Romanzo

di Leo Sorge

 

 

Il racconto di Carnedoca

Questa è una storia vera, o meglio verosimile. Le due cose sono vere contemporaneamente: di Johannes Gutenberg, in quell’area geografica e in quel periodo, ce n’erano parecchi. Sul nostro specifico protagonista, infatti, esiste appena una trentina di documenti che ne parlano e che sono attribuibili, verosimilmente, a questo personaggio. Su quelli e su fonti indirette è basata tutta la storiografia ufficiale.
Ovviamente trenta documenti, per lo più brandelli, non bastano per raccontare la vita di un uomo. Ecco perché è necessario ampliare il vero con il verosimile, ma falso, della narrazione romanzesca.
A proposito di falso, il nome di nascita del nostro non era quello noto, bensì Henne Gensfleisch, Giovanni Carnedoca. Henne era molto più usato di Johannes, sempre per dire Giovanni; egli inoltre preferì non chiamarsi con il cognome di famiglia.
La storia ci dice che il Carnedoca sviluppò per primo la stampa a caratteri mobili, sottintendendo che lo fece per regalare al mondo una tecnologia unificante e potentissima. Ahimè, è tutto falso. La stampa a caratteri mobili aveva già dato prova di sé qualche centinaio d’anni prima, per di più con i caratteri cinesi, i cui grafismi rendono più complessa la stampa ad impatto. Forse Gutenberg lo sapeva; molto probabilmente lo sapeva Nicolò Cusano, personaggio forte di una delle correnti ecclesiastiche dell’epoca e amico del Carnedoca.
Anche della nobiltà d’animo è lecito discutere, visto che lo sviluppo della tecnologia in gioco costava probabilmente l’equivalente di qualche milione di euro odierni -denari che Carnedoca non possedeva-, somme tali da escludere che il progetto fosse destinato a diventare, come si dice oggi, open source per la comunità online. La cosa più probabile è che il nostro amico volesse spacciare per manoscritti (costosi anche quanto un piccolo appartamento in centro) i suoi manufatti industrializzati, assai meno impegnativi da realizzare.
La storia classica ci dice che il Carnedoca finì per usare la sua tecnologia di stampa in un’edizione della Bibbia tirata in poco più di 200 esemplari, dei quali il 15% in velino (pergamena sottile) e gli altri in carta. E’ vero almeno questo? Secondo gli storici sì, mentre il tecnologo Bruno Fabbiani, italiano di Torino, afferma il contrario. Dice Fabbiani, con prove e ricostruzioni difficilmente oppugnabili alla luce della ragione, che la Bibbia a 42 righe non fu stampata con caratteri mobili bensì con metallografie, matrici in metallo che stampavano una pagina intera. Probabilmente il Carnedoca sviluppò interamente la sua invenzione, ma non la usò mai per opere complesse.
Certo il periodo nel quale Carnedoca vive è molto, molto interessante. Prelude a tutto: la fine del Medioevo, il ritorno in Europa di copie dei testi greci, il Rinascimento, il concetto moderno di Europa, la scoperta dell’America e sì, la stampa a caratteri mobili come industria.
Ho voluto fare di Gutenberg l’uomo nuovo, il testimone inconsapevole del cambiamento del tempo, l’uomo che cercando di emendarsi da un peccato di nascita sfida il mondo che lo condannava ad una vita mediocre e ne fonda uno nuovo, sconfiggendo le improvvisate conoscenze dell’epoca e affrontando i miti che trattenevano umano l’ingegno da una esplorazione scientifica del mondo. Nel romanzo i miti sono rappresentati da versioni ante litteram di Dracula, Faust e il Golem.
Sicuramente la base della sua abilità scientifica fu nella fusione dei metalli, un’arte che in inglese viene affidata al fonditore, il founder.

Gutenberg Founder
Nel frattempo, noi tutti stiamo vivendo un periodo storico ben caratterizzato da una rivoluzione scientifica, tecnologica e finanziaria. Nell’immaginare i miei viaggi di Gutenberg ho provato a leggerli in chiave moderna, affidandomi a tre parole d’oggi: founder, coder, maker.
Oggi nuovi modi di fare imprese, le cosiddette start-up, trovano nuovi modi di finanziare le proprie idee, quelle che spesso ci vien detto siano nate in un garage. Orbene, anche chi avvia una start-up si chiama founder, fondatore. In italiano c’è una vocale di differenza, in inglese no. Il Carnedoca, quindi, fu due volte founder. E le sue aziende avevano tutto quello che si chiede ad una moderna start-up: un’intricata rete di finanziatori -spesso coperti dal segreto-, alcuni dei quali trovati in città distanti; un team di soci a capitale proprio, contrattualizzati con stringenti impegni scritti e sempre con Nda, non disclosure agreements, con i quali s’impegnavano a non rivelare i segreti neanche a moglie e figli; delle stringenti prove di competenza di soci e collaboratori, alle volte messi alla prova in una prima start-up nella quale formare competenze specifiche.

Gutenberg Coder
Se dovessi definire il mondo attuale con una sola parola, senza dubbio direi “software”. Lo sviluppo della programmazione di dispositivi digitali che sta modificando il mondo è certamente l’aspetto principale del mondo d’oggi, e le sue possibilità sono ancora ben lontane dai massimi risultati. Chi scrive codice software viene definito, tra l’altro, coder. Come può il Carnedoca essere catalogato come sviluppatore di codice cinquecento anni prima che esistessero gli elaboratori elettronici? E’ semplice: il software è la codifica della soluzione di un problema. La soluzione, ovvero l’algoritmo, è indipendente dall’esecutore, che sia esso una qualsiasi combinazione di forme di vita a base carbonio (la vita sulla Terra), a base ferro (le macchine) o a base silicio (gli elaboratori elettronici). Nell’algoritmo è codificato un sapere che pochi hanno compreso appieno, ma che tutti o quasi possono eseguire. Ogni software contiene quindi l’equivalente di un libro.
Orbene il Carnedoca si trovò davanti tecnologie da semplificare nel numero di passi, nei tempi e nei costi; alchimie finanziarie necessarie a raggranellare gli investimenti minimi; un frasario da usare per parlare in pubblico, anche in tribunale, di una tecnologia che doveva rimanere segreta. E le affrontò sviluppando algoritmi innovativi e codici più o meno innovativi.

Gutenberg Maker
La più recente ondata d’innovazione è quella dei maker, gli artigiani digitali. L’industria ha creato un mondo basato sulla produzione di massa, tutta in uno stesso luogo con straordinarie capacità di organizzazione e distribuzione dei prodotti, e formidabili creatori di bisogni prima inesistenti (ma forse anche poi).
Rispetto a quell’approccio, nel tempo alcune tecnologie come l’elaboratore elettronico (1947), il laser (1960) e la prototipazione rapida (anni ’80) si sono fuse tra loro, diventando disponibili in strumentazioni di costo e dimensioni sempre più piccole. Un esteso insieme di questi dispositivi compongono il fabrication lab, in breve fab lab, il luogo dove i maker s’incontrano e producono innovazione. In quanto luogo nel quale sono disponibili esperti, macchinari ed elettroniche per fare oggetti dal pupazzetto al drone, ciascun fab lab può essere considerato una biblioteca moderna, ovvero il luogo dov’è disponibile il sapere.
All’epoca di Gutenberg quasi tutti erano maker, ovvero artigiani. Quindi anche il Carnedoca -si noti il diverso uso che faccio dei due cognomi- lo fu: l’uso del bismuto nella fusione del ferro, l’umidificatore per mantenere la carta morbida, il congegno di trasformazione del torchio da uva in una macchina per la stampa piana e le innovazioni negli inchiostri grassi. Il suo laboratorio era pieno di nuovi ritrovati di ogni sorta, dalla chimica alla meccanica, e dei relativi prototipi (più rapidi della media dell’epoca). Un vero e proprio fab lab, come scoprirà la sua fidanzata, Ennelin.

Gutenberg Killer
Nel Quattrocento anche il rapporto tra vita e morte era profondamente diverso da quello odierno. Durante la sua vita il Carnedoca si trovò davanti a numerose morti. In particolare, alcune di queste gli sono utilissime per portare avanti i suoi piani: se ne vanno al momento il socio Claus e la suocera Ellewiebel.
Quanto c’è di casuale, e quanto di voluto, in queste morti? Il romanzo non svela il ruolo del Carnedoca, lasciando al lettore la scelta preferita.
Giovanni Carnedoca, vero uomo nuovo che sfata miti e disorganizzazioni, fornendo lo strumento che creerà l’Europa. C’è da scriverci un romanzo… magari con un finale magico e un “finalicchio” chiaramente non storico.

PS/1 Il mio lavoro rispetta la parte storicamente certa o presunta. Tuttavia mi sono preso alcune libertà che non alterino la successione degli eventi importanti. In particolare, la storia reale inizia nel 1428, un anno che ho spostato nel 1439 per ridurre il periodo d’analisi a 16 anni (1439-1455) più finale (1462) e “finalino” (1464). Per il finalino e le forzature d’ogni genere che contiene, chiedo venia a chiunque se ne senta infastidito.

PS/2 Questo romanzo non ha ringraziamenti. Ne sono troppe le versioni, in varia forma e lingua, perché io possa esprimere meriti e demeriti delle decine di persone che hanno dato un contributo. Ringrazio anonimamente i buoni, deplorando nel mio animo i cattivi.

GUTENBERG: FOUNDER, CODER, MAKER

Indice

Prologo
01 Guerra civile
02 La follia di Adolfo
03 Le macchie di Gutenberg
04 La rivelazione del Bafometto
05 Urinare sulla Croce
06 Liberare il Diavolo
07 Fuga dalla prigione
08 La cancellata di Strasburgo
09 Elle ed Enne
10 La follia dei sogni
11 Il castello di Tomar
12 Il segreto dell’Oceano
13 Apparenza ed essenza
14 Alchimia florentina
15 Fondere e calcinare
16 Catapulta dell’anima
17 Antipapi avignonesi
18 Ragù al sangue
19 Waldfogel, l’orafo
20 Turbamenti
21 Mercati e mercature
22 Possesso
23 Sangue di luna
24 Segreto strasburghese
25 Ritorno dall’oltretomba
26 Fagioli per i demoni
27 Il doppio
28 Nessun umano
29 L’universo del Golem
30 Verso est
31 Il castello di Prešporok
32 Animi nobili
33 Intervento divino
34 Das Werck der Bucher
35 Oltre il dovuto
36 Ars artificialiter scribendi
37 Una Bibbia per il Papa
38 La sentenza
39 La resa dei conti
40 Proposta finale
41 La luce del tempo
42 La luce del focolare