La mia contrarietà alla sperimentazione animale è storica, ma mai sostenuta solo per principio preso. Per questo sono attento a quanto attorno ad essa succede. La proroga alla moratoria sulla legge 2014 sulla sperimentazione animale scadrà a giugno, a meno che non venga, come già avvenuto, prorogata. Peraltro questa ipotesi è sostenuta dall’osservazione che l’Italia è l’unico Paese che ha modificato in senso restrittivo quanto suggerito dalla Commissione Europea elaborando divieti aggiuntivi all’uso di questa sperimentazione nella ricerca sugli xenotrapianti e sulle sostanze di abuso. Questo atteggiamento è costato all’Italia un richiamo e sanzioni pecuniarie.

L’ultima proroga di moratoria – di fatto l’unico provvedimento adottato dai Governi che si sono succeduti dal 2014 ad oggi – è del 2021 con il decreto legge milleproroghe che ha prorogato di 1 anno l’applicazione delle 2 restrizioni suddette. Questa moratoria contrasta con il fatto che sia il Ministero della Salute sia il Comitato per la biosicurezza, le biotecnologie e le scienze della vita della Presidenza del Consiglio si sono espressi contro questi divieti ed abbiano chiesto una congrua dilatazione nel tempo della moratoria ed un adeguamento alle regole europee, rispettando i principi etici stabiliti dai codici internazionali come elementi di valori di una società basata sulla conoscenza. 

La ricerca nel frattempo cerca di rispettare le raccomandazioni UE della Direttiva 3R sulla sperimentazione animale: ridurre, sostituire, rimodulare.
In particolare per rispondere alle problematiche etiche si tenta di spostare la sperimentazione verso specie meno senzienti cioè a più basso sviluppo cognitivo, in particolare invertebrati.
L’Unione Zoologi Italiani insieme a Research4Life, il consorzio nato nel 2015 per dare voce sul tema della sperimentazione animale ai ricercatori biomedici, in un webinar ad hoc hanno in questa direzione illustrato l’utilizzo in ricerca di vermi, moscerini, zanzare, mitili e sanguisughe che potrebbe tornare utile non solo rispetto alla raccomandazione 3R, ma anche in genetica ed in medicina delle malattie rare.
Nel webinar peraltro si è parlato di una ricaduta della nuova linea sulla riduzione del ricorso a vertebrati in sperimentazione animale quotandola almeno del 10%.

Questo approccio è una risposta diretta alla legge 63 del 2010 che prevede la sostituzione parziale o totale della sperimentazione animale in tutti i casi nei quali si può ricorrere ad alternative.
Gli zoologi osservano che il principio è sano, ma deve essere applicato razionalmente: infatti non tutti gli invertebrati sono utilizzabili e soprattutto non tutti sono meno senzienti, portando l’esempio dei cefalopodi, a partire dai polpi, specie tutelate.


Se si guarda alla bibliografia scientifica si trova così che i polpi hanno un numero di cellule di 6 volte superiore a quello dei topi e 350 milioni di neuroni nei loro tentacoli che rappresentano il loro sistema nervoso periferico.
Negli USA per merito dell’Animals Act è stata regolata la sperimentazione animale rispetto al dolore o stress che può indurre nell’animale concludendo che i vertebrati da questo punto di vista devono essere considerati da proteggere e che il polipo è l’unico invertebrato a meritare di entrare in questa fascia protetta.

Come si vede la problematica è in continua evoluzione alla ricerca di un equilibrio non facile da conseguire fra diritti degli animali e sperimentazione per il progresso biomedico.
Mi permetto di ricordare ancora una volta da chimico che quando fu pubblicata la direttiva 3R, le linee guida raccomandavano alla chimica di mettere a punto metodi alternativi che consentissero di rispettare la Direttiva 3R, ma al tempo stesso di mettere a disposizione della Scienza strumenti preziosi per l’avanzamento della ricerca biomedica, ambientale e alimentare.