Quando iniziai a lavorare, il mio primo mentore mi disse: “qui le cose si devono fare presto e bene”. Quel “presto e bene” fu per molti anni il faro del mio impegno aziendale e compresi a distanza di tempo quanto fosse importante. Dopo alcuni anni, ormai manager, un’altro mio mentore mi disse “il perfezionismo è la strada migliore per non fare nulla”. Anche in questo caso tale affermazione fu per me faro dello sviluppo manageriale che però cercai di coniugare con il primo motto che continuai a ritenere sempre valido.

Ecco in questi semplici ed elementari concetti credo stia tutta la ragione ed anche la difficoltà della nostra crisi politica ed istituzionale. Non voglio entrare nel merito politico delle ragioni  che hanno portato alla proposta di modifica della nostra costituzione e neanche a sostenere o perorare le cause del SI e del NO al recente referendum ma, ad esito avvenuto,  fare alcune considerazioni.

Si è affermato che il nostro sistema di governance  è un po’ obsoleto e vada dunque aggiornato alle necessità di una vita che esprime nella velocità del cambiamento uno dei suoi driver.  E questa è sicuramente una valida, seppur generica motivazione. Seguendo questo schema di pensiero si è giunti alla conclusione che il superamento del bicameralismo perfetto fosse la soluzione all’impasse legislativo che spesso regna nel parlamento italiano e si è proposta una modifica in tal senso.  Ma qui dobbiamo entrare nel merito tecnico, non politico della questione, quasi sempre sacrificato nel dibattito che si è sviluppato nei mesi scorsi che è stato invece, per l’appunto, tutto politico con ovvia strumentalizzazione da entrambi gli schieramenti.

 

La proposta di modifica costituzionale in sintesi e brevemente prevedeva a proposito del superamento del bicameralismo perfetto la possibilità che a legiferare e a dare la fiducia al governo fosse la sola camera dei deputati e, per quanto riguarda il senato,  prevedeva non la soppressione ma la sostituzione dei senatori ad oggi eletti dal popolo con la nomina a senatori di 100 persone scelte tra i consiglieri regionali ed i sindaci, oltre quelli nominati dal Presidente della Repubblica. A questa proposta di modifica costituzionale si deve necessariamente aggiungere la riforma della legge elettorale, il cosiddetto Italicum (fino ad oggi ancora legge, ora da riscrivere o correggere a seguito delle indicazioni della Corte Costituzionale) che prevede che il partito che prende più voti ha un premio che gli garantisce la maggioranza dei seggi in parlamento. Con tale maggioranza il partito che vince le elezioni ha la possibilità di: far approvare tutte le leggi che ritiene opportune, eleggere il Capo dello Stato, eleggere parte dei giudici Costituzionali.

Ora senza entrare in dettagli, in dibattiti politici o in polemica con i vari schieramenti e prendendo spunto dalle indicazioni che mi fornirono i miei mentori la prima considerazione che mi viene in mente è che la riforma costituzionale proposta sia nata male per almeno tre ragioni:

  1. La prima è che è nata sulla spinta di una forte pressione  politica e non da una esigenza richiesta a gran voce dal popolo.
  2. La seconda è che proprio per far fronte a questa pressione se ne è occupato il governo che è un organo esecutivo e non il parlamento che sarebbe deputato invece a legiferare.
  3. La terza è che dopo alcune prime condivisioni è stata di fatto sviluppata e proposta nella versione presentata poi al referendum da una parte dei rappresentanti del popolo italiano contro un’altra parte che si è dissociata prima e fortemente contrapposta dopo.

Ciò ha fatto prendere all’intera vicenda una piega diversa da quella che avrebbe dovuto avere.

 

C’è stata una forte accelerazione e politicizzazione che ha portato ai risultati che tutti conosciamo. I vari schieramenti politici si sono poi affrettati ad intestarsi vittorie e sconfitte politiche dimenticandosi che forse uno dei motivi per i quali la proposta è stata rifiutata dal popolo italiano è stato che la stessa era semplicemente fatta male.  In altri termini il popolo sovrano ha giudicato la proposta non coerente  alle proprie aspettative di equilibrio dei poteri istituzionali, democrazia, rappresentatività ed anche forse non rappresentare in questo momento una priorità.

“PRESTO E BENE” diceva il mio mentore. C’è una congiunzione tra le due parole non una alternativa.

Alcuni potrebbero obiettare che la politica è l’arte del compromesso e che la proposta concepita era la migliore possibile. Ebbene probabilmente anche in questa affermazione c’è del vero ed in generale in politica è così, ma qui stiamo parlando della Carta Costituzionale che regola la vita  di un intero popolo e non di una compravendita di caccia militari o di aiuti alla cooperazione. Le regole del gioco valgono per tutti i cittadini e ne beneficiano innumerevoli governi di varie colorazioni politiche. Non possono e non devono essere appannaggio di qualcuno ma di tutti. Quanto al mio secondo mentore “il perfezionismo è la strada migliore per non fare nulla” dico che è vero ma tra la perfezione che non ci appartiene come esseri umani ed una cosa fatta male, ci sono le cose non perfette ma fatte bene. Perché quando si parla di politica è così difficile fare le cose fatte bene in Italia? Come cittadino ed anche come elettore mi aspetto e pretendo che i miei rappresentanti facciano le cose “fatte presto e bene” così come lo pretendeva l’azienda nella quale ho iniziato a lavorare da giovane e così come chiedono mediamente tutte le organizzazioni serie ai loro collaboratori.

Seconda considerazione: giornalisti e politici non lasciano passare giorno senza tacciare di “populismo” alcuni movimenti politici. Ma cos’è il populismo? E perché oggi se ne parla con appellativi negativi? E chi parla di populismo con accenti negativi?

E’ un fenomeno diffuso nel mondo occidentale, quindi non solo italiano. Abbiamo assistito alla Brexit ed alla elezione di Donald Trump negli USA ed entrambi i fenomeni sono stati appellati come espressioni di populismi. Nel 2017 avremo elezioni in Olanda, Francia, Germania, forse in Italia e vedremo come andrà. Ma su questo punto  vorrei approfondire.

Intanto per dovere di cronaca chiariamo che ad appellare i personaggi o i movimenti suddetti sono stati in GB e negli USA i rappresentanti dell’Establishment, ed in tutto il mondo occidentale sono sempre i rappresentanti dell’establishment – intendendo come tale i rappresentanti del potere al momento in carica – ad appellare e, a volte tacciare con dispregio,  coloro che non facendo parte del potere in carica (caste o meno) minacciano di fatto tale potere e vengono per l’appunto tacciati di populismo intendendo con ciò  uomini e movimenti a dir poco ritenuti “irresponsabili”.

Ebbene negli USA e in GB i popoli sovrani di questi due paesi hanno eletto 2 irresponsabili alla guida dei loro Paesi. Può darsi che ciò corrisponda al vero come no, sarà solo la storia a dimostrare se saranno stati irresponsabili o meno. Ma una cosa la possiamo affermare fin d’ora.  E cioè che se salgono al potere persone o movimenti democraticamente eletti ritenuti dall’establishment “irresponsabili” questo avviene solo ed unicamente perché i rappresentanti dell’establishment non sono più in grado di interpretare i bisogni delle comunità che rappresentano. E’ un meccanismo elementare, ovvio laddove avvenga con metodi democratici ed  inoppugnabile. Quindi perché “populisti” ? Perché riescono ad interpretare correttamente i bisogni del popolo che una classe dirigente affermata e costituita non riesce più a rappresentare ed interpretare?

Terza considerazione: democrazia e violenza. Questi movimenti “populisti” nati un po’ in quasi tutti i Paesi occidentali  sono, nella stragrande maggioranza dei casi movimenti “non violenti” e questa è una novità ed un bene, nel breve periodo, per la tenuta della democrazia. La storia purtroppo ci insegna che dove non è arrivata “l’intelligenza” di chi governava, spesso è arrivata la violenza. Ecco penso che il cosiddetto establishment dovrebbe fare tesoro e ripassare la storia in tempo utile per fornire alle fasce di popolazione che oggi si sentono rappresentate da questi movimenti  risposte serie, concrete e veloci ai loro bisogni onde evitare il nascere di forme di rappresentanza violente.

Infine agli scettici, ai rappresentanti dell’establishment, agli increduli ma non agli ignoranti dico:

QUESTA E’ LA DEMOCRAZIA BELLEZZA!!!