Numero 58 Registrazione al tribunale di Roma N° 3/2004 del 14/01/2004

La collina della felicità (seconda puntata)

racconto di Sivini Diego e Paolo Ursic

 



Coloro che ci hanno seguito nel percorso precedente (https://www.caosmanagement.it/n56/art56_10.html) , certamente si ricordano che in Perù, il mio destino mi stava dietro,  ridacchiando, e cercando con ogni modo  di farmi cambiare l’idea sulla … vita a due.
Non si può mai sapere però, nel descrivere un ricordo, quale sia il confine esatto tra la realtà e la fantasia. 
La cruda realtà, molte volte è scarna. Meglio allora la realtà … romanzata.
Dopo tanti anni di …opposizione alla vita matrimoniale, proprio nel corso del mio vagabondare nelle bellissime zone del Perù, casualmente ebbi modo di conoscere la bella Leylà che diede un buon scossone ai miei sentimenti ma che, una volta arrivato a Huancayo, stavo addirittura dimenticando per la simpatica Jaddie. 
Non avrei mai potuto immaginare che il mio subconscio avesse potuto ricevere impulsi così forti da quelle due peruviane.
Forse l’aria rarefatta? Forse il lungo tempo di girovagare più o meno da solitario? Forse qualche atavico richiamo del mio Dna? O forse perché in Perù si ha la netta sensazione che il passato continua a vivere frammischiato con il presente. Mah! Chi lo sa!
Certo che quell’orso bruno che mi ha fatto incontrare Jaddie, doveva saper qualcosa sui miei antenati!
Comunque, la prima giornata a fianco di Jaddie a Huancayo, si concluse non eccessivamente bene, visto che ci lasciammo  incerti  se rivederci o no nella mattinata del giorno dopo.  Lei, Jaddie, si era addirittura addormentata con il viso rigato di lacrime per causa mia e con un forte dubbio  se presentarsi o meno  l’indomani all’appuntamento che avevamo fissato.
Causa?  Una piccola dose di gelosia espressa in modo nervoso da Jaddie su Leylà e qualche altra piccola incomprensione.
La prima parte del racconto, terminava infatti con la certezza che la notte porta sempre consiglio.  Tanto in Occidente quanto in America Latina.
Da parte mia, vi posso assicurare che la notte non fu delle migliori.  Nazca, Arequila, Hunacayo, Leylà e da ultimo Jaddie, mi passavano e ripassavano in su e in giù come un film rotto e consunto.  L’aspetto di Leylà, nel sonno, era sfumato, quasi non la ricordavo più,  comunque sentivo la sua voce dolce e carezzevole.  Unici flash  discretamente nitidi erano quelli di Jaddie e dell’orso bruno che mi parlava dall’alto di una bellissima collina.  Nel corso del mio sonno, sentivo l’orso bruno che mi diceva : “questa è la tua via”
Urlai “ma che via e via… cavolo ora anche gli orsi si mettono a congiurare  contro la mia libertà?”  Mi svegliai  di soprassalto che stavo dicendo: “ … la mia libertà! La mia libertà!”
Ripresi sonno ma non fu sonno tranquillo.  Ancora ci furono una successione di flash e di visioni che fortunatamente non rimasero nel mio ricordo ma posso giurare che mi turbarono.
Com’è strano il nostro cervello; lavora di giorno e di notte cerca il suo sfogo per proteggerci e proteggersi.
Un bel raggio di sole mi svegliò;  mi sentivo quasi più stanco di quando ero andato a dormire. Aprii gli occhi e mi chiesi in quale zoo fossi. 
Presto realizzai che ero nella stanza del mio albergo.  Mi alzai, mi vestii  chiedendomi : “Verrà o non verrà?”
Ma, che cavolo, sono proprio diventato un pappa molla? Dopotutto anche se non viene, stabene, in fin dei conti le avventure di pochi giorni  sono sempre meglio di un legame serio. 
Proprio qui, in Perù, lontano da casa, mi vado ad immischiare non con una ma con  due donne che, qualora glielo avessi fatto capire, probabilmente si sarebbero anche concesse ma non per soldi o per piacere ma per Amore!  Roba da matti!
Mi spaventava non poco  a dover fare la parte del Rodolfo Valentino,  considerato un idolo  al tempo delle nostre nonne al quale qualsiasi femmina sarebbe caduta ai suoi piedi…
Ma, dopo tutto, se anche Jaddie non venisse, non mi dispererò.  Sia fatta la volontà del destino e … un problema in meno per me!  Anzi, qualora me la trovassi davanti,  provvederò a cercare una scusa per non stare con lei tutta la giornata… Tutto sommato,  mi sta proprio bene che non venga.  Telefonerò a Laylà, la saluterò, starò una giornata con lei, mi divertirò e poi via… Una volta in Italia, cercherò di dar corso al famoso proverbio “Donne e buoi dei Paesi tuoi” e, al diavolo la globalizzazione che vuole donne e buoi di qualsiasi Paese perché tutto il mondo deve diventare Paese.
Il Perù è fantastico nella sua storia e nella sua natura; perché vado in cerca di estirpare da questo bel Paese una donna, come se non ce ne fossero uguali in tutto il mondo?  Diverse sono le sue radici, diversa la sua cultura, diversa la posizione nei confronti dei parenti, degli anziani, dei bambini, della stessa vita.  Non sono problemi di poco conto. Mia madre abita a Trieste.  Una peruviana a Trieste?  Più ci penso, e meno me la vedo a passeggiare per la nostra meravigliosa marina, per San Giusto o sul  nostro Carso.
Il rovescio della medaglia è che io stesso potrei lasciare l’Italia, la mia città, la mia gente per trasferirmi definitivamente in Perù.  A fare che?… a coltivar patate? O a raggranellare i chicchi di caffè in alta montagna? No, non fa proprio per me! E poi perché?  Il Perù è bello, ma anche l’Italia è bella. Il Perù ha storia ma anche l’Italia ha storia. Il Perù ha bellezze naturali da mozzafiato ma anche l’Italia ne ha:  Allora perché cambiare?  Non sarà mica vero quello che dicono nei film: All’amore non si comanda!  Altroché! Io e solo io decido se debbo innamorarmi o no!
Mi resi conto che nella mia mente albergavano domande che mai mi sarei posto in Italia.  Ero forse impazzito? L’aria rarefatta aveva influito sul mio povero piccolo cervello?  Certo  però che mai avevo vissuto per due volte consecutive un sentimento tanto forte.
Bene, allora dov’è questa Jaddie che  me la tiro fuori dai piedi per sempre.   Viene o non viene?
Così ragionando, scesi al pianterreno per la colazione.  Non ricordo cosa ordinai, né cosa mangiai.  Erano le 9 e 35. Mancavano solo 25 minuti alle 10.   Anzi, ora ne mancano  solo quindici…dieci….nove… otto… sette…Non viene! Non viene! Evviva ! Evviva la mia libertà!
Quel momento di gaia incoscienza venne frenato dal portiere dell’albergo, un peruviano tarchiato ma ammansito alle  attenzioni per il cliente il quale, con massimo  ossequio mi sussurra all’orecchio : “signore, una signora l’attende”
Il cuore fece un balzo, su, su fino alla gola.  Quale delle due? Leylà o Jaddie ?
Leylà non poteva essere; sarebbe ritornata il giorno dopo.
E allora? Chi poteva essere quella donna se non Jaddie?
“Va bene “ risposi serio “finisco la colazione e poi vengo.  Dica di aspettarmi”
Mi accorsi di mangiare lentamente, troppo lentamente, contrariamente al mio uso. Non c’era fretta. 
“Adesso vado là e le dico, scusa Jaddie, è stato simpatico il conoscerti, oggi ho molto da fare mi spiace ma non posso proprio perdere tutta la giornata con te.  Quando torno in Perù, se ritorno, non mancherò di telefonarti.  Ora posso offrirti qualcosa per suggellare la nostra conoscenza?”
Si, proprio questo è il giusto comportamento.  Cara Jaddie, fors3e è meglio per tutti e due se esci dalla mia vita…!
Le dirò: “ieri hai dimostrato la bella parte del tuo carattere ma anche la parte negativa del tuo carattere. Hai dimostrato che la gelosia è presente nel tuo animo.  Io non ci sto.  Io sono uno spirito libero e tale voglio rimanere.  Ieri è stato un giorno discretamente felice ma un giorno non può decidere di una vita! Oggi ho molto da fare per cui ti saluto.. Si, proprio così le dirò!”
Mentre mi avviavo con calma all’entrata dell’albergo, convincevo me stesso: “ Non voglio andare a caccia di guai… Ora mi avvicino e le dico che è meglio se restiamo buoni amici.  Ma è mai possibile che io debba sottostare a questo strano sentimento che mi turba il cuore? ”
Ero ormai giunto all’entrata dell’albergo, con la convinzione non certo di trattarla male ma neanche di darle spazio nel mio essere strapieno di voglia di libertà. 
Me la vidi venire incontro con un sorriso sincero  e disarmante stampato su quel bel  viso semplice, senza trucco.  Mi baciò sulle gote e
“Sono venuta per salutarti” disse con aria umile e sottomessa.
“Perché?   Parti?” risposi tanto per dir qualcosa
“Sono venuta per salutarti e chiederti scusa per ieri.  Hai ragione di pensare male di me e del mio comportamento.  Avvicinarti in quel modo, prenderti per la mano, addirittura dimostrarmi gelosa di un’altra donna che nemmeno conosco.  Davvero mi spiace ma è giusto che ti dica che non sono una donna leggera che va a caccia di uomini.  Questo volevo dirti e per questo sono venuta.  Non ti so dire perché ma  da quando sei entrato in quello zoo e quando poi ti sei fermato davanti all’orso bruno, mi hai fatto battere forte il cuore.  Ma è passato. Mi sono convinta ed ho ripreso il mio autocontrollo.  Ti ringrazio per ieri “
I suoi occhi erano lucidi “ Ecco ti ho detto tutto.  Adesso sparisco… ti auguro Buona Fortuna“
Rimasi commosso e per non far vedere la mia emozione, ripetei la domanda: “Stai dicendo che te ne vai… perché? Parti ? “
“No, non parto ma vado via, non voglio interferire con il tuo destino”
“Scommetto che stanotte hai dormito male e ti sei sognata di un orso in cima alla collina…” dissi
La vidi contrariata: “ Come lo sai?”
“Io? Io so molte cose, le capto… le capisco “
“Beh! Allora capirai che oggi non posso restare con te! Sei troppo … pericoloso per me e forse anche io lo sono per te!”
“Quindi te ne vuoi andare, vero?”
“Si! E ti lascio libero”
“Lasciare libero me? “ sbottai in una risata che a malapena cercava di nascondere ilo turbinio di sentimenti che dal cuore affluivano al cervello… “Lasciare libero me che ho lottato per conservare la mia libertà? Allora, se mi lasci davvero libero, mi lasci anche libero di scegliere. Vero?  E, allora, dove mi porti …oggi?” la frase mi uscì con un tono perentorio senza possibilità di appello!
La vidi di nuovo contrariata, per cui continuai
“Incominciamo ad andare alla plaza Constitucion, strada facendo riparliamo del tutto”
“No, scusa Paolo, ti ho detto, io ho deciso che… “
“Tu hai deciso che cosa? Io sono libero, tu, oggi sei occupata; oggi sei la mia guida… Per dove si va? Prendiamo a destra o a sinistra?”  e le presi la mano.
Me l’aspettavo… si mise a piangere a dirotto.  Un pianto liberatorio.
“Se fai così, rischi di rovinare la giornata prima ancora che inizi.  Sorridi, come sai sorridere tu, il tuo viso è splendido e luminoso quando sorridi.  Ti chiedo di offrirmi questa giornata presentandomi Huancayo nel modo  più luminoso possibile “
“Si! Si !Paolo, grazie” disse sorridendo.  Le asciugai le lacrime e si trasformò in una donna finalmente raggiante, felice…bellissima!
Quello che  voleva cacciarla …. alla fine rimase… cacciato!
Volli mettere subito le cose in chiaro in modo da evitare successive incomprensioni: “Attenzione però, io sono a Huancayo perché studiando sui vari libri, a Trieste, ho capito che questa è una città molto importante nella storia del Perù;  ma non dimenticare che io sono qui anche per vedere Leylà… domani”
Si rabbuiò un poco : “ Si, lo so! “ e riprendendo il dolce sorriso, “ Domani non ti importunerò.  Oggi sono felice e non voglio rovinare questo momento.”
Vi fu un attimo di silenzio.  Inconsciamente a tutti e due sembrava molto lontana la figura di Leylà.  Avevamo un giorno a totale nostra disposizione e nessuno dei due voleva rovinarlo.  Un giorno che vale una vita!
Per prima riprese Jaddie a parlare: “ Hai detto che Huancayo è importante nella storia del Perù. Come lo sai?”
“Prima di ogni viaggio, mi documento.  Quando saremo in Plaza Constitucion, ti mostrerò un monumento in ricordo dell’abolizione della schiavitù, accordo firmato proprio qui, a Huancayo” le dissi pavoneggiandomi.
“ Nel 1854” completò lei-
“E tu, come fai a saperlo?” chiesi io tentando di ristabilire il buonumore
“Sciocco – disse ridendo – io sono peruviana!”
“Ah! si? e perché sei peruviana pensi di sapere che cosa sia la schiavitù? Anzi nessuno di noi può sapere come vivevano quei poveretti, venduti e comperati come merce, trattati come bestie.  Io proprio credo che tu non hai avuto il tempo di  essere una schiava…”
Jaddie sorrise e di rimando: “E chi lo dice ?  Anch’io allora posso formulare una battuta ! Forse nell’altra vita lo sono stata.  Anzi, sono stata la tua schiava personale e per questo quando ti ho visto allo zoo mi sei subito piaciuto.  Di certo l’orso che ci ha unito  sapeva tutto questo”
“Tu? La mia schiava? E, dimmi,  come mi comportavo da tuo padrone?”
“Davvero bene, eri  affascinante, pieno di vita! era bello lavorare per te”
“Ma guarda… e ti ho mai costretta a fare un qualcosa? Ti ho mai picchiata? O messa in catene per insubordinazione?”
“Mai! Sicuramente mai! E’ per questo che ti sono rimasta fedele per tutta l’altra vita e ti ho ritrovato anche in questa, per un amore di eterna durata”
“Allora è certo! Non ti ho nemmeno venduta!”
E giù a ridere tutti e due. 
“Io… padrone…Tu schiava… per l’eternità…  vieni qui” e l’abbracciai.
Quel corpo caldo mi portò al settimo cielo… Avevo davvero una voglia matta di rimanere con lei.
In un lampo capii che mi ero innamorato. 
Sentii lontana la voce di mia nonna : “Attento Paolo, moglie e buoi dei Paesi tuoi”  Ma cosa c’entra? Ormai siamo nell’era della globalizzazione; tutto appartiene al mondo intero, anche i Paesi, anche i buoi, anche le donne… Lasciami in pace, nonna, che qui sto godendo.  Forse un giorno ti darò ragione ma ora no, non posso, è più forte di me.
Arrivammo a Plaza Constitucion.
Mi fermai e, concedendomi un atteggiamento da approfondito docente le dissi:
“Vedi, mia cara, questa piazza è densa di storia. Il Perù, a questa piazza, deve tantissimo”
Lei  si atteggiò a scolaretta e si mise a guardarmi con estrema ammirazione, per cui continuai:
“Una volta le riunioni del popolo si tenevano alla Plaza Huamanmarca che era una delle più antiche piazze peruviane ove si svolgeva il commercio di tutti i generi.  Huamanmarca, significa la terra del falco  forse perché i falchi sorvolavano la zona in cerca del cibo quando sulla piazza quando si teneva il mercato del bestiame.  Qui, con regolarità si svolgeva un grandissimo movimento di uomini che trattavano di tutto.  Animali vivi, carne, formaggio, grano, tutto quello che era commerciabile. Accanto a quella piazza, se non sbaglio attorno al 1791, incominciarono i lavori per una grande chiesa che si conclusero nel 1831…
“Ma come sai tutte queste cose?” disse Jaddie guardandomi con ancor più  ammirazione. Tu non sei peruviano!”
“Mah! – risposi con sufficienza – nell’altra vita, avendo una schiava peruviana, si può supporre che fossi stato peruviano anch’io.  Del resto anche il pilota che mi portò sulle linee di Nazca, mi disse che i vostri antenati avevano parlato al mio cuore per cui mi concedeva il pieno diritto ad essere peruviano anch’io ”
“Ma no… davvero?”
“Senti, se osi dubitare della mia sincerità, faccio abolire la legge del 1854 e ti faccio ridiventare mia schiava…!”
Le parole mi uscivano copiose da sole.  Non mi accorsi della gaffe che avevo fatto.  Lei ne approfittò immediatamente e, lanciando un sospiro, con voce semi mozzata disse prontamente: “Magari!… tua per sempre…purché poi non mi vendi per comperare vacche e tori…!”
Volevo arrabbiarmi con me stesso. Capii che dovevo star più attento.
Per fortuna,  ci mettemmo a ridere di gusto.  Di rimando non trovai di meglio che dirle: “Ma adesso sei tu che vuoi incatenare me o sbaglio?  Attenta, io sono un uomo libero e finora nessuna è riuscita a farmi perdere la mia libertà o cambiare il mio spirito vagabondo.  Puoi provarci ma troverai parecchie resistenze e dovrai superare ostacoli troppo grandi per te”
La sua risposta fu una smorfia che la rese ancor più simpatica ed attraente.  Sentivo salire il desiderio!
“Dai, continua nella descrizione” disse Jaddie “voglio vedere fin dove sei peruviano di adozione”
“Allora – riprendendo la finta aria di superiorità – in questa piazza se non sbaglio attorno al 1820 ci fu la proclamazione dell’indipendenza del Perù.  In quel tempo il maresciallo Romero Castilla, proprio da qui, dichiarò che il Perù era uno stato libero ed indipendente.  Ma per trovare il nome di Plaza Constitucion, si deve andare ancora indietro nel 1813 quando in questa piazza venne festeggiato l’ottenimento della costituzione spagnola che stabiliva uguaglianza, giustizia e pari dignità a tutti i Paesi coloniali. Da qui il nome di Plaza Constitucion.  Successivamente alla sua costruzione, alla chiesa chiamata della Santissima Trinità, venne annesso il bel parco che fece corona allo stile neoclassico della facciata.  Il parco, se non lo sai, potrebbe essere anche considerato un giardino botanico visto che è composto da piante locali che se non sbaglio si chiamano quishnar e retama o qualcosa del genere.  Quel monumento che vedi là è stato eretto in memoria del maresciallo Romeo Castilla.  Ti basta?”
“Tu non sei peruviano, tu sei un Wanka; un guerriero wanka della valle del Mantaro” disse lei prontamente.
“Se lo dici tu!“ ribattei non molto soddisfatto-
“ Non sei contento di essere un Wanka ?”
“Limitativo, mia cara, limitativo, cioè mi sembra poco. Huancayo deriva da Wankayo, cioè terra dei wanka,  io preferisco essere peruviano… “
“Mah! Chissà, forse hai dei lontani antenati Wanka.  Parli troppo bene di Huancayo… - riprese Jaddie –  Se sei Wanka allora sai che  qui vicino c’è la valle del Mantaro, dove sono stati trovati parecchi reperti risalenti al periodo dei tuoi…antenati.  La valle del Montaro è molto bella, ricca di risorse naturali, di folklore, di cultura passata e presente. Ma non ti va di essere un Wanka?  E allora, se preferisci essere peruviano,   posso dirti che anche l’arco parabolico che si vede qui in piazza, è dedicato alla libertà, come pure la fontana.  Se andiamo là, vediamo una targa che parla proprio di libertà.”
“Che brava! L’allieva cerca di superare il maestro!” la presi accanto e l’abbracciai.  Mi piacevano quelle effusioni, quei contatti fisici; la sentivo sempre più mia.
Girammo attorno alla piazza, camminammo molto ora ridendo, ora pensando, comunque felici.  Mangiammo qualcosa in un tipico ristorante che da noi potrebbe identificarsi in una edicola di giornali con delle sedie e dei tavolini.  Passammo per strade e stradine.  Vedemmo il Colle della libertà.  Ci trovammo a mimare le buffe mosse del nostro orso.   Vedemmo alcune persone che ci guardavano con sorpresa.  Ridemmo di gusto e scappammo via.
Ripresi a fare la guida turistica: “ A proposito, ho letto che il Cerrito de la Libertad avrebbe voluto essere un colle di ristoro e ricreazione per gli abitanti di Huancayo.  Ho letto che lassù c’è la Casa della Gioventù, con sale di esposizione e di divertimento; c’è anche il museo di storia naturale gestito dei salesiani.  I Salesiani sono presenti in quasi tutto il mondo.  A loro si deve l’interesse per l’educazione della gioventù nei doposcuola, nella libera educazione ma anche nella futura possibilità di ricerca di lavoro.  Sicuramente non erano del tipo salesiano i primi spagnoli che sono venuti in Perù a civilizzare in nome della religione.  Lassù, sul colle della libertà, c’è pure la chiesa della Mercede nella quale ebbe luogo il primo congresso costituente che nel 1839 propose la prima costituzione politica del Perù.”
“Ai!Ai!ai! mio caro… stai perdendo dei punti… tutto quello che hai detto non corrisponde bene; la chiesa de La Merced come anche il museo di storia naturale dei Salesiani, si trovano in centro…”
“E va bene! Che siano di qua o di là, sempre a Huancayo sono…”
Jaddie mi fermò: “ C’è anche il mercato… dai, andiamoci che ho sete…”
“Questo è il mercato che voi chiamate Feria Domenical?”
“Anche questo sai?  Questo è un mercato che viene allestito ogni domenica mattina; viceversa poi abbiamo il Mercato Mayorista, oltre la stazione ferroviaria, che si svolge ogni mattino.  E’ molto colorato, si vende e si compera di tutto…”
E fu così che assaggiai la cocona e  la maracuya, due bevande dissetanti a base di frutta tropicale. In Perù è molto diffuso il consumo di frutta tropicale.
Noi due, intanto, per una scusa o per l’altra, eravamo sempre più vicini.  I nostri corpi si sentivano, captavano i nostri desideri.  Gli oltre quattrocentomila abitanti di Hancayo sembravano tutti felici.  Ci guardavano.
Il gringo e la peruviana. 
E noi ci divertivamo a prendere in giro or l’uno or l’altro dei passanti.
Di tanto in tanto il cervello mi ricordava che avevo promesso di chiamare Leylà ma non avevo coraggio di dirlo a Jaddie per non perdere quei momenti di serenità e di felicità.
No!  meglio dimenticare Leylà.  La scelta andava sempre più verso Jaddie.  L’orso bruno aveva vinto; il destino stava vincendo.  Dentro a me stesso stavo sentendo  un forte trasporto  intimo verso quel corpo.  Incominciavo a desiderarla.
Mi fermai sul marciapiede.  La guardai…
“Cosa c’è?” chiese con aria buffa e sorpresa.
Avrei voluto dirle quello che provavo.  Avrei voluto dirle che non l’avrei lasciata, avrei voluto ancora dirle che la desideravo,  avrei voluto dirle che sentivo uno strano sentimento di amore.  Avrei voluto…
“Nulla!” dissi “Mi mancava il fiato!”
Sono ben certo che lei avvertì il mio stato d’animo.  Mi abbracciò forte e mi sussurrò all’orecchio “Andiamo! Hai promesso a Leylà di chiamarla, andiamo a cercare un telefono.  Hai promesso, devi farlo”
Queste sue affermazioni, erano del tutto contrarie alle regole del gioco. Non era lei che avrebbe dovuto ricordarmi di Leylà.   Ma, se così mi dice, allora non le interessa nulla di me.  Concedendomi la telefonata, cercava forse di vendermi a Leylà. 
“Ma che gioco è questo?” la redarguii “Tu, proprio tu, mi ricordi che devo chiamare Leylà?”
“Le hai promesso e devi farlo! Ricordati che io sono onesta. Ti ho detto che oggi sarei rimasta con te tutto il giorno per conoscerci meglio.  Da questa sera però tu sei libero; io sparirò e ti lascerò con la bella Leylà. E’ un sacrificio che cercherò di fare.  Anzi, che devo fare. Andiamo, laggiù c’è un telefono.”
Ero confuso. Ma mi ripresi subito.  Ridivenne il problema : Jaddie o Leylà ? Mi accorsi, con sorpresa, che non ricordavo molti particolari di Leylà; Jaddie li stava cancellando ad uno ad uno. E’ assurdo ma Leylà era bionda o mora?  Mora, mora senz’altro.  Una bionda in Perù? Mah!
Era venuto il giusto momento di  prendere il telefono e formare il numero.
Rimanendo ancora con Jaddie, sicuramente avrei anche potuto scegliere di rinunciare alla mia libertà.  Ma siamo pazzi!  
Per una peruviana conosciuta per caso a causa di un orso,  e di cui non sono a conoscenza di nulla, manco di quanti anni ha questa Jaddie, di chi è figlia, di dove abita, di che professione fa…
Professione? la parola professione provocò nel mio cervello un momento di perplessità.  Non sarà mica una… di quelle adescatrici di uomini oppure una peruviana a caccia di un qualche straniero  da misurare a seconda del portafoglio?
Volli mettere la “mani avanti!” : “Ti ho detto, mi sembra, che io non sono ricco, che vivo in Italia e le mie entrate provengono dal mio mestiere di tassametrista…“dissi così di botto.
Lei mi guardò, evidentemente sorpresa: “Parole senza senso; cosa mi vuoi dire con ciò? Ricordati che io non ho mai dato importanza al danaro e soprattutto mettiti ben in testa che non aggancio uomini ed anzi sono molto ma molto selettiva.  Per te ho provato un trasporto che non avevo mai provato.  Questo è tutto.”
“Nulla… nulla! Non volevo dire nulla! Andiamo al telefono”
Volevo dirle che mi vergognavo del pensiero che mi era capitato… e lasciai perdere la conversazione.
Ripresi in mano il foglietto religiosamente piegato nel quale c’era scritto il nome di Leylà, il suo indirizzo ed il suo numero di telefono.  Lo composi lentamente non più pregustando l’incontro ma anzi con la speranza che non mi rispondesse.
Mi meravigliai di questo mio nuovo stato d’animo.  Jaddie, lenta ma inesorabile, stava sottraendo lo spazio a Laylà ma soprattutto al mio senso di libertà.
Una voce alquanto dolce, si materializzo nella cornetta “Si, pronto! “  era lei.
“Laylà ti ricordi ancora di Paolo, Pablito ?”
“Hola! Italiano come stai? Dove sei? Sei a Huancayo? Non pensavo proprio più di sentirti”
“Si, sono qui, a Huancayo,  sono arrivato l’altro ieri e ti ho telefonato ma tu non c’eri”
“Vero! sai che ogni tanto devo muovermi per il mio lavoro.  Te l’avevo detto quando eravamo nel Canyon del Colca, te lo ricordi? ma adesso che fai?”
“Son qui da due giorni; ho visitato Huancayo in compagnia di una amica…”
“Ah! Un’amica?  Nuova conquista…? sei un vero cacciatore… ti piacciono le peruviane eh?”
“Non è che mi piacciano le peruviane “ dissi un po’ alterato “ non so cosa mi capita ma questo clima sembra favorire la simpatia verso i peruviani e le peruviane”
“Mi fa piacere” riprese Laiylà con la sua dolce voce e continuò “Allora, gringo, vuoi che ci vediamo domattina o… sei occupato?”
“No, io mantengo sempre la parola data; ti ho detto che ci vediamo appena arrivo a Huancayo ed eccomi qui.  Ti va domani verso le 10? Io sono in albergo, sull’Avenida Huancavelica”
“Ah! Si, lo conosco.  Allora gringo domattina alle 10. Ciao”
Guardai Jaddie che faceva finta di niente.  Dal suo sguardo capii però che dentro di lei c’era un combattimento ed un rimestio inesorabilmente forte.  Piangere? No, Gridare? No. L’orgoglio era ferito!
“Bene” disse con il suo sorriso che mi sembrò un po’ amaro “ ti accompagno all’albergo e poi… se e quando ritorni in Perù, telefonami; mi farà piacere”.
Non sapevo proprio quali pesci pigliare.  Un primo istinto mi diceva di  richiamare Laylà e mandarla a quel paese.   Subito dopo capii che, qualora l’avessi fatto sarei rimasto prigioniero di quel sentimento forte che ormai provavo verso Jaddie.  Così non risposi alla sua affermazione.
“Sta bene“ dissi e nient’altro.
Riandai con il pensiero alla sera precedente: La notte porta consiglio tanto in Occidente quanto in America latina. Ma  c’è una bella differenza tra l’essere soli e l’aver vicino quel bel corpo di donna.
La notte dormii profondamente. Non ricordo nulla del sogno che feci, pur tuttavia, l’indomani mattina, svegliatomi, trovai le lenzuola del mio letto aggrovigliate come se ci fosse stato un combattimento.  Il combattimento con Jaddie?
O con il destino ?
Ovviamente mi vestii e scesi per la colazione.  L’appuntamento era per le 10, quindi avevo ancora tempo per pensare un po’ sulle difficoltà che incontra un povero uomo che si innamora.
Innamora? Di chi? E poi perché? Io non ho proprio bisogno di niente, ancor peggio di scrivere in Italia: “Cari amici, sapete? Io, lo scapolo impenitente, quello che resisteva ai vari assalti delle donne, io, mi sono sposato qui, in Perù, con una Peruviana”
Le risate che avrebbero fatto, le sentivo rimbombare nella mia testa.
Sono le 9.45 meglio apprestarsi all’uscita dell’albergo.  Finito con Laylà, telefonerò a Jaddie e le chiederò se è del parere di passare con me la serata…
10 meno 5. Ok.  E’ ora di andare. Laylà sta per arrivare tra qualche minuto.
Arriverà? Ma no, Laylà era già là, fuori dalla porta dell’albergo. Con mia enorme sorpresa, la vidi in compagnia di un uomo, evidentemente peruviano.
Esultai! Laylà non mi aveva  mai detto di essere sposata ma, visto che lo era, sarebbe stata più facile, per me, la scelta.  Jaddie non aveva ancora marito.
Ci salutammo come vecchi amici. Lei mi baciò sulle gote:
“Ciao Laylà, che piacere rivederti “dissi “vedo che sei con tuo marito.  Mi fa piacere conoscerlo”
Una risata di quelle sonore, come usiamo dire, di gusto…
“Ma va là ! Gringo.  Questo non è mio marito, è mio fratello.”
Il mondo mi si sprofondò sotto i piedi.
“Fratello?” dissi con aria evidentemente ebete.
“Si, perché?  Ti ho mai detto che sono sposata? No! E allora?  Mi auguro che non ti disturba il fatto che sia venuto con me no? “
“No, no, anzi, mi fa piacere”.
Ma la sorpresa più grande doveva ancor arrivare.   Una mano, una dolce mano stava sfiorando dolcemente la mia spalla. Mi volsi e… come quando a Pasqua, si apre l’uovo di cioccolata per vederne la sorpresa, in altrettanta maniera m’avvidi che c’era Jaddie.
Avrei voluto sprofondare fino al centro della terra.  Anzi, fino agli antipodi.  Volevo urlare, gridare come un orso selvatico, spaccare tutto, sfogare la mia collera.
Non ero nemmeno riuscito a vedere com’era Laylà, che già un’altra donna, anzi l’altra donna, mi baciava sulle gote dandomi il buongiorno.
Ma che cavolo di buongiorno!  E adesso che fò???
Assunsi un aria di superiorità e mi difesi con una battuta
“Mia cara Laylà, vedi, tu porti un uomo e io porto una donna!”
“Da come ti guarda e ti ha salutato, non mi pare che sia una donna ma la “tua” donna” ribadì lei con un sorriso ironico-sarcastico.
Mi rivolsi verso Jaddie. “Ti ringrazio per essere venuta ad augurarmi il buongiorno ma come vedi sono in buona compagnia per cui…”
“Ma perché?” disse il fratello con un vocione da basso baritono.
“Ha ragione mio fratello” continuò Leylà “ perché vuoi mandarla via, in fin dei conti oggi abbiamo deciso si fare una bella passeggiata, null’altro, mi pare…”
Riuscite ad immaginare quale confusione regnava nel mio cervello?  Robe da matti!
“Scusa, non mi sono presentato, io sono Paolo, Pablito” dissi tenendo la mano al fratello.
“ E io sono Ramon”
“Bene, Ramon, allora io ho chiamato Leylà e sei venuto anche tu; mentre io, che credevo di aspettare Laylà da solo, mi ritrovo Jaddie che mi è venuta a salutare.  Allora le coppie sono perfette: io con Leylà e tu con Jaddie.  Ti va?”
“Fantastico” disse Ramon e confesso che quel tono felice mi infastidì e mi ingelosì ma dopotutto non si può avere tutto dalla vita…
Guardai Jaddie; mi stava fulminando!
Presi sottobraccio la bella Laylà e dissi: “Destra o sinistra? A tua scelta!”
Lui, quel verme schifoso di Ramon, si prese sottobraccio la mia Jaddie e disse con un sorriso a 32 denti “Seguiamoli!”
Constatai che prendere sottobraccio Laylà non era come prendere sottobraccio Jaddie.  Quest’ultima, il giorno prima, dava la sensazione di essere una piuma vagante.  Una piuma calda. Una piuma … da richiamo.  Laylà, invece una peruviana tutta d’un pezzo, che sapeva bene quel che voleva, dolce e probabilmente anche sincera ma comunque quel che da noi si direbbe “una donna in carriera” anche se  sicuramente aveva ancora molta strada da fare per esserlo.
Camminammo.  Lei mi parlò dell’Italia, di Roma, di Firenze.  Mi fece raccontare di Trieste e mi lasciò lo spazio per illustrare il tragitto peruviano che avevo compiuto, le mie impressioni sul Perù e sui Peruviani, sulla Bolivia ecc.
Ogni tanto il mio occhio andava sui due che ci seguivano.  Parlavano e ridevano.  Sembravano felici di essersi incontrati e ciò mi infastidiva non poco.  Ma meglio così anzi, spero proprio che Ramon possa dare a Jaddie un altro appuntamento.   Aveva ragione mia nonna “Moglie e buoi dei paesi tuoi… e … tu, Jaddie, prenditelo quel bell’imbusto di Ramon.  Non sarete una bella coppia ma almeno mi lasci in  pace …
Macché, Jaddie si accorse che li stavo guardando e mi strizzò l’occhio.  No, così non va! Lei mi vuole ma io rivoglio la mia libertà.  Si può arrivare ad un compromesso? Certo che no. Unico compromesso, partire; tornare in Italia; cancellare il Perù da tutti gli atlanti; ma forse anche no!
Intanto la bella Laylà stava parlando ed io annuivo senza prestare attenzione alle sue parole, sapere se fosse giusto o meno però mi piaceva il suono della sua voce.  Lei se ne accorse della mia disattenzione
“Ohilà! Italiano, dove sei? Stai vagabondando verso l’Africa o verso l’Asia?”
“Scusami, ero distratto.  Stavi dicendo?”
“Beh, senti, io ti stavo chiedendo se nel tuo itinerario avevi previsto anche la visita a Cuzco”
“Che domande! Venire in Perù senza visitare Cuzco sarebbe come…”
“Il mare senza le barche” concluse Laylà.  Lei sapeva sempre la parola giusta.  Non era intrigante ma, alle volte, quel suo intervenire prontamente, mi dava fastidio.  Sapeva tutto, conosceva tutto, anche senza strafare. Questa è una che per aiutarti ti soffoca e poi resta vedova inconsolata, pensai.
“Allora, gringo peruviano, ti affascinano gli Incas?” riprese Laylà
“Più che la storia, qui in Perù mi affascinano i peruviani…”
“ e le peruviane…”
“Mi affascinano i peruviani in genere – replicai – perché in loro riscontro un connubio perfetto di passato e presente.  Si sentono intimamente Incas, con tutte le loro tradizioni probabilmente ancora intatte nel loro DNA , ma pur cercando di mantenerle staccate ed integre, le hanno fuse con una buona dose di  cultura  spagnola. “
“In un certo senso hai ragione.  Tra gli Incas, l’unità era praticamente un simbolo; per gli Incas la perfezione non era l’uno ma il quattro”
“Cosa vuoi dire?” chiesi sorpreso
“Alla base della civiltà degli Incas, ci sono state quattro coppie che hanno fondato Cuzco.  La ricerca del giusto terreno avvenne a mezzo di un lingotto d’oro fornito direttamente dal dio Sole”
“Bello! Mi piace; vai avanti” replicai contento
“E’ ovvio che in quel tempo non si conosceva ancora la scrittura, per cui questa è storia verbale passata di bocca in bocca tra le varie generazioni, per cui è leggenda, condita con tutti i passaggi e dosaggi voluti dall’occupazione spagnola.  In definitiva, per quella civiltà, forte ed importante, il numero quattro stava alla base del tutto.  Al loro impero infatti diedero il nome del “Regno delle quattro regioni”. Figurati che l’estensione di quell’impero eguagliava se non superava quello dei vostri romani.  Come i romani per voi, così gli Incas per noi, sono considerati i padri della nostra cultura. Si dice che tutto stava scritto nel grande libro del destino; anche le invasioni, le deportazioni e la fine del  grande impero Inca.  Eppure, gli spagnoli sono riusciti a distruggere l’impero, a depredarlo, a sacrificare i grandi guerrieri sull’altare della religione, ma non sono riusciti ad estirpare quelle radici che ancor oggi continuano  a dare i loro frutti…. Misti di tradizione e di cultura particolare.  I grandi della civiltà Inca avevano trasmesso di padre in figlio una vastissima cultura alla quale forse noi, oggi, non siamo ancora arrivati…“
“Davvero interessante”
“Vedi, mio caro gringo, ad esempio questa via che stiamo percorrendo, cioè l’Avenida Huancavelica, porta il nome delle miniere di mercurio che già allora, se non sbaglio, erano in funzione”
“Perbacco!”
“Cosa vuol dire perbacco? Non ho mai sentito una parola simile”
“Perbacco è una espressione di apprezzamento e meraviglia.  Non so se di uso dialettale o se viene anche usata in italiano.”
In quel momento un grugnito venne fuori dalla bocca di Ramon che continuava a fare la corte alla mia Jaddie.
Leylà si volse e i due si scambiarono qualche parola in loro dialetto, quindi, rivolta a me disse: “ Perbacco, gringo italiano, lo sai che mi sei molto simpatico e rimarrei ore ed ore al tuo fianco a parlare e ad ascoltarti ma il tempo è tiranno e dobbiamo assolutamente andare via.  Ti lascio con Jaddie, in buone mani. Senti, domani e dopodomani io sono di nuovo fuori.  Quando rientro ti lascio un messaggio in albergo ti va?”
“Mi farà molto piacere “ risposi confuso…
Fu così che iniziarono i convenevoli di saluto.
Le due donne si avvicinarono ed iniziarono a colloquiare nel loro dialetto.  Sembravano vecchie amiche. La bellezza di Laylà, contrapposta alla semplicità di Jaddie.  Le guardavo e mi davano l’impressione che stessero discutendo su una qualche ricetta di cucina.   Ecco ecco, stanno dicendo: Un chilo di farina, un tuorlo d’uovo, il bianco sbattuto a neve, una bustina di lievito, zucchero quanto basta…
Mi riportò alla realtà quell’odioso di Ramon.
“Simpatica la Jaddie, molto carina ed intelligente”
Non poteva dir di peggio!.  Confesso.  Mi aveva quasi fatto scoppiare di gelosia.  Però, lasciamo perdere, al metterli assieme,non avrebbero di certo formato una bella coppia.  Lui tarchiatello, tipo cinghialoide, dal muso appuntito e che parlava in grugnitesco e lei, viceversa, così semplice e delicata nelle espressioni e nei modi.
“Si, certo” risposi mascherando al meglio il sentimento di amore e gelosia.
“Ma è molto che vi conoscete?”
“Si e no – risposi – alle volte sembra come se ci conoscessimo da … un’altra vita”
Le due donne, nel frattempo,  avevano esaurito la ricetta.  Si abbracciarono e si baciarono.  La torta era in forno…  
Mai e poi mai avrei potuto supporre che quella torta, derivata da quella ricetta, ero io!  Il classico pollo allo spiedo.
In effetti mai più rividi Laylà né potei contattarla.  Sparita, svanita nel nulla.
Jaddie, con la sua semplicità, aveva  messo i paletti di confine sul suo territorio.  Facendo molta attenzione a lasciarmi il più ampio “spazio vitale”possibile.
Laylà e suo fratello se ne andarono. Senza voltarsi.
Mi avvicinai a Jaddie con fare quasi minaccioso e le chiesi: “Come mai tutta questa fretta in loro due di andarsene?  Che cosa le hai detto?”
“Nulla, nulla di particolare.  Lei mi ha detto che aveva capito che avresti potuto essere il “suo tipo” ma che al momento aveva bisogno della sua massima libertà a causa del suo lavoro e che quindi ti lasciava in buone mani…”
“In buone mani? Cioè nelle tue ?” sbottai “Ti ho già detto che sono un uomo libero e che non sarà certo il Perù ad imbrigliarmi.  Difficile imbrigliare un cavallo selvaggio..”
“Certo – rispose Jaddie con un sorriso luminoso – bisogna prima domarlo…” e mi abbracciò.
Voi vorreste che io vi raccontassi cosa accadde in quel momento al mio corpo? No! Questo è un segreto mio personale.  Fa parte dei miei ricordi.  Certo è che l’abbracciai e la baciai tanto forte da farle perdere il respiro…
“Ora si che sei italiano!” ebbe la forza di dire.  “Mi piaci… ti voglio…”
Verso sera mi portò a conoscere i suoi genitori e i fratelli e sorelle.  Simpaticissimi. 
Mi presentò come un amico venuto dall’Italia ma credo fermamente che per quanto ci sforzassimo, non riuscimmo a nascondere i nostri sentimenti.
Bene.  Ero arrivato a sciogliere un nodo:  Leylà non c’era più.  Era già un passo avanti…
Ora bisognava cercare di allontanarsi da  Jaddie!  Ma come? Avrei avuto io la forza di lasciarla, magari per sempre?  Mi stavo accorgendo che una simile decisione contrastava con il mio stesso io.  Mi risveglio dal mio pensiero la sua dolce voce:
“Sai, Pablito, noi due dobbiamo molto all’orso dello zoo della collina della libertà. Dobbiamo andarlo a trovare.  Vedrai che sarà contento.  Anzi,  se tu sei d’accordo, io vorrei dargli un nome…   Stavo pensando che potremmo chiamarlo Pahua…”
“Pahua?” la guardai sorpreso
“Pablito più Huancayo o meglio Pablito a Huancayo”
Risi di gusto “ Simpatico l’orso Pahua che ci ha unito sul colle della libertà…“  Ripresi quasi subito “Allora vada per Pa-hua-li, l’orso Pahuali”
“Pahuali? che signfica ?“ chiese lei a sua volta sorpresa
“L’orso Pablito che sono io a Huancayo sul colle della libertà Pa+Hua+Li cioè libertà”
Una risata ci accomunò e ci stringemmo ancor più forte.
Le difese erano cadute.  Cadute tutte le barriere!
Cara Nonna mia, Donne e buoi dei Paesi tuoi… ma qui i buoi non c’entrano ed i Paesi nemmeno.  Qui, in questa vignetta c’entrano solo le donne, anzi Una donna! La mia donna.
Godemmo.  Si, davvero godemmo. E, un giorno tirava l’altro, sempre felici sino al giorno che dovevo lasciarla per rientrare in Italia.
Fu un giorno triste per ambedue; ci eravamo ormai affiatati.
“Ritornerai?”  “Si, ritornerò!” e ci lasciammo mentre lo speaker nominava il mio volo.
In volo salutai il Perù.  Quell’esperienza mi aveva davvero arricchito.
Vi state chiedendo se sono ritornato?
Ou! Ragazzi, io sono un uomo libero, vagabondo… uno che ama la libertà… un single vero e proprio… un cavallo selvaggio che non si lascia domare…. Uno che non si lascia andare facilmente… uno che…
Ebbene si! Sono ritornato!

 

 

Diego Sivini: nato a Trieste, classe 1939. Una vita dinamica, vissuta nell’ambito delle relazioni commerciali e culturali internazionali, in modo particolare rivolte ai Paesi dell’Est Europa e del bacino Mediterraneo.
Nel tempo libero, si è dedicato a ideare, creare ed organizzare eventi di una certa importanza soprattutto tendenti alla valutazione e lancio di dilettanti operanti nelle varie arti, come pure “i salotti del giovedì” di arte varia e conferenze in favore degli scienziati del Centro di Fisica Teorica di Miramare in Trieste. Inoltre, di convegni internazionali a livello scientifico culturale come “Il cervello e le stimolazioni sensoriali – come e perchè” “La musica tra comunicazione e terapia”; cofondatore dei “Neuroscienze cafè”- la scienza a disposizione della cittadinanza – (con la fattiva collaborazione del prof.Battaglini del dipartimento di Neuroscienze dell’Università di Trieste) ed altre minori per arrivare alla prima mostra delle immaginette sacre “I santi martiri di Trieste e le donne nella storia delle religioni” e specificatamente per Trieste, in campo economico, “Agorà: la pazza lo vuole – riprendiamoci il nostro porto”. Cofondatore del giornale a distribuzione gratuita “Password Pass”. Presentatore di vari spettacoli d’arte, locali, e di spettacoli di piazza come pure di vari autori di libri, con relativa recensione critica, da alcuni anni collabora con l’artista pittore, ritrattista e scultore Giorgio Delben per il quale offre la versione critica delle opere. E’ stato insignito dell’onorificenza di Cavaliere della Repubblica al tempo degli on. Pertini e Spadolini, del “Cuoricino d’oro” massima onorificenza della Associazione Amici del Cuore, nonché del Mercurio d’Oro e del Premio Trieste che Lavora (queste due ultime per le aziende da lui condotte). Parecchie le apparizioni nelle radio private con le sue commedie e poesie a sfondo economico o satirico, sia dialettali che in lingua, varie apparizioni nelle TV locali. Di lui hanno parlato in varie epoche e in varie occasioni, il Majar Nemset di Budapest, il Regceu Delvilag di Hodmezovasarhely (ungheria), lo Jelen di Oradea (Romenia), il TM Tineretul Moldovei della Moldavia, oltre a varia stampa nazionale ecc. Numerose le apparizioni nelle varie forma sui quotidiani e settimanali locali. Da anni, collabora con il prof. Porcasi, docente di diritto commerciale internazionale presso l’Università di Trieste (dipartimento di Gorizia).