Scrive Otto Scharmer: “Il valore totale delle operazioni a livello mondiale nel 2010 è stato di 1.5 milioni di miliardi di USD mentre il valore totale del commercio internazionale è stato di solo 20.000 miliardi di USD, vale a dire meno del 1,4% confrontato con le operazioni in valuta. Il professore di Sviluppo economico alla Stanford University e direttore del CIC di Hong Kong, Lawrence Lau, dice: La stragrande maggioranza delle transizioni in valuta sono quindi puramente speculative …”

Non ho dati più aggiornati, ma indubbiamente dal 2010 ad oggi il divario tra ciò che emerge e ciò che è concreto è aumentato, non diminuito.

Infuria, in questi giorni, la polemica su un curriculum che riporta come importanti momenti di formazione ciò che è probabilmente stata una brevissima permanenza dentro, o accanto, qualche prestigioso ateneo. Eppure simili modalità di costruzione del curriculum non sono, almeno in Italia, solo normali, ma praticamente obbligatorie: nelle più normali presentazioni professionali è imperativo essere manager, avere master, essere multitasking all’estremo, e, come si richiede, avere 25 anni, una quindicina d’anni di esperienza e aver conseguito titoli prestigiosi in Italia e all’estero.

Se guardiamo FB, o leggiamo i messaggi o ascoltiamo le conversazioni su un mezzo pubblico, veniamo travolti da ondate di emotività e sommersi da infinite emozioni.

Eppure prestigiose Case editrici stanno pubblicando bellissimi libri (e giochi) per lo sviluppo delle capacità emozionali nei bambini a seguito di serissimi allarmi lanciati da pedagogisti e psicologi. Le emozioni dilaganti sono la base dell’iceberg che emerge, mascherando la pochezza, sommersa, di profondità e di diversità.

Non possiamo, a mio avviso, definirci una società in cui l’apparenza vale più della sostanza: siamo andati ben oltre, e il dilemma tra avere o essere che ha riempito parte della mia adolescenza è sicuramente stato accantonato.

Non ci limitiamo più a far apparire più di quanto sia o di abbellire la realtà, ma costruiamo la realtà su quanto siamo in grado di mostrare. La mia casella di posta si riempie, ogni giorno, con proposte di prestiti (che potrebbero solo far peggiorare la situazione del mio conto in banca) e con promesse di attività che mi permettono di guadagnare cifre stratosferiche in tempi brevissimi e senza alcuna preparazione specifica. Io conoscevo solo la vincita al superenalotto e la rapina in banca, ma pare che ci siano altri sistemi in grado di ottenere questi risultati.

Le società non sono nuove a queste mutazioni: basta pensare ai titoli nobiliari, nati come riconoscimento di ricchezza e benefici apportati al regno, e diventati in molti casi, mano a mano, emblemi di povertà in tutti i sensi a simboleggiare il declino della stessa società che li aveva creati.

Le società cambiano e la nostra è fluida. Non possiamo sapere se riusciremo a riportare in posizione l’iceberg, recuperando le leggi della fisica e del vivere civile, o se la fragile punta dell’iceberg che sostiene l’apparenza si scioglierà con riscaldamento globale o se una glaciazione improvvisa ci obbligherà a risolvere il conflitto, e l’età mi porta a credere che non vedrò come va a finire la storia.

Sono, però, felice di continuare a cercare gli iceberg apparentemente più piccini sperando che abbiano mantenuto il tradizionale 90% al di sotto della superficie.