Gli episodi corruttivi nel settore privato all’interno di uno Stato membro della UE non rappresentano solo un illecito interno, ma hanno anche una ricaduta transnazionale  per le implicazioni distorsive della concorrenza nell’acquisizione di beni e servizi e per l’incidenza sullo sviluppo economico in ambito europeo.
Molti sono i fattori che incrementano il rischio di attività corruttive tra privati e tra questi concorrono anche il decentramento delle fasi della produzione e il ricorso all’impiego dell’outsourcing da parte delle imprese.

La Commissione europea ha avviato,  in particolare da giugno 2011, un complesso di interventi mirati alla lotta alla corruzione nell’UE, che hanno poi portato nel nostro ordinamento, come in seguito illustrato, alla sanzione  delle condotte corruttive nel settore privato.

Tra detti interventi:
1).Comunicazione del 6 giugno 2011 (Com. 2011/ 308) indirizzata al Parlamento, al Consiglio e al Comitato Economico Sociale Europeo,  per  delineare gli obiettivi e gli aspetti pratici della Relazione anticorruzione, pubblicata con cadenza biennale a partire dal 2013,  sulla scorta dei meccanismi di monitoraggio esistenti (del Consiglio d’Europa, dell’OCSE e delle Nazioni Unite), nonché del parere di esperti indipendenti, delle parti interessate e della società civile.
2). Decisione del 28 settembre 2011 (2011/C – 286/03) che stabilisce il meccanismo di relazione anticorruzione dell’Unione europea ed istituisce e disciplina un gruppo di esperti in materia.
3). Relazione  del 6 giugno 2011 (Com. 2011/309) al Parlamento e al Consiglio sull’attuazione della Decisione Quadro 2003/568/GAI relativa alla lotta alla corruzione nel settore privato. La Decisione Quadro ha abrogato la Decisione 98/742/GAI con la quale è stata data attuazione ai principi del Titolo IV del Trattato sull’Unione Europea.
La Decisione 2003/568/GAI (su proposta della Danimarca) stabilisce il principio generale secondo il quale devono costituire illeciti penali all’interno dell’Unione Europea e devono essere sanzionati con pene effettive, proporzionate e dissuasive, i comportamenti di corruzione attiva e passiva nel settore privato, sanzionabili  non solo per le persone fisiche ma  anche per le persone giuridiche private quando gli illeciti sono commessi a loro beneficio da qualsiasi persona che agisca individualmente o in quanto parte di un organo della persona giuridica.
Nella Decisione è rilevante  la disposizione contenuta nell’art. 2,  che definisce come illecito penale le condotte di corruzione attiva e passiva allorché sono compiute nell’ambito di attività professionali. L’articolo 2, paragrafo 1, riguarda le  attività professionali svolte nell’ambito di entità sia a scopo di lucro che senza scopo di lucro.
4). Relazione (Com. 2011/307) sulle modalità di partecipazione dell’Unione Europea in seno al Gruppo di Stati del Consiglio d’Europa contro la corruzione (GRECO  – Group of States against Corruption; l’Italia ne fa parte dal 2007). Va anche ricordato il G-20 Anticorruption working Group costituito in ambito OCSE.
5).  Nel febbraio 2014  la Commissione (Com. 2014/38) ha pubblicato la prima Relazione sulla lotta alla corruzione nell’Unione Europea, che esamina il fenomeno della corruzione (stimata in 120 miliardi di euro) nei 28 Stati membri ed illustra le misure anticorruzione esistenti, la loro efficacia ed alcune principali tendenze.
La Relazione ha evidenziato la insufficienza della repressione in sede penale della corruzione, non risultando la Decisione Quadro 2003/568/GAI recepita in modo omogeneo, con particolare riferimento alle disposizioni che qualificano come reato tutti gli elementi della corruzione attiva e passiva e alle disposizioni  sulla responsabilità delle persone giuridiche.
Per quanto riguarda l’Italia è stato  tra l’altro riportato il dato, registrato dalla Corte dei Conti, che quantifica in 60 miliardi di euro l’anno i costi diretti totali della corruzione. Si tratta peraltro di un dato stimato sul quale il Presidente dell’ANAC, Raffaele Cantone, ha più volte manifestato perplessità e per il quale la stessa ANAC vorrebbe  effettuare adeguate misurazioni in combinazione con l’ISTAT.
6). La Commissione nel dicembre 2015 ha avviato nei confronti dell’Italia la procedura EU-Pilot n. 8175/15/Home per omessa comunicazione delle misure nazionali di recepimento della Decisione GAI, prospettando l’apertura di una procedura di infrazione  a norma dell’art. 258 del Trattato UE.

Nel nostro ordinamento la corruzione tra privati non è disciplinata dal codice penale ma da disposizioni di diritto penale contenute nel codice civile (art. 2635). Il D.Lgs. 11 aprile 2002 n. 61  sulla riforma dei reati societari ha introdotto la fattispecie di “Infedeltà a seguito di dazione o promessa di utilità”, sancendo nel nostro ordinamento la rilevanza penale della corruzione tra privati ma limitatamente all’ambito societario. In argomento é poi intervenuta la riforma della cosidetta  Legge Severino (L. 190/2012) proprio per adempiere agli obblighi internazionali in materia (Convenzioni  di Merida del 2003 e di Strasburgo del 1999, oltre alla decisione GAI).

Il Governo italiano, nel marzo 2016, richiamandosi alla legge 190/2012 (c.d. Legge Severino) e rappresentando alla Commissione che il reato di corruzione tra privati è disciplinato dall’art. 2635 del codice civile,  riconosceva  però l’esistenza di alcuni profili di non conformità della normativa interna alle diposizioni della Decisione 2003/568/GAI, in quanto  non sarebbe contemplata dal decreto legislativo n. 231/2001 la responsabilità delle persone giuridiche in rapporto alla corruzione attiva e passiva. La legge 190/2012 ha  inserito la fattispecie di cui all’art. 2635 Cod. civ. nel catalogo dei reati presupposto della responsabilità amministrativa ai sensi del D.Lgs. 231/2001.

Il GRECO a sua volta  nel Rapporto “Third evolution round: Second compliance Report on Italy” del 5 dicembre 2016 evidenziava come l’Italia risultasse ancora parzialmente inadempiente.

L’insufficienza delle misure prese, malgrado i miglioramenti intervenuti dal 2012,  veniva anche ulteriormente attestata  nel gennaio 2017 da altre due analisi :

  • il “Fourth evaluation report” del GRECO  circa la “Prevenzione della corruzione nei confronti del Parlamento, dei giudici e dei pubblici ministeri”;
  • il Corruption Perception Index (CPI) 2016  – indicatore statistico, pubblicato annualmente, da Trasparency International e uno degli indici di percezione più usati al mondo –  che malgrado il miglioramento rispetto al  posizionamento al 72mo  posto nel 2011,  classificava  l’Italia ancora al 60mo posto su 176 Paesi, cioè terz’ultima nella UE davanti a Grecia e Bulgaria.

II) – Onde evitare la preannunciata  procedura di infrazione e fornire risposte all’opinione pubblica e all’Europa,  il Governo con la legge 12 agosto 2016 n. 170 (Legge di delegazione europea 2015)  è stato  delegato  (art. 19) a dare attuazione  alla decisione quadro GAI 2003/568.  Nella riunione del 14 dicembre 2016, il Consiglio dei Ministri ha approvato il relativo schema di disegno di legge  che, dopo il parere delle Commissioni Parlamentari, è divenuto  il D.Lgs. 17 marzo 2017, n. 38 (Attuazione della decisione quadro 2003/568/GAI del Consiglio, del 22 luglio 2003, relativa alla lotta contro la corruzione nel settore privato, in  G.U. 30 marzo 2017, n. 75), entrato in vigore il 14 aprile 2017, del quale  vengono di seguito richiamate le disposizioni essenziali.

Se è vero che l’attuazione definitiva della Decisione GAI avviene dopo 14 anni, va tuttavia segnalato che nel periodo intermedio il tema è stato inserito in vari progetti di legge senza che ne fosse  concluso l’iter legislativo.

La scelta di operare  nella materia della corruzione tra privati modificando il codice civile anziché inserire il reato nel codice penale, discende dalla necessità di rispettare il criterio contenuto nella delega (art. 19, comma 1, lett. a), che ha previsto di intervenire tenendo conto delle disposizioni incriminatrici già esistenti.

La dizione corruzione tra privati  va correttamente intesa, in quanto i privati interessati sono solo quelli che operano nell’ ambito societario.

Mentre l’attuale art. 2635 Cod. civ.  circoscrive le ipotesi corruttive passive ed attive al solo ambito societario, la versione novellata della disposizione  – in conformità alla delega e alla Decisione Quadro – ne prevede l’estensione anche ad altri enti privati, rendendo quindi necessario l’adeguamento della rubrica del Titolo XI del Libro V del Codice civile, che diviene “Disposizioni penali in materia di società, consorzi ed altri enti privati”. 

Per quanto riguarda i soggetti attivi del reato ne viene estesa la platea a intermediari e a chi esercita funzioni direttive di qualsiasi tipo: sono stabiliti  distinti profili di attribuzione della responsabilità, a seconda della categoria di appartenenza, di vertici e organi di gestione o controllo (art. 2635, comma 1) oppure di sottoposti alla direzione o alla vigilanza dei primi (art. 2635, comma 2). Oltre ai soggetti in posizione apicale, già elencati nel previgente art. 2635 (amministratori, direttori generali, dirigenti preposti alla redazione dei documenti contabili societari, sindaci e liquidatori), possono essere responsabili anche coloro che, nella società o ente, esercitano funzioni direttive diverse da quelle di amministrazione e controllo.

Il soggetto corrotto deve rivestire una delle anzidette qualifiche nell’ambito dell’ente,   ma chiunque può essere corruttore sia esso estraneo come pure intraneo all’ente.

Per quanto concerne le condotte costituenti reato, oltre  alla ricezione e accettazione della promessa,  si ha  l’introduzione di una specifica fattispecie di corruzione passiva, che si realizza con la sollecitazione, da parte dell’intraneo all’ente, della dazione di denaro o altra utilità;
-è introdotto, come detto,  il riferimento espresso all’intermediario (l’interposta persona) per il cui tramite sia sollecitato  o ricevuto l’indebito vantaggio. La commissione per interposta persona determina ai sensi dell’art. 110 del Codice penale anche la responsabilità dell’intermediario.

  • il reato si perfeziona con la mera sollecitazione, ricezione o accettazione della promessa di denaro o altra utilità, finalizzate al compimento od omissione di un atto in violazione degli obblighi di ufficio o di fedeltà. Si tralascia in questa sede l’approfondimento di diverse posizioni dottrinarie circa l’esatta portata delle espressioni violazione degli obblighi inerenti all’ufficio e agli obblighi di fedeltà;
  • la sola condotta si pone già come lesione del bene giuridico protetto e non si configura quindi un reato di evento.

L’articolo 4 del D.Lgs.  38/2017  prevede come autonoma incriminazione, inserita attraverso l’art. 2635-bis, la nuova fattispecie penale di istigazione alla corruzione tra privati, in linea con quanto indicato dall’art. 3 della Decisione Quadro GAI.
Due sono le fattispecie di istigazione: attiva e passiva, che  corrispondono alle condotte corruttive di cui all’art. 2635, cod. civ., primo e terzo comma.
L’istigazione attiva (art. 2635-bis, primo comma) riguarda colui  che, con la finalità della violazione dei doveri di ufficio o di fedeltà, offre o promette denaro o altra utilità indebita alle stesse categorie di soggetti operanti in società e enti privati di cui all’art. 2635 Cod. civ. (amministratori, direttori generali, dirigenti preposti alla redazione dei documenti contabili societari, sindaci, liquidatori o altri soggetti con funzioni direttive), qualora l’offerta o la promessa non sia accettata. La pena è quella della reclusione di cui all’art. 2635 Cod. civ. ridotta di un terzo, cioè la reclusione da 8 mesi a due anni 
Analogamente, il secondo comma dell’art. 2635-bis (istigazione passiva) punisce con la stessa pena le indicate categorie di soggetti della società o dell’ente privato che, con la finalità di dette  condotte illecite, effettuano la sollecitazione  per sè o per altri, anche per interposta persona, qualora la sollecitazione stessa non sia accettata.

La procedibilità è a querela, salvo il caso previsto dall’art. 2635, comma 5, ove dal fatto derivi una distorsione della concorrenza nell’ acquisizione di beni o servizi.
Il Decreto legislativo lascia invariate le pene edittali stabilite  per il delitto di “Corruzione tra privati” ma  sancisce  (art. 2635-ter Cod. civ.) , sia per la corruzione attiva e passiva tra privati sia per l’istigazione alla corruzione,  l’applicazione obbligatoria della pena accessoria della “interdizione temporanea dagli uffici direttivi delle persone giuridiche e delle imprese di cui all’art. 32bis del codice penale”.

L’articolo 6 del Decreto 38/2017 concerne la responsabilità delle persone giuridiche in relazione alla corruzione e all’istigazione alla corruzione nel settore privato. Vengono inasprite le sanzioni relative alla responsabilità degli Enti previste dal D.Lgs. 231/2001.
La disposizione – riformulando la lettera s-bis del comma 1 dell’art. 25-ter del D.Lgs.231/2001 –  aumenta le sanzioni pecuniarie a carico dell’ente previste per la corruzione attiva tra privati (di cui all’art. 2635, terzo comma): la sanzione è fissata da 400 e 600 quote (in precedenza  da 200 e 400 quote);  per l’istigazione attiva alla corruzione tra privati (art. 2635-bis, primo comma) viene stabilita la sanzione pecuniaria da 200 a 400 quote.
Va ricordato in proposito  che le sanzioni pecuniarie del Decreto 231 vengono applicate per quote, determinando  il valore monetario di ciascuna quota ragguagliandola alle condizioni economiche dell’ente e poi fissando il numero delle quote a seconda della gravità del fatto, del grado di responsabilità dell’ente e dell’attività per eliminare o ridurre le conseguenze dell’illecito.

In entrambe le ipotesi  sopra riportate si prevede altresì l’applicazione delle sanzioni interdittive di cui all’art. 9, comma 2, del D. Lgs. 231 ovvero:
l’interdizione dall’esercizio dell’attività; la sospensione o la revoca delle autorizzazioni, licenze o concessioni funzionali alla commissione dell’illecito; il divieto di contrattare con la pubblica amministrazione, salvo che per ottenere le prestazioni di un pubblico servizio; l’esclusione da agevolazioni, finanziamenti, contributi o sussidi e l’eventuale revoca di quelli già concessi; il divieto di pubblicizzare beni o servizi.

Lucio Maria Brunozzi , 26 giugno 2017