A livello burocratico siamo una persona di sesso x, di anni x, di nazionalità x, e che fino alla prossima scadenza del documento in questioni non dovremmo avere dei problemi.
Veniamo registrati dal momento della nostra nascita, sia in un registro civile del paese natio, sia su un registro religioso se la famiglia di provenienza pratica una religione.

Ma, dopo, nella realtà chi siamo veramente? La vecchia domanda filosofica: chi siamo? da dove veniamo? e dove andiamo? negli anni ha subito una trasformazione d’accordo ai tempi.

Quello che un tempo bastava e avanzava per avere una semi identità da piccoli, appunto iscrizione al registro civile ed alla parrocchia di appartenenza, oggi non è più sufficiente.

L’innovazione tecnologica ha accelerato i tempi in molti sensi. Alla epoca del Medio Evo, una vita nella maggior parte dei casi era prima di tutto di non grande durata, al massimo di 45 negli uomini, e per le donne dipendeva molto dal numero di figli. Infatti, molte donne morivano di parto prima di compiere 21 anni avendo dato alla luce almeno 3 bambini.

Un altro cambio derivato dall’innovazione tecnologica è la possibilità di viaggiare da una parte  all’altra del mondo non solo in pochissimo tempo, ma anche economicamente accessibile a molti.

Se a questi pochi ma importanti fatti aggiungiamo l’utilizzo delle immagini a livello globale  e la possibilità di poter comunicare in tempi velocissimi e senza grandi problemi in qualsiasi parte del mondo, abbiamo più o meno un quadro della situazione.

Ognuno di noi è formato da mille esperienze, ricordi, emozioni, cultura, che formano e ci danno la nostra identità. Si è sempre detto che New York è la città più cosmopolita del mondo, dove quando sali su un taxi non sai mai se avrai davanti a te un Portoricano, un Russo, o un Ebreo.

Oramai, questo può essere applicato a tantissimi paesi, a livello europeo e mondiale.

Le immigrazioni periodiche che ci sono state dall’Europa al Nuovo Mondo per diverse ragioni, un dopo guerra, una carestia, etc. si sono anche viste verso paesi come la Nuova Zelanda, o l’Australia alla ricerca del raggiungimento di una posizione lavorativa migliore. O la fuoriuscita dal Sudamerica per motivi politici verso la vecchia Europa con una migrazione di ritorno dopo una ventina d’anni, è un altro fattore che ha aiutato a cambiare l’identità di tantissime persone.

Conservare le proprie radici non è una impresa facile! Bisogna avere un grande equilibrio per accettare il cambiamento e respirare il nuovo senza diventare nostalgico per quello che si conosceva  ed al quali si apparteneva naturalmente.

Il concetto di melting pot in positivo, va molto più in là da riconoscere un sushi da una parmigiana o un ceviche da un bollito, influenza anche la forma di approcciare l’altro, la forma di comunicare con l’altro, l’apertura mentale per essere disposto a conoscere e tollerare diverse forme di fare di quella che a te appare giusta, perché è quella per te più conosciuta.

Vivere in una parte del mondo condiziona anche la tua vita quotidiana. Il contesto geologico, socioeconomico conforma anche direttamente la tua vita, perché devi adeguarti ed essere sufficientemente flessibile per poter andare allo stesso ritmo della maggioranza. E’ inutile, per esempio, continuare a mangiare alla ora che facevi prima. Un dettaglio così piccolo ma così importante per vivere in una comunità.

E qui, notiamo subito un altro cambiamento della globalizzazione. Gli orari di apertura e chiusura degli uffici non sono così definiti come prima. Si può tranquillamente trovare una banca aperta il sabato mattina in molti paesi del mondo, o alla occorrenza non dovendo andare quasi mai fisicamente alla tua banca, puoi usufruire dei suoi servizi a qualsiasi ora del giorno e della notte ovunque tu sia.

Dunque, chi siamo in realtà? Siamo quella immagine con la quale veniamo identificati nei social network, o siamo quelli che conoscono i nostri amici, o siamo quelli che più intimamente ci ritroviamo quando ci svegliamo la mattina e ci guardiamo allo specchio?

Siamo tutto quanto insieme, ed oramai le definizioni accademiche o le definizioni troppo specifiche rimangono strette per definire l’identità di una persona.

Una volta, si andava a scuola, dopo al liceo, alla università e si acquisiva una prima definizione sociale. Si veniva chiamato dottore, o ingegnere, o quello che fosse e si andava in giro per il mondo carico di un pacchetto di biglietti da visita ed era assolutamente obbligatorio esserne munito se volevi vivere in un ambiente lavorativo.

Una volta nati i social network poco a poco i biglietti da visita sono cominciati a diminuire, ancora ce ne sono, ma nessuno si sorprende più se non ne hai uno con te. Si sono cominciati a vedere in giro i biglietti da visita con delle definizioni di categorie lavorative totalmente nuove, di nuove professioni e nuovi incarichi. Vanno dal wedding planner, oramai accettati da tutti, al “aggiusto giardini per passione” “cuoca a domicilio”, “luxury sales manager”, “social media manager”, “barlady”, “user experience design”, “deep learning”, “app developer”, “millennial generational expert”, “medico high tech”,  a vattelapesca…

Perché precisamente per tutta la serie di motivi che abbiamo elencati sommariamente e poco dettagliatamente prima, le persone vivono in forma molto più caotica. Cambiano città, cambiano lingua, cambiano abitudini, cambiamo professione, cambiano coniuge, cambiano passaporto, e si trasformano, portando con sé tutto il loro bagaglio.

A me sembra una delle meraviglie dei nostri tempi!

La possibilità di iniziare da capo in un contesto sociale nuovo mi sembra una incredibile opportunità per tutti. E non dovrebbe essere negata a nessuno.

E’ evidente che per i giovanissimi è estremamente facile e naturale, il fatto è che ora anche per i non più giovani, con un po’ di immaginazione, un po’ di ricerca e un po’ di temeraria volontà di rischiare, si può fare!

In altre parole, la nostra identità venne costruita, mattone per mattone, giorno per giorno, e non dipende da un titolo o da un biglietto da visita.

Dipende da quello che vogliamo essere, da quello che vogliamo fare e da come vogliamo presentarci agli altri…