Antonio Policicchio: Ricercatori sulle particelle elementari  

Nell’ultimo numero di Caos Management ci siamo lasciati con una delle belle e positive storie di italiani che per scelta, negli ultimi 10 anni, hanno accettato la sfida di lavorare e di vivere all’estero, lontani da casa, dalle famiglie d’origine, ma che hanno saputo cogliere al meglio ciò che da quelle esperienze è venuto, dimostrando che quando si tratta di inseguire un sogno, un progetto per costruire il proprio futuro, la determinazione e la consapevolezza delle proprie possibilità fanno  la differenza.
 
Come abbiamo scritto, qualcuno è ancora all’estero, qualcuno è tornato in Italia, e quella che presentiamo in questo numero è la storia di Antonio Policicchio, 39 anni, ricercatore in fisica delle particelle elementari che ha operato presso il CERN di Ginevra, momentaneamente rientrato in Italia.

 

Una selezione che segna un inizio

Come ricorda Antonio, tutto è iniziato quando nel 2002 gli fu proposto, come giovane laureando in fisica delle particelle elementari, di partecipare alla selezione per Summer Student al CERN di Ginevra. Antonio risultò vincitore di quella selezione e con enorme sorpresa ed emozione affrontò la possibilità di trascorrere tutta l’estate di quell’anno al CERN: dalla provincia calabrese al più grande e multiculturale laboratorio di fisica del mondo. Il sogno di tutti i ricercatori.

Ricorda Antonio: “Partecipai ai test dei rivelatori di particelle che poi avremmo usato per costruire l’esperimento ATLAS al Large Hadron Collider (LHC, in italiano Grande Collisore di Adroni,  un acceleratore di particelle situato presso il CERN di Ginevra di cui abbiamo sentito parlare molto anche di recente, ndr).  Quel lavoro sarebbe poi diventato l’argomento di tesi di laurea, conseguita nel 2003 all’università della Calabria, e la base per i primi studi durante il dottorato di ricerca, svolto sempre presso l’università della Calabria con borsa finanziata dall’Istituto Nazionale di Fisica Nucleare e conseguito nel mese di dicembre 2006.”

Erano gli anni in cui ci si preparava per le analisi dei dati di LHC che sarebbero stati collezionati da ATLAS dal 2010 in poi e che avrebbero portato, tra le innumerevoli interessanti misure, alla scoperta del bosone di Higgs. In particolare, Antonio si è occupato dello sviluppo di alcuni algoritmi per selezione di eventi prodotti nelle collisioni del LHC interessanti per la ricerca di nuovi fenomeni capaci di dare una risposta le domande ancora aperte nella moderna fisica delle particelle elementari. Questo lavoro è continuato con gli anni, come research associate alla University of Washingthon, ma nel 2008 è avvenuto il trasferimento a tempo pieno fuori dall’Italia, a Ginevra.

Lasciare il paese d’origine, la famiglia, l’Italia per un sogno e una prospettiva di lavoro

Per la formazione di un ricercatore è necessario maturare esperienze internazionali, mettersi in gioco per verificare la qualità delle conoscenze acquisite, confrontandosi con sistemi di formazione completamente diversi dal nostro, per approfondire le proprie conoscenze e competenze in un ambiente stimolante e multiculturale.

In un ambiente internazionale come il CERN, la crescita professionale, ma anche (e forse soprattutto) culturale è esponenziale: tutte le barriere che spesso diventato d’impaccio in Italia sono abbattute. E le difficoltà dovute al trasferimento (cercare casa, burocrazia, cambio di abitudini, ecc.) passano in secondo piano. La famiglia è sempre presente, ed è stato proprio il legame con la famiglia a fare rientrare in Italia Antonio, nel 2012, dopo tre anni e mezzo, per seguire da vicino alcuni problemi non affatto felici.

Il ritorno in Italia per necessità

Sostiene Antonio: “Se non fosse stato per i problemi familiari sarei ancora all’estero. Lo scontro con la realtà italiana del mondo della ricerca e, soprattutto, con il sistema di reclutamento nell’accademia e negli enti di ricerca è stato duro.” E lo è tuttora, tanto che è maturata ancora un volta in lui la consapevolezza che tornare di nuovo all’estero potrebbe essere la strada giusta da seguire. E questa volta sarebbe un trasferimento definitivo insieme a sua moglie, che come lui ha intrapreso la strada della ricerca.

Antonio sta valutando varie possibilità e ci sono paesi europei che lo attirano particolarmente, come la Germania, l’Olanda, e la stessa Inghilterra, paesi in cui il lavoro è valorizzato. il merito vince, lo stato sociale è un dato di fatto.

Scambio e non fuga di cervelli, questo il valore aggiunto degli italiani qualificati all’estero

Come conferma Antonio, il valore degli italiani all’estero è davvero universalmente riconosciuto. La sua esperienza riguarda il mondo della ricerca ed è su questo che si esprime con consapevolezza, affermando che le competenze acquisite dallo studente italiano durante la formazione accademica sono tante e reggono il confronto con altri sistemi di formazione.
 
Per alcune discipline questo è frutto soprattutto di una tradizione acquisita nel corso di decenni e che non possiamo rischiare di perdere, come invece si sta rischiando di fare a causa di scelte politiche miopi. L’Italia regala ad altri paesi persone già formate, sulle quali lo stato ha investito. Ma è un investimento a perdere, nel senso che non si raccolgono i frutti di questo investimento milionario: i ricercatori italiani nei paesi in cui il loro lavoro è invece valorizzato e sostenuto sono sempre in cima alle graduatorie di qualità e merito, che li vedono vincitori di finanziamenti importanti.

“Non sarebbe meglio fare le stesse cose in Italia?”, si chiede Antonio. Ma il problema non è tanto che un ricercatore svolga la propria attività in altri paesi; come ricorda Antonio la mobilità internazionale del ricercatore è necessaria. Il problema è che l’emorragia verso l’estero non è compensata dall’attrazione verso il nostro paese di ricercatori esteri. E tutti dovrebbero domandarsi il perché.

Per questa possibilità di “scambio di cervelli” e non di “fuga”, di cui si continua a parlare, Antonio Policicchio sarebbe comunque prontissimo a ripartire. “Sono felice delle esperienze fatte, di aver avuto fino ad ora la possibilità di visitare paesi diversi, di aver la stima di persone sparse per il mondo. E sono sicuro che sarei di felice ancora se dovessi trasferirmi nuovamente all’estero.”