In questi ultimi tempi ci sono diversi tipi di manifestazioni intorno ad Adriano Olivetti, non ultimo la fiction per RAI1 trasmessa il 28 e 29 ottobre. Così, in molti stanno riscoprendo o meglio ancora, stanno cominciando a capire veramente che cosa ha significato il mondo che Adriano Olivetti creò intorno alla sua fabbrica.

Mi sono sentita chiamata in causa, perché sono convinta che le cose belle bisogna sempre diffonderle il più possibile e ancora di più di questi tempi. Ci stiamo convertendo in un paese di disfattisti, dunque, sempre più importante far conoscere la creatività, l’innovatività, il successo a livello sociale che significò per una generazione e per il mondo l’Olivetti. E a questo punto, mi sono messa a scrivere per testimoniare quello che è stato ed è ancora la mia conoscenza personale della Olivetti.

Negli anni ’50/’75 la Olivetti era conosciuta in tutto il mondo come “la macchina da scrivere”. E fu nel ’75 che ho conosciuto il “mio” Olivetti, l’Ing. Giuseppe Monti.

In Ecuador, era il Gerente General (Direttore Generale) della Olivetti a Quito. Me lo hanno descritto come un mecenate dell’arte e bastava entrare negli uffici per incontrare un ambiente che poteva essere solo Italiano con uno stile che in una città come la Quito di quegli anni non si vedeva facilmente. La sede si trovava in una villetta a due piani circondata dal verde senza cancelli e nel muro bianco c’era in rilievo il logo della Olivetti. Ti stupiva per la bellezza e semplicità!

Pochi anni prima, esattamente nel 1965, il neo laureato in aeronautica ing. Monti, viene chiamato a lavorare con la Ing. C. Olivetti & C. S.p.A. lasciando Napoli per trasferirsi a Ivrea.

Durante un anno ha dovuto lavorare in fabbrica con una pesantissima valigetta per tenere tutti gli attrezzi di meccanico ed imparare a memoria come armare e disarmare una macchina da scrivere. E la prima lezione dello spirito e della forma di fare della Olivetti. Sembra niente, ma posso raccontarvi di una gran quantità di neo laureati ricevuti nel nostro ufficio di consulenza con la laurea sotto braccio, che sentendosi padroni del mondo arricciavano il naso quando gli veniva chiesto di inviare un fax o di fare una telefonata considerandolo compiti non alla altezza della loro qualifica.

Da lì, è stato mandato a Palermo dove per due anni e mezzo ha gestito la filiale palermitana. Essendo così giovane veniva chiamato “l’ingenieruzzo”, guadagnandosi il rispetto di tutti quanti il giorno in cui un meccanico si presentò dopo sei ore di riparazione della macchina di un cliente; Monti chiese come mai ci avesse messo così tanto, quale era il danno ed una volta che il meccanico – pensando che lui non ne capisse nulla – spiego il danno, Monti si fecce accompagnare alla prima macchina disponibile, la apri, e gli mostrò il danno e come si poteva riparare in meno di 10 minuti.

La sua carriera in Olivetti lo ha portato a Londra dove dopo 6 mesi di inglese intensivo, ha capito finalmente cosa le dicesse l’ex ufficiale inglese dopo i saluti: if I may say so, sir!

Di seguito ci sono stati New York, Lusaka, Iran, Panama, e tanti altri, sempre con la visione del mondo Olivetti in tasca.

Quello che ho sempre visto è un entusiasmo incredibile, la facilità di coinvolgere tutti quanti al progetto in questione, dal primo all’ultimo senza nessun tipo di gerarchia che non fosse quello di saper fare il lavoro e farlo bene, sempre aggiornandosi, sempre alla ricerca della innovatività e della qualità e soprattutto senza mai arrendersi alle prime difficoltà.

In ufficio, quando c’era un nuovo arrivato, sentivo dire: un altro/a che cadrà folgorato sulla via di Damasco! Perché il suo entusiasmo è stato sempre trainante, contagioso e ci ha permesso di percorrere il mondo con gli occhi sempre aperti, disponibile, senza la paura dell’altro, anzi cercando l’altro per la collaborazione, per come si dice oggi, lo sharing.

L’ho visto poco tempo fa parlare ad una sessione di crowfunding, dove la platea era al di sotto dei 30 anni e ho sentito l’applauso da lui guadagnato dopo le prime due battute, ed è tornato da Madrid pochi giorni fa ricevendo delle email dei partecipanti a questo Global Summit della IMC, che le dicevano che era stato “ispirational”.

Questo è per me la rappresentazione concreta migliore che ho dello spirito di Adriano Olivetti e del suo operare.

 

 

 

 

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