e dal suo sguardo. Mi sono avvicinata per chiederle se potevo fotografarla per questo articolo e così la ho guardata direttamente in faccia e confermo che quello che ho visto mi è piaciuto, e già questo mi sembra una magnifica realtà.