Perché chi non la pensa come me è così stupido o così cattivo da non vedere la realtà che a me pare tanto chiara e indiscutibile?

Perché questa verità appare ancor più eclatante negli scambi di opinioni che avvengono sui social network?

Come spesso succede, quando abbiamo qualche problema di comunicazione, possiamo ricorrere al buon vecchio Watzlawick, che ci ricorda come non esista “la realtà”, ma “tante realtà quante ce ne possiamo inventare”, e ci avverte che i problemi di incomprensione nascono quando ci riferiamo alla realtà come se parlassimo della stessa cosa, mentre parliamo di due visioni diverse di qualcosa che nessuno di noi sa bene che cosa sia, e che Kant liquidava con il fascinoso nome di “noumeno”, che in greco significa “cosa che si potrebbe conoscere”, ma che di fatto è al di là delle nostre conoscenze, delle nostre categorie di spazio e tempo.

La saggezza cinese del Tao ha creato il simbolo dello jin e yang, le due forze contrapposte che muovono il mondo. Il bianco diventa nero assottigliandosi, ma anche nella parte più grossa contiene un puntino nero. Ambedue le forme si completano nella figura perfetta del cerchio. E’ impossibile dire se il cerchio è bianco o nero, o se sia più importante e più virtuoso il bianco o il nero. E il taoista aggiunge che lo jin e lo yang sono i due lati in ombra e al sole della stessa montagna.

E proprio andando in montagna io ho sperimentato la “realtà delle realtà”. A seconda di come ci si va, la montagna cambia forma, funzione, spirito. Se vado in macchina in un ristorante di alta quota per gustare polenta e capriolo ho una visione della montagna come panorama di contorno al pranzo e alla gita. Se vado per fare una passeggiata a fondo valle le montagne ne sono i fondali scenografici. Se osservo la montagna per scegliere la prossima via di arrampicata, vedrò cenge, diedri, fessure, placche, canaloni. Se arrampico, vedo la difficoltà del passaggio. La montagna ha un aspetto se vista da lontano, cambia man mano che ci si avvicina. Le vette più alte sono nascoste da quelle più basse; man mano che si sale, quella che sembrava la cima, una volta raggiunta è solo l’anticima che nascondeva la cima vera.

Ma ci sono ancora tanti altri modi di vedere una montagna, che rispondono ad interessi diversi e che spesso vanno in conflitto con il mio punto di vista. I fan delle grandi opere la vedono come un ostacolo da bucare per farci passare un treno, gli speculatori turistici la vedono come un grande parco giochi per sciatori e accompagnatori, e così via. Se gli interessi sono contrapposti (io voglio un ambiente incontaminato, silenzi, spazi, lui vuole alberghi, funivie, strade e parcheggi) fatalmente l’uno sembrerà all’altro stupido o cattivo.

Tutto questo è sempre accaduto. Fino a ieri però si parlava con qualche amico o conoscente, o nel proprio gruppo. Oggi invece comunichiamo con i social dove scambiamo opinioni con le nostre cerchie, ma fatalmente ci incontriamo con amici di amici che arrivano sulle pagine che consultiamo, e portano idee e punti di vista del tutto diversi. Se un evento qualsiasi (il barcone degli immigrati, il ponte che crolla) viene raccontato e commentato in modi divergenti, addirittura opposti, è fatale che diamo per buona una versione, scartando tutte le altre. Prima di Internet, se il giornale o la tv dicevano qualcosa e il nostro conoscente diceva l’opposto, eravamo portati a dare credito alla voce ufficiale e autorevole, non a quella del nostro interlocutore. Oggi invece le versioni così diverse dello stesso fatto, e i commenti così antagonisti, ma pubblicati nella stessa pagina con la stessa rilevanza, ci portano a diffidare di tutto e di tutti, e a non riconoscere autorevolezza e credibilità neanche alle voci istituzionali, anche perché spesso istituzioni, grandi testate, famosi opinionisti, ci hanno ingannato con depistaggi, disinformazione, manipolazioni varie.

Quindi siamo portati a dare credito a qualche amico, a qualche collega, a qualche contatto di cui ci fidiamo, ad una associazione, ad un movimento, ad un partito politico o ad una fazione, e alle voci e i media più benevoli al riguardo. La ripetizione di un modo di vedere lo rafforza e lo conferma; un leghista è convinto che ad ogni immigrato vengano dati 35 € al giorno, e a nulla vale spiegargli che all’immigrato ne arrivano solo 3 o 4, tutto il resto va a chi li gestisce: continuerà a dire che gli immigrati prendono 35 €.

Nei social accadono altre cose. Si può condividere un post che in tal modo si diffonde come un virus, si considerano come attuali articoli e post di qualche anno fa, si commenta il titolo di un articolo anche se il testo dice l’opposto. I clic di amore e odio, le condivisioni, i commenti, sono pressoché istantanei, ed è raro che siano meditati, che si legga tutto l’articolo, che si vada a vedere se ci sono opinioni diverse in proposito. Basta reagire a caldo, confermando l’accordo o la contrarietà.

Gli inviti al ragionamento, a considerare altri punti di vista o altri aspetti del problema, cadono nel vuoto o vengono rifiutati con veemenza, con rabbia, con commiserazione. E allora si finisce col parlare solo di ciò che non suscita conflitti, o solo con chi la pensa come noi, perché gli altri, come si sa, sono stupidi o cattivi.