Siamo negli anni ’30, in un campo da baseball. Lou Gehrig era un idolo, un campione e vestiva la maglia dei New York Yankees. All’improvviso si spense, in un attimo, a soli 38 anni. Un uomo forte, apparentemente in salute, capace di giocare 2130 partite consecutivamente. Venne annientato da quella malattia che in un futuro prossimo assunse proprio il nome di morbo di Gehrig.

 

Parliamo della SLA. Ai tempi già diagnosticata, questa patologia ebbe un risalto mediatico impressionante. Con la morte di un simbolo dello sport, medici e opinione pubblica a braccetto, si interessarono al caso.

In America, una forte incidenza di malati di SLA è riconducibile ai giocatori di football, uno degli sport più popolari. Da noi invece, ritroviamo la presenza di questa maledetta malattia in molti calciatori. Secondo un’inchiesta condotta dal pm torinese Raffaele Guariniello, dal 1960 al 2007 sono stati 51 i casi accertati di sclerosi laterale amiotrofica tra i calciatori professionisti di serie A, B e C.

Il calcio piange le sue vittime. Ultimo, l’ex giocatore di Milan e Fiorentina Stefano Borgonovo. Il 5 settembre del 2008 annuncia di essere malato e di non poter più parlare se non con l’ausilio di un sintetizzatore vocale. La notizia fa il giro del calcio italiano. Da quel momento, partì un filone di inchieste che sviscerarono dei dati sconcertati. Prima di affermarsi come calciatore, Borgonovo aveva militato anche nel Como.

 

E’ avvilente l’elenco dei calciatori che sono morti di questa malattia che avevano vestito i colori del club lombardo. Da Canazza a Meroni, passando per Lombardi, Gabbana e Corno. Solo coincidenze? Delle supposizioni sono state fatte. Bisogna fare un salto nei primi del ‘900 quando venne bonificata la zona paludosa del torrente Cosia. Dei barconi, carichi di rifiuti tossici, attraccavano in quella zona nei pressi dello stadio Sinigaglia. Veleni nel sottosuolo? Questo è ancora da accertare, ma l’ipotesi sarebbe quella che i reperti radioattivi usati, abbiano provocato l’impazzimento del motoneurone alla base della SLA.

La verità però sembra essere ancora molto lontana.

Oltre al Como, una strana concentrazione di giocatori malati si è trovata nella Sampdoria del 1958-59, tre morti: Tito Cucchiaroni, Ernst Ocwirk, Guido Vincenzi. Mentre, un caso molto più noto, ha riguardato la scomparsa nel 2002 di Gianluca Signorini, vera bandiera del Genoa.

Da uno studio effettuato, rispetto alla popolazione che non gioca a calcio, la SLA colpisce l’11,5% in più. Non si può far finta di nulla e anche il Dottor Mora in un’intervista rilasciata alla Gazzetta dello Sport ha analizzato la situazione: “Non mi sento di definire la SLA malattia professionale del calcio e se avessi un figlio maschio lo lascerei giocare a pallone. Verosimilmente, però, il football, abbinato ad altri fattori, può scatenare l’ insorgere del morbo.

I fattori? “La predisposizione genetica, quello 0,1 per cento del Dna che differenzia ciascuno di noi; i ripetuti traumi alle gambe; l’ intensa attività agonistica; il venire a contatto con pesticidi e diserbanti usati per mantenere l’ erba dei campi da gioco; l’ abuso di farmaci, in particolare degli antinfiammatori. Ecco, consiglio ai calciatori di non imbottirsi di anti-dolorifici per giocare a tutti i costi, a dispetto dell’acciacco. Non bisogna forzare il corpo, botte e traumi devono essere assorbiti nei dovuti tempi.

I calciatori – sottolinea il Dottor Mora – sviluppano la forma bulbare di SLA, con danni prevalenti al blocco facciale. I centrocampisti corrono più degli altri, prendono colpi in decine di contrasti. Hanno la massa magra più elevata, possono sovraccaricarsi di sforzi prolungati. Purtroppo la SLA prolifera anche nel football americano e stiamo per scandagliare anche il rugby…”.

Dei dati confermano la tesi del Dottor Mora. Riguardo al calcio infatti, su 8 calciatori malati di SLA, ci sono sei centrocampisti, un difensore e un attaccante. Balza all’occhio un fatto, non ci sono portieri e non solo in questo campione esaminato, ma in tutta la storia del calcio.

Nell’occhio del ciclone, come possibile causa, si è fatto riferimento anche al doping, ma una riflessione alquanto diretta tenderebbe a smentire questa ipotesi. Nel mondo del ciclismo (purtroppo) sono innumerevoli i casi registrati di coloro che per aumentare le prestazioni, fanno uso di sostanze illecite. Il dato però è significativo. Non si sono registrati casi di malati di SLA in questa disciplina.

La paura dei calciatori, lo spettro di questa malattia. L’incubo di appendere gli scarpini al chiodo e di uscire dalle scene non passa solo da un semplice ritiro. Il brivido di essere stati “contagiati” e i numeri che non lasciano troppa speranza, hanno destabilizzato l’ambiente.

E questo messaggio, passa anche dalle parole di Stefano Borgonovo rilasciate poco dopo la sua confessione: “Le statistiche fanno impressione. Bisogna farsi delle domande, bisogna capire il perché. Io amo troppo il calcio e mi rifiuto di pensare che la mia è una malattia del calcio. Anzi, se potessi, scenderei in campo, in cortile o all’oratorio e andrei a giocare”.