Gli uomini d’affari sono orgogliosi della loro capacità e abilità,
Ma nel Tao ancora hanno molto da imparare. Sono orgogliosi delle loro imprese,
Ma non sanno che cosa accade al corpo. Perché non imparare dal Maestro della Verità Misteriosa,
Che vedeva il mondo intero in una piccola bottiglia di giada?
La cui anima luminosa era libera dal Cielo e della Terra,
Perché cavalcando il cambiamento entrava nella Libertà.
                                                CHENG TZU-ANG (656-698 661-702 D. DE C.)*

Nel mondo della globalizzazione le culture si sono mischiate sempre di più, e se 30 anni fa si raccontava con molto stupore ed un po’ di nascosto – come leggende metropolitane – di uomini d’affari che nel loro tempo libero lavoravano a maglia perché era stato scoperto che aiutava a distogliere la tensione e lo stress, oggi non è tanto strano vedere in qualsiasi parco delle metropoli delle persone di ambo sesso che fanno tranquillamente Tai Chi.

Viene attribuita a Giovanale la frase Mens sana in corpore sano, il cui significato per il poeta era mostrare la vanità dei valori e dei beni, tali come ricchezza, fama e onore che gli uomini cercano con ogni mezzo di ottenere. Solo il sapiente vero si rende conto che tutto ciò è effimero e, talvolta, anche dannoso. Si dovrebbe aspirare alla sanità dell’anima e la salute del corpo.

 

Questo in generale. 

 

Per svolgere qualsiasi compito bisognerebbe prepararsi, addestrarsi, studiare, praticare, osservare, guardare gli altri con umiltà e serietà, con impegno, per poter a nostra volta esercitare quella specifica attività. Possiamo parlare di attività lavorativa e/o ludica, nella quale per riuscire al meglio, dovremo impegnare la nostra mente e il nostro corpo.
Purtroppo, viviamo in una società nella quale  molte persone arrivano a posizioni di potere decisionale non per i loro meriti ma per le loro conoscenze sociali, provocando così una catena di azioni sbagliate con delle conseguenze certe volte anche pericolose.

 

 

Le persone dovrebbero ricordarsi che non sono loro la cosa importante, ma quello che stanno facendo, il loro operato. Per umile che un compito sia, anche senza grandi contenuti intellettuali o difficoltà, bisognerebbe cercare di svolgerlo al meglio. Prima di tutto per noi stessi, perché avere la consapevolezza di far bene dà una soddisfazione interna prima di tutto a chi la fa, e dopo perché la maggior parte delle volte nella vita reale, quello che una persona fa ha un referente primario ed uno secondario. Quello che nella  Qualità Totale si classifica come il rapporto cliente – fornitore.

 

Tutti siamo clienti di qualcuno e fornitori di qualcun altro. Se non abbiamo questa consapevolezza che le nostre azioni ed il nostro operato incide nella realizzazione di un prodotto o di un servizio, è difficile che svolgiamo il nostro lavoro al meglio.
E per fare questo dobbiamo usare il nostro intelletto ed il nostro corpo.

Ho citato due poeti, uno proveniente dalla Cina del 650 circa e l’altro è Decimo Giugno Giovenale un poeta e retore laziale di circa il 100 d.C. I quali con culture e visioni diverse, ci incitano a tenere in conto i fondamentali per gli essere umani. Non siamo solo dei corpi che devono essere abbelliti, vestiti e portati in giro per dimostrare a quale gruppo sociale apparteniamo, ma dovremmo ricordarci più spesso che abbiamo una mente ed un corpo che sono ugualmente importanti.  Inutile occuparsi solo di uno o dell’altro, l’ideale è trovare un bilanciamento perfetto per stare bene e sviluppare al meglio le nostre capacità intellettuali. E soprattutto insegnare ai più piccoli l’importanza del farlo.

Logicamente, ça va sans dire, più grande la responsabilità, più grande dovrebbe essere il nostro impegno e disponibilità verso le persone con le quali collaboriamo, lavoriamo insieme, portiamo avanti un progetto insieme. Solo così possiamo avere dei veri team leader, che un giorno del domani potrebbero avere tra le mani decisioni importanti. Altrimenti abbiamo solo dei piccolissimi soldatini che pensano di avere sulla giacca i galloni di generale!

 

* Cheng Tzu-Ang: Proveniente da una famiglia di Szechuan, a diciassette anni si ha dato al gioco e al bere, per poi dedicarsi allo studio è ottenere il grado di Chin-Shih, all’età di ventotto anni. Lo stile della sua poesia è eleganti e i suoi pensieri nobili. È stato considerato il miglior poeta del periodo Tang, fino all’arrivo di Li Po. Ha lavorato come consulente personale dell’imperatrice Wu, ma alla morte del padre, il magistrato locale lo mandò in prigione con l’intenzione di cogliere la fortuna che aveva ereditato. Morì in carcere all’età di quarantadue anni.