Sta avvenendo per la diversità biologica quanto già avvenuto per i cambiamenti climatici:malgrado l’evidenza  da parte di alcuni si ritiene che non ci siano dati scientifici a dimostrare che essa è minacciata.

Oggi questi dubbi non possono che cadere dinnanzi al Rapporto della Piattaforma intergovernativa  scientifico-politica sulla biodiversità e gli ecosistemi, l’organizzazione delle Nazioni Unite che ha presentato così la sintesi  globale dello stato della natura, degli ecosistemi e dei contributi della natura al genere umano.

Si tratta di quasi 2000 pagine  scritte al termine di 3 anni di lavoro  di 400 esperti provenienti da oltre 50 Paesi. Sono un milione le specie animali e vegetali che rischiano di sparire  in pochi decenni e, se la natura è in pericolo, lo siamo anche noi: pochi infatti considerano che ¾ delle nostre colture alimentari essenziali alla nostra nutrizione, richiedono l’impollinazione degli insetti e l’abuso di pesticidi minaccia questi impollinatori. Vertebrati, farfalle, api, insetti, scoiattoli, pipistrelli, ricci, sono alcune delle specie più esposte e più in pericolo di non sopravvivere.

L’Italia in particolare potrebbe perdere magnifici predatori, come l’aquila ed il gipeto. Purtroppo ancora una volta è l’uomo a creare questa situazione: ha alterato il 75% delle terre emerse, e la vita del 60% degli oceani.

Sono nate a causa delle attività antropiche 400 zone morte nel mondo, una superficie paragonabile a quella dell’Italia e destinata ad aumentare.

Il tempo per intervenire si riduce progressivamente  tanto che la National Geographic Society è giunta alla proposta – l’unica possibile a questo punto per lei –al fine di innescare un’inversione delle attuali tendenze: tutelare metà del pianeta entro il 2050 con un target intermedio a 30% al 2030.

I riflessi di questa nuova auspicata politica saranno non solo ambientali – generalmente incentrati su una limitazione a 2°C dell’aumento della temperatura rispetto al periodo preindustriale, ma anche economici, entrando in un’ottica – come ha affermato il direttore scientifico di WWF Italia Gianfranco Bolognas – che non considera più la natura come un blocco allo sviluppo del territorio.