Numero 70 Registrazione al tribunale di Roma N° 3/2004 del 14/01/2004

GERUSALEMME
Città metropolitana, città della convivenza, città dell'ONU
Intervista a Raffaello Fellah

di Vincenzo Porcasi

 

Abstract: Raffaello Fellah*, intervistato da Vincenzo Porcasi, esprime le sue in­ter­pre­tazioni e le sue ipotesi sul futuro migliore per Gerusalemme, sia come città me­tro­politana in quanto contesto della città storica con le tre anime religiose mo­no­tei­stiche, e sia come è possibile trasformarla in città della convivenza. Impor­tan­te è la cooperazione economica fra queste tre parti; ma anche importante la sua struttura istituzionale e la sua internazionalità. La struttura istituzionale della città storica è basata su un sindaco ebreo, che ha un ruolo di rappresentanza con l’esterno, e due vi­cesindaci rispettivamente musulmano e cristiano. Tuttavia bisogna garantire la pa­ci­­ficazione interna ed esterna di Gerusalemme trasformandola in sede delle orga­niz­zazioni internazionali e in particolare dell’Onu.

Parole chiave: Gerusalemme, città metropolitana, integrazione, convivenza, econo­mia, Onu, internazionale

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Dom.: Per progettare il futuro della Gerusalemme della convivenza, quale ruolo gioca il contesto?
Risp.: Dal punto di vista giuridico internazionale ed economico il problema è che la posi­zio­ne di Gerusalemme è inscindibile dal contesto in cui essa si trova collocata ad operare, quindi dal contesto tipicamente israeliano, e il diritto deve essere conseguentemente uniforme (figlio del diritto ottomano pregresso, del common law inglese subentrato e quindi di quello israeliano). Così deve essere l’intelligenza israeliana a creare un diritto civile che possa godere del consenso sciaraitico anche della componente islamica e della componente cattolica, presenti nel territorio. Al riguardo l’esperienza libanese, piuttosto che quella albanese, potrebbe essere di notevole conforto. Di conseguenza la normativa israeliana deve essere capace di comprendere parte dello statuto presente nel­l’ambito degli ordinamenti sciaraitici, e prendere a prestito dalle istituzioni internazionali e dalle loro organizzazioni quelle figure che la giurisprudenza e la prassi hanno sviluppato nel tempo più recente di diritto anche bancario e societario tipiche dell’ordina­men­to giuridico locale. Al fine di consentire uno sviluppo armonico delle attività economiche l’utilizzazione di procedure di carattere arbitrale, conciliatorio e mediatorio  nonché l’armamentario degli strumenti di dialogo sociale e le indicazioni dell’International Labour Office, del WTO, dell’ICSID nonché gli strumenti elaborati dalla Camera di Commercio Internazionale.

Dom.:   Più in generale, quale status dovrà avere Gerusalemme? 
Risp.: La condizione giuridica internazionale di Gerusalemme,  lo status di Ge­ru­salemme, potrebbe essere qualcosa come Ginevra o Roma, perché Gi­nevra è parte integrante del territorio elvetico nella forma cantonale vigente e convive pienamente con le Organizzazioni Internazionali che per la loro attività godono di piena autonomia giuridica e patrimoniale riconosciuta dal Consesso Mondiale. Alla stessa maniera Roma, nel territorio italiano, ospita al proprio  interno la Santa Sede (Stato di Città del Vaticano) che gode della piena dignità di Stato Sovrano. Per quanto riguarda Gerusalemme si potrebbe ipotizzare un’Autorità di Gestione, munita di mandato internazionale, individuata a metà strada fra il Concordato esistente fra la Repubblica italiana e la Santa Sede e la dignità connessa allo status di organizzazione internazionale di cui godono le ormai tantissime organizzazioni internazionali direttamente o indirettamente espressione delle Nazioni Unite. La nascita di una tale città metropolitana extra ordinem rispetto all’allocazione intraconfinaria di Israele dovrebbe consentire il li­be­ro accesso ai luoghi di Gerusalemme attraverso una sorta di gestione mista, trilaterale (autorità israeliana, autorità palestinese, e ONU). Il disbrigo delle pratiche doganali e di quelle sulla sicurezza delle persone e delle cose, nonché il libero transito attraverso il territorio può essere assicu­rato dalle Nazioni Unite o da una conferenza multireligiosa. Questo è un po’ il tema …

Dom.:   Il che implica anche lo sviluppo di un sistema di convivenza tra arabi e israeliani
Risp.: Incominciamo con Gerusalemme che io ritengo il  problema più ostico. Gerusalemme, con tutto quello che ha comportato, comporta e com­por­­te­rà, rappresenta il problema vero e necessita una soluzione vera e durevole per gli israeliani e i palestinesi, nel rispetto, altrettanto fondamentale, dei valori della cristianità.
La mia visione personale è che la risoluzione del problema di Gerusalemme non è di breve periodo: deve essere risolto per fasi transi­to­rie, step by step, e deve partire prima con la creazione di un sistema di convivenza tra arabi e israe­liani, per la durata di almeno una generazione[1], sennò il problema sarà permanentemente esplosivo (se viene affrontato in fretta).
Occorre evidenziare, peraltro, che la vittima indiretta di tale conflitto arabo-ebraico è la cristianità in quanto minoranza sia per quantità che per posizione: per cui deve in un certo modo blandire il mondo arabo, perché è obbligata a non contraddirlo, ma di fatto è anche prigioniera di questa si­tuazione.
La convivenza può aversi: - in un modo tecnico, basandosi sulle espe­rienze come quelle delle comunità ebraiche (cui appartengo) nel mondo isla­mi­co per secoli, partendo dagli esempi della città vecchia, la Medina dove “si vi­ve­va in quartieri dove tutti confinavano uno con l’altro, ma ogni ag­glo­merato conser­va­va la propria identità”. Se per esempio la dimensione è un chilo­metro qua­drato, in quel chilometro il quartiere cristiano è pari ad un terzo della superficie ma tutti vivono nella stessa area: infatti il quartiere mussulmano confina con quello ebraico e con quello cristiano, il quartiere ebraico a sua volta con quello cristiano e mussulmano, in un cerchio perfetto.
Tutti gli aspetti commerciali, religiosi, e civili operano entro un cerchio, confine glo­bale di convivenza. Questo cerchio, nella realtà fisica esistente, deve essere ricostruito perché prima esistente ma poi annullato dall’usura delle tensioni politiche che sono la risultanza di un conflitto atavico e non solo attribuibile alla nascita dello Stato di Israele, ma che viene dalle valli confinarie disegnate dalle potenze vincitrici della prima guerra mondiale e dai veleni dai  giochi di potere coloniali di cui tutte le componenti (ebraica, mussulmana e cristiana) sono vittime; come i giochi degli inglesi, gli arabi contro gli ebrei ecc.
Premesso che necessita di ricostruire una convivialità della convivenza, le azioni che possono lenire gli effetti del passato e curare questa evoluzione nel positivo, consistono: 1) nel creare una generazione con un programma pre­ciso dove la cultura della convivenza, la cultura della religione per la con­vi­venza pacifica, per il rispetto paritetico e dell’economia integrata e complementare tale da costituire una filiera della produzione e della distribuzione di beni servizi privati e collettivi atta superare i motivi di conflitto e di contrasto; 2) se l’economia è la base dell’accordo per la convivenza civile, occorre creare i presupposti per la convivenza e coesione sociale in maniera tale che gli esseri umani possano trovarsi liberamente, senza differenza di sesso e di casta, come ad esempio le relazioni sociali esistenti fra uomo e donna, anche sessualmente parlando.
Sul piano fattuale l’azione economica ha questo ingrediente che chiamo scherzosamente “il viagra della coesistenza” dal momento che Lei uomo può incontrare una donna poco brillante intellettualmente, ma se le piace sessualmente la troverà intelligente, per cui l’eco­no­mia è fondamentale che si sviluppi in una simbiosi, per esempio il distributore è ebreo e il negozio di souvenir è arabo, e viceversa, queste categorie possono convivere avendo tutto in simbiosi perché nessuno di loro può fare a meno dell’altro, all’interno della catena; 3) per dare vita a tale economia integrata deve esistere una rule esterna che non deve creare competizione ma delle regole, in questo pienamente figlia del modello ebraico, islamico, cristiano; e 4) nel prendere a modello il sistema Vaticano (pensa al tempo preconcordatario e i terribili giorni dell’assedio hitleriano durante la seconda guerra mondiale), con i dovuti perfezionamenti, cioè fisicamente nel creare delle mura formali che possono diventare dei confini non militari ma formali, dove ci si può chiudere per ragioni di sicurezza o di privacy: ad esempio se c’è una festa, puoi chiudere il quartiere tuo come in ogni città vecchia; tutto questo per prevenire i malintenzionati perché oggi dopo l’11 di set­tembre tutto può saltare in aria, dal Vaticano alle Moschee, per cui queste si av­valgono anche della tecnicità per salvaguardare i luoghi; ad esempio con il sistema della cosiddetta muraglia cinese che formalmente rende i confini fra quartieri una necessità per le emergenze. Tutti questi quartieri, delle tre con­fes­sioni, costituiranno l’unica realtà di Gerusalemme. E questo deriva dal mandato internazionale sul piano giuridico e dall’essere capitale del monoteismo delle tre mag­gio­ri religioni, che devono riconoscere in Gerusalemme il centro del monoteismo, senza con questo creare un inesistente sincretismo.
Ciò deriva dall’escludere qualunque rappresentanza politica a Gerusalemme, per­ché credo pericolosissimo che la capitale della Palestina sia an­che una parte della Gerusalemme araba a causa delle possibili future esplo­sioni demo­gra­fiche che non possono influenzare l’esistenza della Gerusalemme extra ordinem.
Oltre a questa soluzione (quartieri reli­giosi) che darebbero internazionalità attraverso il nuovo status o la dimensione di re­ligiosità (autorità intereligiosa) non ne vedo altre.

Foto di

Dom.: Quindi l’amministrazione della città come potrebbe avvenire?  
Risp.: Con realistica suddivisione di un potere equilibrato, con, ad esempio, un sindaco ebreo e due vicesindaci uno cristiano e uno mussulmano con il potere di gestire cia­scuno il proprio settore nell’ambito di precisi accordi stipulati a livello sovranazionale, dove ci sono regole che devono es­sere imposte a tutti e non interpretabili se non via meramente analogica.
Ad esempio, un arabo deve sapere che un edificio da costruire, secondo il piano urbanistico determinato negli accordi internazionali , può arrivare solo a 15 piani, e non può quindi costruirne uno da 70.
Non esiste l’autonomia, ma l’at­tua­zione di un piano regolatore con contratto in cui ognu­no è esecutore della propria porzione in maniera tale che venga alle tre componenti della città una rap­pre­sen­tanza ef­fettivamente paritetica, senza determinare la nascita di un complesso di inferiorità verso la popolazione ebraica e la sua rappresentanza, dal momento che in parecchi sono convinti che la componente ebraica imponga alle altre la propria visione di convivenza, infatti oggi il conflitto arabo-ebrai­co in tutte le sue ma­nifestazioni soffre soprattutto di pregiudizi, di mala­fede e di tutto ciò che è negativo.
È difficilissimo realizzare una convivenza paritetica fondata sulla pari dignità partecipativa, sul punto infatti perché tutti ricordiamo che anche un sin­daco illuminato come era Teddy Kollek (1965-1993), nonostante la sag­gezza, non era più riconosciuto come super partes, quando il nazionalismo e il fanatismo facevano diventare tutto contestabile, anche la persona più illuminata. Per questo l’autonomia nella gestione interna dell’attuazione di un accordo concordato deve esistere per pro­teggere il futuro, infatti non è la temporaneità la soluzione dal momento che non sarebbe altro che l’an­ti­camera dei trabocchetti per il futuro. Ecco perché nessun cessate il fuoco, nessun accordo ha retto, perché ognuno trovava il modo di minarlo, e per mi­narlo, e qui metto il dito sulla piaga, c’è la più grande bomba civile che è quel­la demografica, perché nessuno può dire che non puoi fare figli.
Allora la democrazia di questa Gerusalemme Internazionale può aversi solo dicendo che il massimo è 15 piani, per quartiere.

Dom.:   Quindi sono il sindaco ed il vicesindaco… 

Risp.: Due vicesindaci in maniera che le tre religioni monoteiste siano coin­volte: il cristiano cattolico ha gatte da pelare con gli ortodossi e questi ultimi con i protestanti, gli islamici fra sunniti sciiti, sono cavoli…

Dom.:   E, poi, il sindaco è a rotazione?… 
Risp.: Con questa realtà di fatto non si può negare che Gerusalemme sia la capitale del popolo ebraico, e quindi che il sindaco debba essere ebreo e che i due vice con pari poteri nelle loro aree, e governate tutte e tre da poteri precisi e condivisi.

Dom.:   Dal suo punto di vista avremmo un duplice potere, un potere civile e un potere fiscale, perché devono elaborare delle norme per prelevare e provvedere alle spese pubbliche. 
Risp.: Con delle regole precise non con dei trucchi economici, la gabella, le macellazioni ... chiaramente tutte le infrastrutture fondamentali devono essere assicurate in modo paritetico nell’attuazione. Il consiglio dei sindaci deve avere potere paritetico per imporre la precisa pariteticità.
Ovviamente è necessario assicurare le infrastrutture fondamentali atta a soddisfare i bisogni fondamentali della comunità, come ad esempio  l’acqua che non può essere razionata in funzione della eventuale modestia delle risorse economiche del quartiere.
Le infrastrutture dovranno es­sere garantite attraverso cooperazioni internazionali e interventi di donors come l’Ame­rica, l’Eu­ro­pa;
l’Onu dovrebbe gestire eventuali aiuti, ma prioritariamente devono esserci imposte, tasse e contributi per la realizzazione delle infrastrutture.
Il sistema internazionale non dovrebbe finanziare progetti non siano a favore delle tre componenti, in maniera paritetica pro-capite, il quartiere ebraico per ragioni di democrazia è il 50% di dimensione.

Dom.:   Allora possiamo dire che ogni parte a tre ha un proprio sindaco, poi per i temi comuni c’è un collegio dei sindaci, ed in più il sindaco ebreo ha la rappresentanza legale verso l’esterno …
Risp.: La rappresentanza così chiamata è politica ... lo stato ebraico deve assi­cu­rare che il sindaco sia il portavoce di tutta la gestione internazionale, ed esso è un por­tavoce unico che nell’ambito del collegio dei tre sindaci deve fare da avvo­ca­to delle altre due componenti.

Dom.:   Questo vuol dire che Gerusalemme deve essere ebrea … 

Risp.: Dev’essere israeliana politicamente, ma deve esserci la salvaguardia religiosa in modo assoluto dove sono rispettate le tre religioni monoteiste da pari, questa è differenza. La pari dignità nella rappresentanza religiosa è fon­da­mentale; mentre per la politica io ho una soluzione da proporre per gestire la capitale politica.
Per la gestione politica di Gerusalemme io avrei una soluzione che, forse inizialmente potrebbe sembrare originale cioè la creazione della “Grande Gerusa­lem­me”, la Gerusalemme città metropolitana, la Gerusalemme Stato con una sua dignitas internazionale.
Gerusalemme metropoli, chiamiamola così, come lo stato di New York fatto di città satelliti. Consideriamo Gerusalemme co­me si trattasse dello stato di New York, con al centro il simbolo della Geru­salemme multietnica, della grande Gerusalemme che sia sede della rappresentanza politica in maniera tale da risolvere il problema della col­lo­cazione politica, per esempio lla grande Gerusalemme città metropolitana potrebbe estendersi fino a Gerico ( a 20 km di distanza).

Dom.: Quindi anche Gerico sarebbe compresa?

Risp.: Questa grande Gerusalemme potrebbe essere allargata e lì esservi collo­cata la rappresentanza politica ed istituzionale:
Come detto, lo stato di New York è composto da tante città satelliti, Gerusalemme a par­tire da Gerico mussulmana, fino al suo confine ragionato, che diverrà de­fi­nitivo dal punto di vista politico diventa città metropolitana e come visto, dalla integrazione delle attività economiche e dalle conseguenti parcellizzazioni di quartiere (e qui poi entriamo sul discorso del progetto dell’economia) che farebbero da paraurti al confine militare.
La collaborazione economica e le regole di espansione e di convivenza fra comunità favorirebbero il superamento del problema delle espansioni demografiche, per esempio a Abu Dis, villaggio situato proprio al confine della Grande Gerusalemme, evitando così che si ripeta una nuova Oslo, dove è morto Olaf Palme, e dove si è firmato uno dei primi e più concreti accordi di pace, perché sicuramente se non si attuasse questa soluzione la questione demografica tra 50 anni farà esplodere di nuovo il problema.
Ecco perché questo stato autonomo di Gerusalemme allargata, metropoli, ed il più possibile in altezza può diventare l’unica soluzione che garantirebbe la stabilità, perché rispetterebbe innanzitutto i sentimenti perché in questo mo­mento da due secoli siamo tutti coinvolti in persecuzioni, guerre, ecc. per cui il fattore religioso una volta che trova la giusta collocazione nei posti sacri consente alle parti politiche di diventare meno “avvelenate”.
Il secondo elemento, che potrebbe salvaguardare gli effetti della mia proposta ma che può, oggi, sembrare un’utopia, è che ven­gano trasferite le Nazioni Unite nella Grande Gerusalemme tra Gerico e Gerusa­lemme e che essa diventi il centro della maggior parte delle istituzioni internazionali delle Nazioni Unite, proprio per coerenza con il richiamo dei 10 comandamenti che sono le leggi di tutte le civiltà, le tre monoteiste, di rafforzare il richiamo dei figli di Abramo, andiamo dove li ci sono tutti i credenti …. 

Dom.:   Noi diamo uno stato all’Onu come la chiesa cattolica … 

Risp.: Dove tutte le istituzioni delle Nazioni Unite diventano la garante fisica e simbolica di questa internazionalità.

Dom.:   È uno stato nuovo?
Risp.: Uno status più che uno stato, una nazionalità che diventa il garante di questa Gerusalemme metropoli, che deve essere la corte di componimento di regole che dovrebbero evitare singoli nazionalismi o effetti imprevedibili, la società civile diventa la giudicante di chi vuole evadere dalle regole.

Dom.:   Cioè diventa il propositore delle regole?

Risp.: Una potenza economica … facciamola dove c’è il guaio, dove perma­nen­temente il terreno è minato dalle discordie e come abbiamo visto oggi, dopo l’11 di settembre non c’è New York che conti non c’è nessun Vaticano che conti, perché il fanatismo ha dimostrato che una volta armato dentro può far saltare qualunque struttura, questo tra realismo e fantasia.
La pariteticità si usa per questa striscia di convivenza, e per convivenza, parlo di convivenza paritetica attraverso le situazioni economiche, dove la nascita di questo progetto, che implica diventare soci, diventa il deterrente domani: infatti, se il nipote vuol buttare la bomba nell’edificio di cui suo zio è comproprietario, qualora esso sia mussulmano, probabilmente non lo farà, ma se quell’edificio fosse di un ebreo si sentirebbe autorizzato.
La deterrenza alla tentazione dell’estre­mi­smo fa nascere e crescere una generazione dove la convenienza diventa il de­ter­rente alla violenza.
Questa è la visione che io ho…..

Dom.:   Volevo chiedere una cosa, siamo arrivati alla grande Gerusalemme, lei ha parlato di  uno status per la grande Gerusalemme, ma si tratta di uno stato internazionale o all’interno di Israele, oppure con legami estremamente  allentati …
Risp.: Io dico che dovrebbe andare sulla falsariga del Vaticano questo status di tre religioni, tutte e tre le entità: Israele che è il dominus militare o politico, per­ché tutto ciò che è attorno è Israele, di questo quartiere religioso, deve es­sere lo stato garante, un garante che è obbligato a rispettare le autonomie ge­stionali dei sindaci di queste entità religiose per territorialità. Siccome questo stato è enclave in Israele, Israele è tenuta a rispettarlo e ad adeguarsi dal momento che vi sono anche le Nazioni Unite con tutta la ricchezza delle problematiche che questo comporta, ivi inclusa la certezza che la Corte Penale Internazionale, è li, e può vedere ciò che accade, nel momento in cui accade, diversamente da quando fosse situata all’Aja piuttosto che a New York, dove avrebbe comunque un’informazione  de relato.
Ecco perché secondo me l’abbinamento dell’economia con il diritto, in questa si­tua­zione è di elevatissima importanza, e tutto deve essere inserito nel conte­sto.

Dom.:   La convince questo progetto? 
Risp.: Il trasferimento delle Nazioni Unite e di  tutte le istituzioni internazionali avviene per garantire fisicamente che il guardiano della legalità sia a portata di mano: tu accendi il tuo binocolo e vedi l’aggressione, perché parlia­mo a lunghezze fisiche di pochi metri.
Lei è stato in Israele? 

Dom.:   Sì. 

Risp.: E ha visto mai questo confine tra Gerico e Gerusalemme? 

Dom.:   Non l’ho visto. 

Risp.: Ma c’è, ed è importantissimo: c’è un posto ideale, anche per ragioni bibliche e coraniche, poiché proprio tra Gerusalemme e Gerico c’è un posto che da qualche mussulmano è fatto risalire a  Mosè. Dicono che è una specie di posto religioso per Mosè e potrebbe essere la zona ideale per le Nazioni Unite, il fatto che Mosè sia così rispettato dal mondo mussulmano diventa una ragione di opportunità, a prescindere dal rispetto dovuto, comunque.


 

* Deceduto recentemente, è stato fondatore e presidente dell’Associazione “Il Trialogo”, nonché Presidente della Fondazione Al Sharkia, già presidente della COMUNITà SEFARDITA ITALIANA
▪ già Professore di Diritto Commerciale Internazionale all’Università di Trieste, commercialista, membro del consiglio direttivo della Camera di commercio internazionale – sez. italiana e della commissione finanziaria della stessa.
[1] In maniera tale da generare i presupposti per la nascita di interessi comuni derivanti da un “buon vicinato”,  morale, sociale, civile ed economico-finanziario.

 

Vincenzo Porcasi: commercialista, anni 65. Laureato in Giurisprudenza e in Scienze Politiche, specializzato in questioni di internazionalizzazione di impresa, organizzazione aziendale, Marketing globale e territoriale. Autore di numerosi saggi monografici e articoli, commissionati, fra l’altro dal C.N.R.-Consiglio Nazionale delle Ricerche e dal Ministero del Lavoro. Incarichi di docenza con l’Università “LUISS”, con l’Università di Cassino, con l’Università di Urbino, con l’Università di Bologna, con la Sapienza di Roma, con l’Università di Trieste, e con quella di Palermo nonché dell’UNISU di Roma. E’ ispettore per il Ministero dello Sviluppo economico. Già GOA presso il Tribunale di Gorizia, nonché già Giudice Tributario presso la Commissione Regionale dell’Emilia Romagna.