PARTIRE O RESTARE? LA GRANDE SFIDA DI “RE-INVENTARSI” PROFESSIONALMENTE IN SARDEGNA

Nel corso delle mie scoperte – non unicamente turistiche – in Sardegna, e in particolare in Costa Verde, la zona forse più selvaggia e “appartata” di questa splendida regione, ho avuto il piacere di conoscere e di frequentare tante persone diverse, e ho cercato di entrare in una relazione più profonda con loro. Questo approccio mi ha portato, dunque, alla voglia di conoscere alcuni aspetti della vita di tutti i giorni degli abitanti di quella zona e anche delle loro fatiche. Quella di Daniela Melis è una delle storie.

Sardegna: una terra ricca di storia e di cultura

La Sardegna, regione nota per i suoi 2000 km. di meravigliose coste, è la seconda più grande isola del Mar Mediterraneo dopo la Sicilia, ed è dal 1948 una regione autonoma a statuto speciale. Una realtà ricca di storia antica e di tradizioni ancora oggi mantenute attivamente vive, ma che risente non poco di uno sviluppo economico piuttosto limitato.
E’ una regione che, sotto il profilo demografico viene studiata per la longevità di molti suoi abitanti, ma da alcuni dati di Eures (il portale europeo della mobilità professionale) emergono alcune differenze nelle diverse aree geografiche: risultano come “più giovani” le province di Olbia-Tempio Pausania, Ogliastra e Nuoro, seguite da Sassari e Cagliari, mentre i territori dove si registra la maggiore presenza di anziani sono quelli di Oristano e Carbonia-Iglesias.

Per dare un’idea del tessuto produttivo della Sardegna faccio riferimento a quanto riportato da SardegnaImpresa.it (aggiornato al 16 luglio 2018), che definisce (cito testualmente) la Sardegna come “terra di economia reale, semplice e cooperativa. Forte delle sue strutturate vocazioni produttive del turismo, agroindustria, artigianato e nei servizi avanzati, non ha trascurato di coltivare i processi dell’industria tradizionale.” I livelli settoriali chiave sono il terziario (dal commercio, al turismo, alla logistica); l’industria in senso stretto (settore estrattivo, manifattura, produzione di energia, ecc.); le costruzioni; l’agricoltura. Ma non bisogna dimenticare che un punto d’orgoglio dei processi d’evoluzione del sistema sardo è anche il terziario avanzato, perché in Sardegna la community ICT (nuovi media) e ricerca & sviluppo (processi d’innovazione, biotech e genetica), il grande profilo delle consulenze e delle attività professionali, copre l’interna gamma delle attività di supporto alle imprese esistenti o che si vogliono insediare nell’isola.

Per quanto riguarda l’artigianato tradizionale sardo, questo è un insieme di arti popolari estremamente vario, sviluppato in campi molto diversi, ricco di gusto e originalità. Alcune di queste forme artistiche sono di origine antica ed hanno subito l’influenza delle diverse culture che hanno segnato la storia dell’isola e per una maggior tutela delle lavorazioni artigianali, tramite la legge regionale n. 14 del 1984, è stato istituito un marchio di origine e qualità dei prodotti dell’artigianato tipico sardo, rappresentato dalla tessitura, dalla lavorazione dei gioielli, dalla lavorazione del legno, la coltelleria e, infine, le lavorazioni al tornio e la cottura al forno. Centri famosi per la lavorazione della ceramica sono Oristano (dove è nata la Scuola d’Arte Decorativa per iniziativa dello scultore F. Ciusa) e Assemini, in provincia di Cagliari.

L’artigianato come opportunità micro-imprenditortiale: Cotti d’Arbus

Ma è ad Arbus che abbiamo fatto l’incontro di cui raccontiamo in questo articolo. Arbus è un comune del Medio Campidano, provincia del Sud Sardegna, di poco più di seimila abitanti, con tradizioni agro-pastorali e dell’industria mineraria, senz’altro più conosciuto per le località balneari della Costa Verde. In particolare, una notevole meta turistica nel periodo primaverile ed estivo è la spiaggia di Piscinas, che comprende uno dei sistemi di dune più grandi d’Europa. Del territorio di Arbus fa parte anche la frazione di Ingurtosu, le cui miniere dismesse sono parte del parco geominerario storico ed ambientale della Sardegna.

Daniela Melis è l’imprenditrice artigiana, titolare di “Cotti d’Arbus”, alla quale abbiamo chiesto di raccontarsi e di raccontarci la grande sfida rappresentata dal fatto di restare (a differenza di tanti arburesi che hanno deciso di emigrare) e di avviare un’attività artigianale.

Tutto nasce da una concezione del lavoro in proprio, che Daniela ha assimilato come tradizione familiare: la madre gestiva una macelleria e lei fin da giovanissima ha contribuito all’attività, cosa che le ha instillato la visione della possibilità di “inventarsi” un percorso professionale proprio, facendo leva sulle passioni, sulle capacità e sui talenti. Nel corso degli anni Daniela, che si è sposata a 18 anni e ha tre figli, ha comunque contribuito all’economia della famiglia svolgendo vari lavori, ma è stata l’emissione di bandi regionali per corsi professionalizzanti, all’incirca 20 anni fa, che ha rappresentato la grande svolta della sua vita lavorativa.
 

Quando volere è potere

E’ stato grazie alla partecipazione al corso dedicato al trattamento di elementi architettonici in cotto (decori, fregi, cornici, capitelli e tegole) finalizzato alle ristrutturazioni di Montevecchio (villaggio minerario dei comuni di Guspini e Arbus, confinante con Arbus) che Daniela ha appreso questo mestiere e tutte le tecniche per poter creare dalla materia viva come l’argilla. Per lei, che non ha mai frequentato una scuola d’arte o corsi di disegno, la sfida è stata “epocale”, anche perché da subito si è lanciata nell’attività micro-imprenditortiale, aprendo il suo primo laboratorio.

L’anno di svolta, però, è stato il 2002, quando in virtù di un bando in regime “de minimis” per contributi a fondo perduto emesso dalla Regione e dal Comune, Daniela ha ottenuto un finanziamento per poter aprire un laboratorio, vero e proprio, (il laboratorio è migrato nel tempo in sedi sempre più grandi man mano che l’attività cresceva) per stabilirsi  nel  2014 presso l’incubatore d’impresa nella zona artigianale di Arbus dove ancora oggi opera.

La produzione firmata Cotti d’Arbus (complementi d’arredo, bomboniere anche personalizzate su proposta del cliente, oggetti del folklore sardo, targhe e trofei per premiazioni o ricordo, vasellame, vasi, bambole sarde, ecc.), tiene conto della tradizione locale e territoriale, ma grazie agli studi da autodidatta svolti da Daniela, ogni pezzo che esce dal laboratorio è un pezzo unico, la cui personalizzazione è, appunto, il risultato della sua creatività, della sua bravura e dell’esperienza acquisita nei quasi 20 anni di lavoro.

Ma ovviamente non mancano alcune difficoltà, come segnala Daniela: “La grande sfida di questo tipo di produzioni è quella di trovare canali di vendita e di commercializzazione più ampi e che facciano uscire Cotti d’Arbus dalla dimensione locale e stagionale, fornendo una continuità all’attività – ma anche agli introiti – nel corso dell’anno, poiché operare in una zona un po’ più ‘appartata’ della Sardegna, rende a volte difficile anche solo reperire i materiali o farsi conoscere in maniera adeguata.


Guardare al futuro

Alla domanda quali sono i progetti di sviluppo e per il futuro, Daniela risponde che ci sono un paio di cose a cui terrebbe moltissimo: la prima è quella di poter avere un laboratorio con negozio annesso in una zona centrale di Arbus, con maggiore visibilità sia come “vetrina” per la vendita, sia per poter attrarre persone giovani che potrebbero essere interessate ad apprendere quest’arte.

Ricorda Daniela, “In questi anni ho avuto contatti con alcune scuole d’arte, ho avuto anche stagisti molto bravi, ma questi ragazzi non hanno ritenuto di potersi indirizzare verso un’attività artigianale in proprio, che ovviamente presenta alcuni aspetti di incertezza”. In questi anni Daniela ha tenuto alcuni corsi nelle scuole primarie – IV e V elementari – suscitando grande curiosità e interesse nei più piccoli, così come nell’Università della Terza Età, dove ha trovato piena accoglienza da pate dei senior.
 
Ma Daniela non demorde, e incita i più giovani, dall’alto della sua esperienza e con l’entusiasmo che ancora la caratterizza, a misurarsi sempre e comunque anche con le difficoltà, per trasformare ciò che può sembrare in una certa fase della vita un problema in un’opportunità per il futuro di emancipazione e di affrancamento.