Tiziano Vecellio, Autoritratto, 1562 (Wikimedia Commons). Tiziano ha dipinto fino alla morte, avvenuta sui 90 anni, e proprio nelle ultime opere ha espresso la sua pittura più moderna e anticipatrice dei tempi per uso dei colori, grandi e veloci pennellate e composizioni ardite. In questo autoritratto ha circa 74 anni.

Massimo Fini sostiene in articoli vari sul Fatto Quotidiano che “non è vero che è bello invecchiare”. La sua è una polemica sul mondo moderno ipertecnologico e sull’allungamento della vita umana a cui spesso non corrisponde un miglioramento delle condizioni di vita, né il senso dell’aggiungere anni alla vita, anziché vita agli anni. Dice Fini: “Il dramma della vecchiaia non sta solo, e non è davvero poco, nell’inevitabile logoramento fisico. Sta nell’impossibilità di un progetto di vita, esistenziale, sentimentale, professionale. Manca il tempo. Manca il futuro. Manca la speranza. Manca qualcosa da aspettare se non la morte. I vecchi fanno di tutto per riempire questo vuoto che li separa dalla nobile signora con ogni sorta di attività di cui da giovani gli importava poco o nulla. Si estenuano in visite a mostre, a musei, a collezioni d’arte contemporanea oppure in viaggi improbabili su pullman a loro dedicati durante i quali qualcuno ci resta secco provocando il terrore generale”.

A me Fini piace molto, e lo seguo fin da quando ero giovane, avendone sempre apprezzato l’originalità e la libertà di pensiero. Tuttavia questa volta non sono molto d’accordo con lui, perché la mia vecchiaia non mi sembra così orribile, probabilmente perché sono ancora capace di ragionare, di muovermi, di vedere, ascoltare, gustare buoni cibi e buoni vini.

Vorrei dunque affrontare la vecchiaia col metodo del problem solving. Innanzitutto la vecchiaia non è un problema. Il problema è qualcosa che possiamo risolvere, quello che non possiamo risolvere esula dal problema, e diventa l’insieme di condizioni in cui ci troviamo a vivere il nostro problema. In tal senso il problema non è la vecchiaia, una condizione che prima o poi riguarda tutti, ma il nostro modo di porci di fronte ad essa. Accettarla e conviverci il meglio possibile, o impegnarsi in una inutile battaglia persa in partenza? Rimpiangere tutto ciò che abbiamo perduto o goderci tutto ciò che ci resta?

Io penso che se ci concentriamo sui problemi che possiamo ancora risolvere e ci impegnamo a definirli bene e a risolverli, da soli o con l’aiuto di altri, non ci resta più molto tempo per rimpiangere i bei tempi passati.

La vecchiaia quindi non è né bella né brutta, è un concetto vuoto e generico come tutte le astrazioni. Come tutti i concetti generici, va resa specifica. E allora dentro la vecchiaia dobbiamo metterci la salute, le condizioni economiche e sociali, il livello culturale, le relazioni con familiari, parenti, amici, conoscenti.

“Manca il futuro”, dice Fini. E’ vero, ma più che mancare, il futuro è ridotto, e come tutte le cose che scarseggiano diventa sempre più prezioso. E anche il futuro, invece di lasciarlo astratto e generico, possiamo riempirlo. E’ il futuro nostro o dei nostri figli e nipoti? O è il futuro dell’umanità, delle prossime generazioni? Noi abbiamo qualche potere solo sul nostro futuro, su tutto il resto possiamo solo fare fantasticherie utopiche o distopiche. Io per esempio penso che una possibilità sia quella di un’umanità liberata dalla schiavitù del lavoro, e dedita a godersi la vita in pace, nel rispetto dell’ambiente, in armonia fra tutti i popoli. Mi piace immaginare di vivere in un mondo simile, che però ritengo ancora piuttosto lontano. L’altra possibilità è l’estinzione della specie umana dopo lunghi periodi di inquinamento crescente, guerre, calamità naturali. In questo caso sono contento di avere ancora poco da vivere e di risparmiarmi tutto ciò, anche se provo un certo dispiacere per i giovani.

Per quanto riguarda me stesso, ho rinunciato a tante cose: arrampicare, andare in bici, guidare l’auto, correre. Ma continuo a fare nordic walking e tai chi, un po’ di fitness, viaggi, bagni di lago e di mare. Per problemi di vista non riesco a leggere libri cartacei, ma leggo bene sulle tavolette dove ingrandisco i caratteri come voglio, e mai come ora sto leggendo e rileggendo saggi, romanzi, classici sempreverdi, best seller attuali. Da una parte cerco di non sprecare tempo in attività inutili, dall’altra mi piace giocare; ora mi sto divertendo a fare sudoku killer sulla mia tavoletta.

Ci sono poi molte cose che ora so fare meglio di quando ero giovane. Per esempio pensare, perché, come dice Goldberg, il cervello invecchia e deperisce, ma la mente si raffina e si arricchisce col tempo e con le esperienze. Sto dipingendo molto con computer, tavoletta grafica e programmi di grafica vettoriale e bitmap, lavoro e scrivo finché la testa mi funziona. Ho progetti per l’avvenire, che però affronto con distacco zen, perché so che da un momento all’altro dovrò mollare la presa e uscire di scena, e che va bene tutto, ma non dobbiamo intrappolarci in nulla, ma essere sempre liberi di entrare e di uscire, come dice il saggio zen. Concordo con la decrescita felice di Latouche, e penso che la tarda età ci spinga a ridurre sogni, desideri, ansie, preoccupazioni, acquistando un maggiore distacco dalle cose, una visione più panoramica e sintetica. E nel mio lieto invecchiare non sono né allegro né triste perché la vecchiaia non è un problema.