Caro Babbo Natale,

ti scrivo per informarti come vanno le cose quaggiù e chiederti un regalo per il futuro.

      Sai bene che il motore che fa girare il mondo è la competizione tra le potenze economiche. Oggi però ciò avviene in uno scenario di incontrollata crescita demografica (siamo poco meno di otto miliardi di individui distribuiti in massima parte sulla litosfera) e con un capitalismo (in senso lato) che preferibilmente fa profitti mediante la speculazione finanziaria anziché con gli investimenti nell’economia reale (“fa soldi con i soldi”).

      Devi sapere però che il mantenimento dei rapporti di forza e la conquista di labili supremazie sono ottenute sfruttando le risorse (limitate) del pianeta e il capitale umano. E sappiamo bene che le società quanto più sono strutturate tanto più hanno un impatto sull’ambiente. Ti sarai accorto come l’immissione in atmosfera di gas serra, dall’inizio dell’era industriale, stia provocando un innaturale aumento della temperatura media che comporterà sicuramente modifiche irreversibili a tutte le circolarità naturali che ne hanno finora controllato l’omeostasi. Inoltre, la contaminazione del globo con rifiuti ed inquinanti sta causando danni alla salute umana e l’estinzione di molte specie viventi.

      So che sei sensibile alle sofferenze dei bambini: esistono Paesi ricchi di risorse primarie (petrolio, metano, metalli, ecc.) ma economicamente poveri a causa della permanente conflittualità interna tra gruppi afferenti alle diverse potenze impegnate nella corsa al controllo di tali risorse. I bambini sono le vittime innocenti di tale situazione. Ciò, assieme ai cambiamenti climatici, sta generando flussi migratori umani verso società più tranquille e benestanti.

      Ma, come sai, le potenze economiche non possono dirsi società di compiuta democrazia in grado di assicurare un’equa distribuzione della ricchezza e la piena salvaguardia dei diritti. Anzi si assiste ad un incremento continuo delle disparità tra ricchi e poveri, con la parte più debole del ceto medio già entrata tra gli “ultimi” e la rimanente parte in tensione da “frustrazione della piccola borghesia”, come la definiscono i sociologi. In tale contesto, l’automazione del lavoro mediante la robotica, nel bilancio tra creazione di nuovi mestieri ed aumento della disoccupazione/precarietà, ha, al momento, favorito queste ultime.

      La crescita della povertà ha paradossalmente riportato le esigenze umane a quelle che Maslow indicava come “esigenze biologiche e fisiologiche” e “bisogno di sicurezza”. Ciò, naturalmente, a discapito delle esigenze conoscitive e di autorealizzazione. Queste ultime, oggi, sono spesso realizzate (anche con un senso di diffidenza per tutte le autorità costituite) sostenendo, col supporto del web, i negazionismi scientifici (clima, vaccini, evoluzionismo) e storici (le pulizie etniche) ed abbracciando i vari fanatismi (religiosi, ideologici ed etnici). Nel casi peggiori, si è preda delle dipendenze (droghe, alcol, gioco).

      La competizione per i beni di prima necessità tra le nuove sacche di povertà e i profughi economici o di guerra, oltre che favorire l’azione del “caporalato” criminale, genera una nuova conflittualità che porta anche il segno delle “diversità” morfologiche, religiose e di costume. Ed è per questo che, sempre più diffusamente, le politiche governative, in un mondo di fatto globalizzato, ricercano il consenso attraverso promesse populistiche nella forma di “sovranismo” se non di “nazionalismo” o, perfino, di “identità etnica”.

      In questo quadro, caro Babbo Natale, non possiamo tralasciare il ruolo delle mafie mondiali che, oltre a monopolizzare i business proibiti (droghe, schiavitù) e non (vedi le infiltrazioni nello smaltimento dei rifiuti e nelle infrastrutture), agiscono da catalizzatori dei processi che avvengono nelle “aree grigie” degli affari di talune industrie e dello Stato (armi, rifiuti tossici, controllo del territorio).

      Allora, tu dirai che siamo ancora all’homo homini lupus? No, peggio: l’Uomo sta mettendo in serio pericolo tutta la biosfera.

      Ora ti spiego perché ti scrivo da questa rivista: è in questi momenti riflessione che mi torna in mente lo spirito rivoluzionario di Adriano Olivetti e quel bellissimo esempio di “comunità” partita da Ivrea nei primi anni ’50. Intellettuali, manager, maestranze uniti sinergicamente nell’attuazione della missione aziendale e nel creare le condizioni per il benessere e la felicità collettiva. Sai bene che alla base del buon funzionamento di una organizzazione complessa c’è la condivisione di una visione e la “cooperazione” ad ogni livello. Adriano Olivetti, con una visione olistica dell’impresa, seppe far “emergere” la cooperazione attraverso l’innovazione, stimolando i talenti creativi, dando importanza agli ambienti di lavoro, al welfare sociale e portando avanti una filosofia aziendale orientata al benessere della persona attraverso l’arte e la cultura, spesso reinvestendo a tali fini i profitti aziendali. Senza dubbio, oltre ai risultati produttivi, alla base di questa scelta manageriale vi erano rispetto ed empatia per dipendenti e collaboratori.

      Rispetto ed empatia sono gli ingredienti base della “solidarietà”, attitudine che si riduce sempre di più, ad ogni livello sociale ed istituzionale, in primis nelle politiche dei vari governi. È un ricordo lontano l’idea di solidarietà che emergeva in noi ventenni degli anni ’70 nella singolare sintesi tra Marx, Marcuse, Russeau, Russel, Guevara, Bob Dylan, Giovanni Franzoni, Don Milani, ecc..

      Allora, caro Babbo Natale, per il bene delle prossime generazioni, ti prego di regalarci per il futuro tanto rispetto e tanta empatia per i nostri simili, per gli altri esseri viventi e per il pianeta che ci ospita, fiducioso di trovarmi in sintonia con i responsabili, i collaboratori e i lettori del Caos Management.