Numero 55 Registrazione al tribunale di Roma N° 3/2004 del 14/01/2004

RELAZIONE CRITICA sul film TAXI DRIVER e sull'interpretazione di - ROBERT DE NIRO

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di Laura Lambiase Profeta


Il film di cui vorrei parlare è americano, è del 1976 ed è interpretato da Robert De Niro. Si tratta ovviamente di "Taxi driver" di Martin Scorsese. Ricordare la data è molto importante in quanto può essere considerato un film simbolo dell'America degli anni '70. Solo oggi, infatti, questo stesso clima lo respiriamo anche in Italia. E' un tipico film di quegli anni perché l'autore, Martin Scorsese,insieme con Brian De Palma, Michael Cimino e Francis Ford Coppola, ha fondato un po' il cinema underground americano della fine degli anni '60. Sono loro, gli italiani quindi, il nuovo cinema targato 1970. Anche il modo di recitare di De Niro porta quella data. Nel decennio precedente e ancora prima, negli anni '50, gli attori usciti dall'"Actor Studio", Marlon Brando, James Dean, Montgomery Clift, avevano una recitazione più interiore, con sguardi, gesti misurati ma molto drammatici. Ogni scena, movimenti e parole, era vissuta fino in fondo, pensata e digerita. Gli attori della generazione successiva, Robert De Niro, Dustin Hoffman e Al Pacino, che è stato allora anche direttore dell'Actor Studio, vivono le loro sensazioni ed emozioni in maniera più esteriore. Sono più "italiani" o "ebrei" nei gesti, ossia meno contenuti. Rappresentano, forse, la contaminazione degli stranieri nella cultura e nell'arte americane. Così tra il verismo di "Fronte del Porto" e l'iperrealismo di "Taxi driver" ci sono non solo 20 anni di distanza, ma anche un cambiamento sociale ed etnico enorme. La grande città di Kazan (Fronte del Porto) è totalmente diversa da quella di Scorsese.

yyCosì arriviamo al punto: perché la scelta del personaggio di Taxi Driver? Perché è un personaggio attuale per un ragazzo italiano di oggi, e soprattutto per un napoletano. E' un uomo che vive in una metropoli di notte. E' un personaggio in cui potersi identificare in qualche modo per l'enorme rabbia che scatena in lui il mondo orribile che lo circonda. Un mondo pieno di cose terribili al quale c'è il rischio di abituarsi, persino. Infine è un personaggio complesso, che esprime un mutamento evidente nel corso del film, anzi il film è la storia di questo cambiamento, e deve farlo attraverso pochi gesti ed espressioni. Sarebbe stato facile per De Niro, e il regista ovviamente, darne una interpretazione del tutto drammatica. Un viso sempre sofferto, i ricordi della guerra, il senso di solitudine, l'insonnia e gli incubi. Vediamo che nella prima parte la recitazione è più compassata, poco sorridente, pensosa più che sofferta. Un uomo che vive in un mondo che, dopo il Vietnam, gli è estraneo. Quasi non sa che la notte è piena di brutte cose. Non sa neanche che non è corretto portare una ragazza, con cui si esce per la prima volta, a vedere un film pornografico. E' un uomo che è vissuto altrove. Nella seconda parte del film, nel momento della metamorfosi, resta il senso della solitudine al quale si aggiunge, però, un tono ironico, ancora più distaccato, che è il segno della follia. Le cose gli appartengono ancora meno di prima, eccetto la solitudine. Nelle recensioni dell'epoca un noto critico si stupiva del finale ironico che gli pareva sbagliato. Invece a me sembra che il film abbia un evidente taglio ironico, dissacratorio. E' la rappresentazione di un mondo irreale nella sua truce realtà. Noi possiamo capire meglio ciò che intendeva dire l'autore, e quindi l'attore, ora che abbiamo visto la guerra del Golfo alla televisione. Sembrava la rappresentazione falsa di una guerra, un gioco elettronico con rumoretti ed esplosioni. La metropoli, i politici, le prostitute, i magnaccia, gli impiegati piccolo borghesi e i tassisti che raccontano cose strane ed idiote, tutto questo è visto con occhi lontani. L'assurdo è la realtà e viceversa. Come non capire l'ironia della scena delle "prove per l'uccisione del candidato". De Niro che, davanti allo specchio, mima l'incontro, dice varie frasi ed estrae l'arma più volte. E' una scena piena di drammatica ironia. Così come la scena dell'ammazzamento dei cattivi. Sangue, sangue che schizza, che sporca tutto. Il vendicatore che spara come se stesse solo giocando. Continua a scaricare tutte le sue armi addosso a chiunque incontri. Poi continua col coltello, sempre con la stessa espressione compassata. Fino al momento in cui vuole uccidersi a sua volta e le pistole son tutte scariche e mima la sua esecuzione puntandosi un dito alla tempia e dicendo" Pang, pang". A questo punto il finale, ritenuto sbagliato dalla critica di quegli anni, diventa l'unico possibile. Sarcastico e sprezzante. L'assassino De Niro diventa un eroe e la ragazza piccolo borghese che lo aveva respinto prima ora lo cerca e gli rivela la sua ammirazione. Lui continua a fare il tassista. Tutto torna come prima come è giusto in una società come la nostra. Nulla cambia. Il gesto viene immediatamente vanificato da quello successivo. E' una vita che esiste solo in quanto la si rappresenta come in un teatro. Altrimenti non c'è. Se il film voleva essere drammatico l'interpretazione che ne fa De Niro è assolutamente sbagliata, con tutti quei sorrisetti strafottenti, ammiccamenti e gesti inconsulti. Se invece, come credo, il film voleva essere cattivo e sarcastico ha raggiunto forma perfetta proprio per l'interpretazione che ne fa De Niro. E' attraverso il suo personaggio, come lui lo disegna, che si può comprendere il senso del film. E' come dire che, ancora una volta in questo caso, è l'attore con il suo talento a fare il film, a dargli forma compiuta e a facilitarne la comprensione.

 

 

Osare.
Avere il coraggio di andare contro corrente, di andare oltre, di valicare confini, di non fermarsi alla superficie. non esiste una cultura alta ed una meno alta. esiste solo la noia. un gesto creativo senza vita, asfittico, pavido, furbo, conveniente e merda.
laura Lambiase Profeta ha scritto di musica per “laboratorio musica” e “l’unità”; ha descritto Napoli sul “mattino” e sulla guida “dell’espresso”; si è divertita su “cosmopolitan”.
E nata a Pontecagnano molti, molti anni or sono e vive a Napoli tra Paradiso e Provvidenza.