Il rating di legalità attribuito dall’Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato   (Antitrust ) è un rating etico, che conferisce una patente di merito per la trasparenza e la legalità delle imprese  e che consente una corsia preferenziale per i finanziamenti  pubblici e privati alle imprese sane ed oneste…

 

L’art. 5-ter del  D.L. 24 gennaio 2012 n. 1  (c.d. Decreto “Cresci Italia”), convertito dalla legge 24 marzo 2012  n. 27,  ha introdotto nel nostro sistema giuridico il “rating di legalità”,  uno strumento premiale – promosso dalla Confindustria – diretto a combinare competitività e legalità,  cioè volto ad accrescere la competitività delle imprese  valorizzando quelle  che rispettano determinati livelli di legalità grazie alla correlata organizzazione dell’impresa stessa. 
Il rating di legalità  (nel presente contesto più brevemente rating ) si sostanzia in un attestato che non  ha carattere di obbligatorietà e che  su istanza di parte viene attribuito dall’Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato (AGCM)  sulla base dell’apposito Regolamento, approvato il 14 novembre 2012 (delibera AGCM n. 24075), che ne stabilisce i requisiti per il suo ottenimento (in seguito Regolamento).
L’elenco delle imprese virtuose meritevoli del rating viene pubblicato dall’AGCM sul proprio sito internet, liberamente consultabile, e l’acquisizione dell’attestato ha positive ricadute sull’impresa sotto diversi profili premiali : reputazionale, per la fruizione di agevolazioni della Pubblica Amministrazione e per l’accesso al credito bancario.
Con Decreto di concerto del Ministero dell’Economia e delle Finanze  e del Ministero dello Sviluppo Economico del 20 febbraio 2014, n. 57 (entrato in vigore il successivo  8 aprile ) sono state definite le modalità con le quali si tiene conto del rating in sede di concessione di finanziamenti da parte delle pubbliche  amministrazioni  e nell’accesso al credito bancario.
Il percorso iniziale del rating è stato rallentato per  effetto di interventi del Consiglio di Stato e del Codacons e del ritardo del quadro regolamentare per la premialità dato che il citato Decreto interministeriale MEF-MISE in realtà è intervenuto solo nel febbraio 2014 (mentre l’art.5-ter ne prevedeva  l’emanazione entro 90 giorni).  Il Regolamento del 2012 ha subito inoltre una serie di revisioni, precedute da altrettante consultazioni pubbliche lanciate dall’AGCM  l’ultima della quale  risale all’ottobre  2015 (Bollettino AGCM n. 35 /2015).
Sulle modalità e sui tempi di attuazione ha inciso altresì – al fine di un miglior controllo della legalità – la necessità del coinvolgimento dell’ANAC  (Protocollo di intesa AGCM-ANAC dell’11.12. 2014, che ha sostituito la versione del 25 settembre 2012, per la reciproca cooperazione sulle attività di contrasto alla corruzione negli appalti pubblici e i nuovi criteri per l’attribuzione del rating).
Va anche aggiunto l’iniziale scetticismo degli imprenditori in merito al rapporto costi-benefici per l’ottenimento del rating, dato che ovviamente la compliance ha un costo: si consideri ad es. il costo della realizzazione di un Modello Organizzativo ex D.Lgs. 231/2001.

L’anno 2015 ha però rappresentato un punto di svolta, registrando un trend crescente di richieste del rating. Dall’entrata in vigore del regolamento AGCM  (2 gennaio 2013) fino al 31 dicembre 2014 erano pervenute in totale 549 richieste (con attribuzione di  183 rating) e di queste il 55% da S.r.l. e il 32%  da S.p.A., con un fatturato annuo tra 2 e 50 milioni di euro per l’80% dei richiedenti. Nello  scorso anno sono invece pervenute all’Autorità 1.514 richieste (+ 243%), mentre si sono quintuplicati i casi chiusi dall’AGCM,  passando a 1.382 (+ 450%) con  l’attribuzione di 1.083 rating. Per completezza va aggiunto che anche i dinieghi sono aumentati passando da 6 a 66.
L’impennata delle richieste può essere riferibile sia ad una maggiore informazione sia alle prospettive della  valenza del rating in materia di rapporti con la Pubblica Amministrazione  per appalti e fondi pubblici.

Il rating può essere attribuito alle imprese che:

  • abbiano sede operativa nel territorio dello Stato;
  • abbiano un fatturato minimo di due milioni di euro (sulla base dell’ultimo esercizio chiuso nell’anno precedente alla richiesta del rating) riferito alla singola impresa o al gruppo di appartenenza;
  • alla data della richiesta del rating risultino iscritte da almeno due anni nel registro delle imprese;
  • soddisfino i requisiti sostanziali contemplati  dal Regolamento AGCM.

Una delle critiche mosse al rating, che si ripropone periodicamente, riguarda il limite di due milioni di fatturato per l’accesso. Si assume che politicamente il rating non ha solo la funzione di valorizzare l’etica della gestione imprenditoriale ma dovrebbe rappresentare anche uno strumento  che può assistere imprese in difficoltà nell’accesso al credito.
Secondo Confcommercio imprese per l’Italia e Asseprim (servizi professionali) con questo limite restano escluse dall’accesso al rating oltre 3 milioni di imprese del commercio, del turismo dei trasporti e dei servizi professionali cioè il  97% delle imprese del settore. L’analisi dei dati ufficiali dell’AGCM per il 2014 indica in effetti che circa il il 12% delle richieste non è stato esaminato perché al disotto del fatturato minimo.

Il Regolamento elenca i requisiti che l’impresa deve necessariamente soddisfare per ottenere il rating e che comportano l’attribuzione di un punteggio base di una “stelletta” (art. 2) ; prevede poi ulteriori condizioni il cui verificarsi determina un incremento del  punteggio base fino a raggiungere  un valore massimo di tre “stellette” (art. 3, in cui è indicato il metodo di valutazione ai fini del punteggio).

Consultando il sito  web dell’AGCM si rinvengono dettagliatamente i requisiti sia per la concessione di una “stelletta” sia per il passaggio a “due-tre stellette”.

Per la versione base del rating e il conseguimento di una “stelletta” è richiesta  tra l’altro l’assenza, in capo al titolare o ai vertici dell’azienda, di  procedimenti penali, tributari, relativi a reati ai sensi del D.Lgs. n. 231/2001 sulla responsabilità amministrativa,  nonché l’assenza di comunicazioni antimafia interdittive, di gravi illeciti antitrust o  in materia di diritto del lavoro  o con  riguardo a revoca di finanziamenti pubblici, di sanzioni da parte delle autorità amministrative indipendenti e/o di regolazione (AGCM, ANAC) in capo alla società richiedente. E’ anche richiesto l’utilizzo di strumenti di pagamento tracciabili.
L’impresa deve fornire al riguardo la propria autocertificazione, che potrà essere controllata incrociando i dati in possesso delle pubbliche amministrazioni interessate.

Per ricevere il punteggio ulteriore (due o max. tre “stellette”) il Regolamento (art.3.2) richiede l’attestazione di ulteriori requisiti, quali:

  • rispetto dei protocolli di legalità Confindustria – Ministero dell’Interno;
  • l’utilizzo di sistemi di tracciabilità dei pagamenti in misura superiore a quanto previsto per legge;
  • l’adozione di una funzione,  struttura organizzativa o Modello organizzativo  in  materia di responsabilità amministrativa ai sensi del D.Lgs. 231/2001;
  • l’adozione di processi volti a favorire la Corporate Social Responsibility aziendale;
  • l’iscrizione alle c.d. “White List” presso le Prefetture  qualora si tratti di fornitori, prestatori di lavori o di servizi in settori esposti a rischio di infiltrazione mafiosa (cfr.  art. 11, co. 52-56, legge 190/2012, che  stabilisce  l’istituzione presso le Prefetture di apposita lista dei fornitori, prestatori di servizi ed esecutori non soggetti a tentativi di infiltrazione mafiosa);
  • l’adesione a Protocolli di legalità e/o codici di autoregolamentazione adottati da associazioni di categoria;
  • l’adozione di modelli organizzativi atti a prevenire  e contrastare il rischio di commissione del reato di corruzione.

L’AGCM delibera in ordine all’attribuzione del rating entro sessanta giorni dal ricevimento della richiesta. A tal fine l’Autorità trasmette tempestivamente copia integrale della richiesta al Ministero dell’interno, al Ministero della giustizia e all’ANAC, che possono formulare osservazioni entro trenta giorni; se i Ministeri si avvalgono di questa facoltà, il termine a disposizione dell’Autorità per l’attribuzione del rating è prorogato di trenta giorni.
Una volta adottata la propria delibera, l’Autorità comunica al richiedente l’esito della richiesta. Se positivo l’impresa viene inserita nell’elenco delle imprese con rating pubblicato dall’AGCM nel proprio sito internet. Qualora l’Autorità intenda negare l’attribuzione dell’attestato si svolge invece un contraddittorio con l’interessato. Va precisato che non viene da tutti condivisa l’opportunità di dare pubblicità AGCM all’elenco delle imprese che godono del rating.

Grava sulle imprese che hanno ottenuto il rating l’obbligo, penalmente sanzionabile, di comunicare ogni variazione dei requisiti precedentemente attestati.
Il rating  ha validità biennale e l’impresa  se vuole rinnovarlo trasmette all’AGCM,  nei sessanta giorni  precedenti la scadenza del periodo di validità, un’ autocertificazione che attesti la permanenza di tutti i requisiti.

In sintesi il percorso prevede quindi:

  • invio della richiesta telematica all’AGCM;
  • trasmissione della richiesta dall’AGCM ai Ministeri e all’ANAC per eventuali osservazioni;
  • verifiche da parte dell’AGCM;
  • comunicazione esito della richiesta ed eventuale contraddittorio.

Come già accennato, nel settembre 2015 l’AGCM ha deliberato (provvedimento 25636) di procedere ad  ulteriori modifiche e integrazioni del proprio Regolamento, previa consultazione pubblica lanciata nel mese di ottobre.
Senza esaminare in dettaglio le modifiche proposte, va detto che le stesse non alterano la sostanziale impostazione del Regolamento, ma va segnalata la prevista introduzione  nella procedura di concessione del rating anche della Guardia di Finanza  alla quale, analogamente ai Ministeri e all’ANAC, verrebbe trasmessa copia integrale della richiesta di rating per eventuali osservazioni, attribuendo alla stessa GdF il controllo (a campione) della regolarità fiscale e contributiva delle imprese in possesso del rating.
Il progettato inserimento della GdF nel meccanismo di acquisizione del rating in realtà sembra più che altro voler introdurre una ulteriore  misura di controllo per l’evasione fiscale, avendo tra l’altro riguardo al fatto  che la stessa GdF non farebbe comunque  parte della Commissione consultiva del rating di cui all’art. 5 del Regolamento, comma 3-bis.
Si può osservare che tale misura non appare del  tutto in linea con  l’orientamento sui nuovi rapporti fisco-contribuente con i quali il legislatore sembra aver voluto caratterizzare  i provvedimenti di attuazione della delega fiscale varati lo scorso anno, quali ad es. gli aspetti premiali della c.d. Cooperative compliance  fiscale (cfr. Titolo III, art. 3, D.Lgs. 128/2015 sulla certezza del diritto nei rapporti tra fisco e contribuente).

In relazione anche all’esito dell’ultima  consultazione  il nuovo Regolamento dovrà essere pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale, risultando al momento ancora vigente il disposto del 2012 come modificato in base alla delibera AGCM del dicembre 2014.

Soffermandosi brevemente sui fattori positivi che  il possesso del rating  presenta per le imprese,  l’attestazione  in questione riveste interesse per le  imprese in vista del correlato aspetto reputazionale e quindi dell’immagine sul mercato,  ma soprattutto in funzione dei possibili benefici nei rapporti con la P.A. e con il sistema bancario. Non va però ignorato che questi fattori positivi in determinati momenti possono essere neutralizzati dalle situazioni contingenti, come  il credit crunch bancario  o la carenza di risorse della P.A.

Il D.M. interministeriale del  20 febbraio 2014 prevede varie modalità per tener conto del rating in sede di concessione dei finanziamenti da parte della pubblica amministrazione, in particolare per i sistemi di premialità: preferenze nelle graduatorie, acquisizione di un punteggio maggiore, riserva di quota delle risorse finanziarie allocate.

Vi sono in proposito molti esempi a livello sia dell’Amministrazione Centrale sia  degli Enti locali: da parte del MISE il bando “Disegni + 3”, del 2015, gestito da Unioncamere, con fondi per 4,7 milioni di euro, destinati alle PMI per la valorizzazione di disegni e modelli industriali,  ove è prevista una riserva del 5% delle risorse finanziarie a favore delle imprese con rating di legalità; il bando  “Marchi + 2” per favorire l’estensione all’estero dei marchi delle PMI, con una analoga riserva di premialità del 5% sui fondi di euro 2,8 milioni.  Oppure la maggiorazione del 5% del contributo prevista dalla legge Regionale Emilia Romagna n. 11/2010 sulla legalità e semplificazione nell’edilizia pubblica e privata o anche il Bando ISI 2015 dell’INAIL per i progetti finalizzati al miglioramento delle condizioni di salute e sicurezza dei lavoratori, che in  caso di parità di punteggio prevede la preferenza ai richiedenti dotati di rating di legalità.

Una più articolata disamina richiede l’intervento premiale degli istituti di credito in presenza del rating di legalità della clientela. Il tema  è stato oggetto all’inizio del 2015  di un confronto tra Confindustria e ABI: quest’ultima fin dall’introduzione del rating ha sempre decisamente sostenuto che il giudizio di meritevolezza del credito resta di esclusiva competenza della banca.
In base al D.M. 2014 le banche dovrebbero tener conto del rating di legalità in sede di istruttoria  ai fini della riduzione dei tempi e dei costi dei finanziamenti nonché  tra le variabili per la valutazione dell’accesso al credito e per la determinazione delle condizioni di erogazione del credito  stesso.
In forza della stessa normativa, “gli istituti di credito che omettono di tener conto del rating attribuito, in sede di concessione dei finanziamenti alle imprese, sono tenuti a trasmettere alla Banca d’Italia una dettagliata relazione sulle ragioni della decisione assunta”.

La prima relazione tematica del genere doveva intervenire già entro aprile 2014, ma data la vicinanza temporale con il D.M., entrato in vigore solo l’8 aprile 2014, e non essendovi ancora istruzioni della Banca d’Italia il termine di fatto è stato rinviato al 2015. Nel maggio dello scorso anno  la Banca d’Italia ha inviato alle  banche un questionario di indagine sull’utilizzo del rating nel 2014, richiedendone la restituzione via piattaforma infostat entro giugno 2015.
I primi risultati dell’indagine della Banca d’Italia sono stati pubblicati nel gennaio 2016 e riguardano l’anno 2014, nel corso del quale le domande di finanziamento da parte di imprese munite del rating  di legalità sono state 160 delle quali 153 accolte. Il rating di legalità nel 66% dei casi ha determinato benefici sotto  forma di  migliori condizioni economiche per la concessione dei finanziamenti, riduzione dei tempi o dei costi di istruttoria.

Volendo approfondire l’atteggiamento del sistema bancario in rapporto al rating di legalità va considerato che i dati della Banca d’Italia sono dati aggregati utili essenzialmente a fini statistici. Peraltro se le banche non ottemperano  – sia per mancato invio delle Relazioni sia per carenza delle informazioni – la Banca d’Italia,  proprio in ragione della esclusiva competenza degli  istituti di credito sul giudizio di meritevolezza della clientela, non ha un potere di enforcement che possa avere effetti reputazionali diretti sulle  banche, quale ad esempio quello che la Banca d’Italia adotta invece in caso di inadempimento delle decisioni dei Collegi dell’Arbitro Bancario Finanziario.

Per quanto riguarda le informazioni alla clientela sulla valenza del rating di legalità in funzione dell’accesso al credito, si constata che  l’informativa reperibile presso le singole banche, in specie  sul web, fornisce riscontri relativamente ridotti sia sulla considerazione del possesso del rating di legalità e le relative ricadute sulla posizione della banca sia sui contenuti della Relazione, anche perché per quest’ultima non è prescritto un format particolare.
Nelle Relazioni reperibili prevalgono il più delle volte formule generiche indicanti che il tema dei benefici del rating non è stato considerato in assenza di richiedenti che fossero iscritti  nell’elenco AGCM oppure che non si sono verificati casi il cui rating non abbia  influito sui tempi o sui costi dei finanziamenti.

La disciplina del rating non ha ancora trovato il definitivo assetto, in quanto dovrà essere coordinata in particolare con le nuove norme in materia di appalti.
Con la legge 28  gennaio 2016 n. 11 è stata data al Governo la delega per adottare entro il 18 aprile 2016 un Decreto legislativo per il recepimento delle Direttive Europee (nn. 23, 24 e 25 del 2015) sull’aggiudicazione dei contratti di concessione, sugli appalti pubblici e sulle procedure d’appalto degli enti erogatori nei settori dell’acqua, energia, trasporti e servizi postali nonché per il riordino della disciplina vigente in materia di contratti pubblici relativi a lavori, servizi e forniture.
L’art. 1 lett. uu della legge prevede che con apposita determinazione dell’ANAC vengano introdotte misure di premialità connesse a ”criteri reputazionali basati su parametri oggettivi e misurabili e su accertamenti definitivi concernenti il rispetto dei tempi e dei costi nell’esecuzione dei contatti e la gestione dei contenziosi nonché assicurando gli opportuni raccordi con la normativa vigente in materia di rating di legalità”.
Nella riunione del 3 marzo u.s. lo schema di decreto delegato è già stato esaminato dal Consiglio dei Ministri e inviato al Parlamento per  il parere delle Commissioni competenti.