La memoria dell’acqua è una frase ora ben presente nella coscienza pubblica tanto che perfino ha fornito il titolo di una rappresentazione teatrale inglese. Il termine fu coniato dal giornale francese Le Monde sulla base di un articolo comparso nel 1988 su Nature e che ha la priorità assoluta nell’avere aperto un dibattito. L’autore guida di tale lavoro è stato Jacques Benveniste direttore di un laboratorio biomedico nell’INSERM (Istituto Nazionale Francese di Salute e Ricerca Medica).

Il gruppo di Benveniste ha descritto esperimenti nei quali anticorpi stimolavano una risposta allergica nei leucociti umani basofili, anche quando le soluzioni di anticorpi erano diluite ben oltre il punto al quale esse contenevano una singola molecola di anticorpo.

L’attività sembrava scomparire e poi riapparire periodicamente durante diluizioni seriali. I risultati sembravano offrire alcune giustificazioni sperimentali per l’uso di rimedi a tali diluizioni in omeopatia, ma essi sfidavano le comprensioni scientifiche  convenzionali, specificatamente la legge di azione di massa che stabilisce che le velocità delle reazioni chimiche siano proporzionali alla concentrazione dei reagenti.

Benveniste e colleghi hanno suggerito che forse l’attività degli anticorpi fosse in qualche misura impressa nella struttura dell’acqua, liquida e così trasferita con ogni soluzione.

L’idea fu considerata da non senso in termini di ciò che era noto circa la struttura dell’acqua, ma ciò che ha prevenuto la discussione del concetto fu che l’acqua liquida ha una struttura complicata su scala molecolare non ancora perfettamente compresa.

Le molecole dell’acqua sono associate per mezzo di un legame chimico debole chiamato legame idrogeno. Sebbene esso si formi e si rompa nella scala di  tempi dell’ordine di un trimilionesimo di secondo.

Nondimeno esso sembra offrire una vaga possibilità che l’acqua possa fermare clusters di molecole con forme e comportamenti definiti.

Gli esperimenti di Benveniste furono investigati da un gruppo di antifrode scientifica guidata dall’Editor di Nature di allora John Maddox che chiese che gli studi fossero ripetuti sotto attenta osservazione. Sebbene Benveniste rimase tranquillo, invocò tuttavia una atmosfera da caccia alle streghe. Certamente ci fu un atto senza precedenti di scrutinio delle esperienze che non è stato subito neanche dalla discussisima fusione fredda.

In ogni caso i risultati non furono mai ripetuti da altri in modo non ambiguo.

Benveniste tuttavia passò dagli esperimenti ad alta diluizione alla dichiarazione che l’attività di biomolecole potrebbe essere registrata digitalmente ed impressa nell’acqua usando onde radio.

Fino alla sua morte nel 2004 Benveniste insistette sul fatto che i suoi risultati avrebbero condotto ad una nuova era della biologia digitale.