Cara vecchia professionalità dove sei finita?

 

 

Non intendo solo e semplicemente la capacità di svolgere la propria attività con competenza ed efficienza, come recitano i sacri testi. Intendo quell’insieme di sapere, di empatia, di servizio verso il prossimo, di interesse verso quello che si fa, di passione.

Professionalità, dove sei finita?

Viviamo in un mondo sempre più liquido, standard e spersonalizzato e la professionalità è stata spesso sostituita dalla superficialità, dall’ignoranza e dall’apatia.

 

  1. Sono entrato in un negozio che vende tessuti ed ho chiesto al commesso di indicarmi il materiale con il quale era realizzata una tenda: risultato non me lo ha saputo indicare

  2. Sono andato da un patronato per avere informazioni dettagliate sulla riforma pensionistica. Risultato: non mi hanno fornito alcuna informazione aggiuntiva rispetto a quelle che già conoscevo e che sono disponibili sugli organi di stampa o su internet

  3. Ho interpellato un operatore finanziario per conoscere opportunità di investimento. Risultato: ha cercato di vendermi i suoi prodotti senza valutare adeguatamente le mie esigenze e senza aggiungere alcun valore aggiunto a quanto già era nelle mie conoscenze

  4. Sono stato in uffici pubblici per varie incombenze. Risultato : gli operatori non hanno fornito in nessuna occasione un valore aggiunto personale che esulasse dalla mera esecuzione di procedure interne

  5. Se andate in una banca o finanziaria per chiedere un prestito l’operatore esegue meccanicamente una procedura che analizza, profila, monitora la vostra richiesta e fornisce anche la risposta, quindi senza alcun valore aggiunto dell’operatore

 

E potrei continuare all’infinito…

 

Il risultato di questa situazione è duplice.

Da una parte rilevo come la tecnologia in molti casi abbia assorbito le competenze umane facendo diventare il lavoro dell’uomo inutile (infatti non si capisce per quale motivo ci siano ancora esseri umani agli sportelli bancari, postali, e molti sportelli pubblici in cui, di fatto, operano le macchine (computer, procedure, etc.) e questo è un processo inevitabile che pone enormi problemi non tanto sotto il profilo della professionalità di questi operatori (che sono destinati per l’appunto ad essere sostituiti dalle macchine) quanto sotto il profilo del numero dei posti di lavoro.

 

Da un’altra parte invece rilevo come non ci sia più la voglia, il desiderio, l’orgoglio di approfondire la materia che si tratta rendendo inutile un’attività lavorativa che invece potrebbe essere utile. Mi riferisco in particolare a tutte quelle attività che in qualche modo potrebbero svolgersi in termini consulenziali. Ma per fare consulenza (ovvero consigliare, indirizzare, aiutare a confrontare, scegliere e decidere su un determinato prodotto o servizio) occorre conoscere molto bene il prodotto o servizio che si tratta, occorre conoscere molto bene le alternative esistenti sul mercato, e fornire al cliente/utente tutte quelle informazioni utili a fare i relativi confronti e, in ultima analisi aiutarlo a scegliere e decidere.

 

1)Il commesso del negozio di tessuti che non conosce il materiale, la trama, il tessuto con il quale è stata realizzata una tenda, piuttosto che un tappeto è inutile in quanto non fornisce alcun valore aggiunto al cliente che può vedere, toccare e leggere il prezzo del prodotto da solo senza l’ausilio del commesso. Questo discorso vale per tutti gli esercenti commerciali. Se un negozio grande o piccolo, non riesce a fornire, tramite i suoi operatori (volgarmente chiamati commessi) la consulenza al cliente è un’attività a forte rischio di chiusura. In queste condizioni poi non si lamentino se viene soppiantato dall’e-commerce.

2) Caf/patronati: nella misura in cui si limitano ad utilizzare procedure che già sono, o possono essere messe on line per il privato cittadino sono perfettamente inutili (una delle tante sovrastrutture nate quando non c’era internet ed oggi obsolete). Anche in questo caso queste strutture potrebbero avere ragion d’essere nella misura in cui fossero in grado di trattare i casi non standard (che oggi non trattano), in quanto quelli standard verranno automatizzati o gestiti direttamente dall’utente.

3) Operatori finanziari. Già negli anni 70 uno dei pionieri della moderna tecnologia previde la fine delle banche (vide con ampio anticipo la possibilità di automatizzare gran parte di quello che era allora ed in buona parte ancora oggi il lavoro delle banche). Certamente molte operazioni sono già state automatizzate (pensiamo al prelievo di contante, al sistema dei pagamenti con l’uso delle varie carte di debito e di credito, alla domiciliazione delle utenze, ai pagamenti on line di bonifici, tasse, imposte, etc) ed altre lo saranno nei prossimi anni con, purtroppo, notevoli impatti sull’occupazione. Si potranno salvare le attività consulenziali, ma anche in questo caso occorre che gli operatori si attrezzino con maggiori e più solide competenze. Oggi l’attività dell’operatore finanziario, consulente o promotore è molto centrata sulla vendita del portafoglio prodotti di cui viene dotato e poco sulla ricerca delle esigenze del cliente.

4) il caso degli uffici pubblici e dei relativi operatori è veramente drammatico. La pubblica amministrazione sta vivendo un vero paradosso. Da una parte è manifesta la necessità di ammodernare l’intera macchina amministrativa (con organizzazione, strumenti e procedure più efficienti), dall’altra l’età media dei dipendenti pubblici è superiore ai 50 anni, spesso superiore ai 55 anni. E’ chiaro a tutti che un vero ammodernamento dell’intera macchina amministrativa non può prescindere anche da un profondo cambio generazionale per motivi noti che non sto qui a ripetere. In ogni caso anche in questo settore occorre una rivoluzione copernicana. Gli uffici, i servizi e gli operatori che si limitano ad utilizzare procedure che potrebbero essere messe on line sono destinati a scomparire. Tutte le attività che non forniscono al cittadino un valore aggiunto rispetto a quello che può fornire la procedura si renderanno inutili e sono destinate a scomparire. In questo caso occorre una profonda riconversione e riqualificazione delle strutture e delle persone verso servizi forse oggi inesistenti (quindi serve una mappatura delle nuove esigenze della società contemporanea).

 

La professionalità dunque non è solo la somma di conoscenze e capacità ma ci sono aspetti personali che solo in parte potremmo classificare tra le attitudini, e che contribuiscono spesso fortemente a rappresentare quel quid in più che ci fa riconoscere come estremamente professionale un individuo. E cioè la voglia, la passione, l’interesse che mette nel proprio lavoro, il desiderio vero di rendere un servizio utile al suo interlocutore ed alla società. Sono cose che non si insegnano e non si imparano, fanno spesso parte di quel bagaglio culturale che proviene dall’ambiente nel quale ognuno di noi è vissuto, dall’educazione e dagli esempi che ha avuto, tradotti ed elaborati nel proprio percorso di crescita. Raggiunta l’adultità questi elementi o si possiedono oppure no, ma vi assicuro che fanno la differenza. Quante volte ci è capitato di apprezzare un insegnante, un commesso, un medico, una guida turistica perché oltre a conoscere bene il suo mestiere ci ha spiegato con passione vera i contenuti oggetto dell’interlocuzione e ci ha fatto innamorare della cosa?

Ebbene noto, a malincuore, che purtroppo nella società liquida che stiamo vivendo la costruzione di professionalità serie, ampie e profonde lascia alquanto a desiderare. Si privilegia il mordi e fuggi per quanto riguarda le conoscenze e le capacità e per quanto riguarda la passione, il desiderio, l’interesse verso quello che si fa, osservo molta apatia e disinteresse.

Ma una società senza sogni, senza passioni, senza desideri è destinata a scomparire perché non alimenta il cuore degli esseri umani, il solo vero elemento capace di governare e sovvertire il mondo.

Quindi il mio invito, in particolare ai giovani è: sognate, individuate i vostri desideri, persegui teli con passione, ne beneficeremo tutti e voi per primi.