Jon S. Baird regista scozzese del film “Stanlio e Ollio” dichiara: per me il film è molto semplice, è la storia di due amici che si vogliono bene, il fatto che siano Stanlio e Ollio viene dopo. Il cuore della storia è l’amicizia, il piacere e la difficoltà di fare le cose assieme. Fare l’autore comico è una cosa che ti assorbe completamente. E’ tristissimo sapere alla fine del film che Stan ha continuato a scrivere sketch per Stanlio e Ollio anche dopo la morte di Oliver. E’ tragico, commovente. Spero di non continuare a scrivere battute quando nessuno le vorrà più” . Estratto dell’articolo pubblicato su Il Venerdì di Repubblica, Numero 1620 del 5 Aprile 2019 di Alberto Piccinini.

L’articolo parla del film “Stanlio e Ollio” (Stan Laurel eOlliver Hardy) con la regia di Jon S. Baird in uscita nei cinema, e appartenendo alla generazione cresciuta con le comiche dei due personaggi immediatamente venne attratta per leggere il come ed il quando. Ma sono rimasta totalmente colpita dalla frase “Stan ha continuato a scrivere sketch per Stanlio e Ollio anche dopo la morte di Oliver”.

In quel fato si concentra una vita. Una vita vissuta insieme, condividendo gioie, esito e decadenza, litigi e festeggiamenti, una amicizia di tutta la vita.

Per quel che sappiamo, e l’articolo lo conferma, l’intellettuale del duo era Stan Laurel, uno che lavorava sempre e tanto, informato politicamente e di forti principi, instancabile quando si trattava di inventare qualche altra gag, o una possibilità diversa per il loro lavoro.

Tutte e due erano sposati, ma la loro amicizia e liason professionale andava al di là di tutto ciò.

 

Della amicizia si è scritto tanto, ci sono dei manuali, delle poesie, dei film, di tutto e di più. Della possibilità della amicizia reale tra una donna ed un uomo, tra due uomini, e tra le donne.

Delle donne possiamo ricordare il mito delle amazzoni della mitologia greca dove i riti religiosi indicavano un’autonomia della donna a rimanere in gravidanza e quindi a generare la vita dando origine al matriarcato. Scientificamente, non accettato da tutti, e fortemente contestato il matriarcato è una forma di governo nella quale il potere politico-economico, nell’ambito di una data comunità, è demandato alla madre più anziana della comunità stessa e, per estensione, alle donne di tale società.

Molte lotte sociali dopo, tantissimi anni in realtà, per arrivare agli anni ’70 quando si è cominciato a parlare di “femminismo” inteso come parità politica, sociale e economica tra i sessi ritenendo che le donne siano state e siano, in varie misure, discriminate rispetto agli uomini e ad essi subordinate.

Questo solo per capire, che l’attitudine delle donne verso l’amicizia è stato certamente modificata e condizionata dalla società nella quale vivevano. Essendo considerata la donna, per molti anni, meno capace degli uomini sia a livello fisico sia a livello intellettuale, da una parte c’era una sottomissione naturale ai maschi di riferimento: padre, fratello, nonno, qualsiasi figura maschile della famiglia era più forte di loro ed alla quale si doveva sottomissione e rispetto.

Una serie di mestieri, uffici, alle donne erano negati senza tante spiegazioni e la storia è piena di esempi di donne che hanno avuto delle vite molto complicate e difficile come la pittrice Italiana di scuola caravaggesca Artemisia Lomi Gentileschi nata a Roma 08/Luglio/1593 e morta a Napoli il 31/Gennaio/1654. Artemisia è stata stuprata dall’amico/collega del padre che in più era il suo maestro, e ha dovuto vivere per forza l’umiliazione di un processo pubblico di piazza dove la sua femminilità e stata sposta e giudicata e anche se ha vinto legalmente ha dovuto scappare da Roma e provare a rifarsi una vita con un matrimonio riparatore offerto-le dal padre ma si è portato sempre dietro la stigma di questo fatto, con la reputazione di una donna di facili costumi, del quale anche se lei non aveva nessuna colpa ha dovuto combattere socialmente e ne ha pagato le conseguenze. Un altro esempio è la vita della scrittrice Livia, Donna Isabella e Bruno Sperani che sono gli pseudonimi utilizzati da Vincenza Pleti Rosic Pare-Spèrac – altrimenti nota come Beatrice o Bice Speraz, nata a Spalato il 24/Luglio/1839 e muore a Milano il 4/Dicembre/1923, la cui vita è raccontata con tutti i particolari nell’articolo “Passione e Letteratura” scritto da Adelio Schieroni e Niccolò D’Agati.

Tornando alla amicizia, a quel legame profondo che si stabilisce tra due persone mano a mano che si conoscono nel tempo, che hanno delle passioni che condividono e/o delle attività nelle quali si ritrovano e giorno per giorno si va consolidando, avendo delle vivenze condivise che cominciano ad essere dei bellissimi ricordi, dei tasselli che vanno formando la tua vita.

Ti ritrovi un giorno dopo tantissimi anni, o magari dopo pochissimo tempo, perché gli affetti non hanno né un perché, né una scadenza, né un limiti: gli affetti quando sono veri si danno e basta!

Certo, dopo si coltivano, si curano, si amano e si proteggono anche da noi stessi, ma crescono certe volte per ragioni sconosciute, certe volte per una affinità temporale, certe volte perché la angoscia o la felicità sono troppe per tenerla solo per se e si ha bisogno di condividerla con qualcuno. Di fatto, nella vita, una delle cose importanti sono gli amici, gli amici veri, gli amici di sempre, quelli di ieri oggi e domani!

In special modo mi ricordo di momenti con le mie amiche, nelle quali abbiamo potuto ridere come delle pazze per una sciocchezza che se spiegato ad altri non fa ridere nessuno, e le amiche sono questo: sono quelle con le quali ridi a mandibola battente, piangi a singhiozzi forti e senza vergogna quando sei triste e indefessa, le chiami per raccontargli una stupidaggine ma le cerchi quando hai qualcosa di così importanti che non lo dici nemmeno a te stessa. Le chiami nel cuore della notte, all’alba di una giornata triste o allegra che sia, e sentirai sempre un benvenuto nella voce, mai una recriminazioni, perché sappiamo che se ti ho cercato è perché ne ho bisogno, come tu lo hai altre volte di me.

Le amiche sono quelle per le quali sei capaci di sacrificare tutti, mariti, figli, nipoti, gatti, cani, tutti! E più passa il tempo e più sono preziose, più gli senti vicini anche se si vive dall’altra parte del mondo. L’amicizia si vive, si da, si condivide, si gode… non si spiega, non si chiede. E’ un atto d’amore verso un’altro. E’ complicità ed accettazione dell’altro profonda e vera.

 

Dedicato a tutte le mie “amigas del alma”