I ) Il tema della legalità e della corruzione nelle sue molteplici manifestazioni nazionali e transnazionali e l’adozione di strumenti di prevenzione e contrasto al malaffare sono ancora alla ribalta dei media e dell’opinione pubblica mondiale a seguito dello scandalo giudiziario ( c.d. Qatargate ) che a dicembre 2022 ha investito il Parlamento Europeo, portando allo scoperto episodi di corruzione finalizzati alla manipolazione di decisioni dell’Europarlamento a favore della monarchia qatariota. L’inchiesta è in corso ma i rumors correlati alimentano il sospetto che possa venire alla luce un sistema di corruzione articolato su vasta scala.

Si tratta del più grande scandalo nella storia del Parlamento europeo: la corruzione nella specie si è posta quale supporto primario per i tentativi esterni di influenze nella politica dell’UE.

Molti osservatori avevano messo in risalto una opacità delle Istituzioni UE di fronte al diffuso lobbismo, clientelismo, c.d. gruppi di amicizia, conflitti di interessi e quant’altro nell’europarlamento e la resistenza degli eurodeputati verso i meccanismi controllo, in sintesi assoluta mancanza di trasparenza.

In verità nel 2011 era stato introdotto Il “Codice di condotta dei deputati al Parlamento europeo in materia di interessi finanziari e conflitto di interessi” (allegato al Regolamento del Parlamento europeo). L’art. 1 recita che “ i deputati nell’esercizio delle loro funzioni agiscono unicamente nell’interesse generale….. non sollecitano, accettano o ottengono alcun vantaggio finanziario diretto o indiretto o gratifiche di altro tipo in cambio della disponibilità a influire o votare su un atto legislativo, una proposta di risoluzione, e cercano scrupolosamente di evitare qualsiasi situazione che possa comportare corruzione”.

Al fine di monitorare le attività dei lobbisti era stato istituito anche il “Registro per la Trasparenza dell’UE”, ove elencare tutte le organizzazioni che cercano di influenzare il processo legislativo e di attuazione delle politiche europee. Nel novembre 2014 la Commissione aveva assunto un’apposita decisione affinché i membri della Commissione rendessero pubbliche le informazioni per le riunioni che essi stessi e i membri dei loro gabinetti tengono con le organizzazioni e i liberi professionisti su questioni attinenti all’attuazione delle politiche europee.

La Commissione Affari Costituzionali del Parlamento nel settembre 2021 aveva dato parere favorevole per la creazione di un apposito organismo indipendente sulle questioni etiche, dotato di poteri di inchiesta su conflitti di interesse e violazioni del Codice di condotta, ma da parte della Commissione non è stata avanzata alcuna proposta per darvi seguito.

Preoccupazioni sul rischio di infiltrazioni del malaffare in seno alle Istituzioni europee erano state manifestate recentemente ai massimi livelli UE: nel discorso annuale sullo stato dell’UE 2021, pronunciato Strasburgo il 15 settembre 2021, la Presidente von der Leyen sottolineava che : “la corruzione non equivale soltanto ad un furto a danno dei contribuenti….fa sì che ingenti somme di denaro possano comprare ampi favori e che i potenti scardinino le regole democratiche..”.

La stessa Presidente nel Discorso del 14 settembre u.s. sullo stato dell’Unione 2022 si è ancor più decisamente espressa contro la corruzione, con toni che appaiono premonitori degli eventi poi occorsi: in tutti i suoi aspetti: agenti stranieri che tentano di influenzare il nostro sistema politico……Se vogliamo risultare credibili quando chiediamo ai paesi candidati di rafforzare le loro democrazie, dobbiamo eliminare la corruzione anche all’interno dell’Unione. Per questo motivo il prossimo anno la Commissione presenterà misure per aggiornare il quadro legislativo di lotta alla corruzione. Adotteremo un atteggiamento più duro nel confronti di reati come l’arricchimento illecito, il traffico d’influenza e l’abuso di potere, oltre che della corruzione in senso più classico……. La corruzione erode la fiducia nelle nostre istituzioni, dobbiamo quindi combatterla con tutta la forza della legge.”

Non si può ovviamente configurare una responsabilità collettiva, ma l’onda dello scandalo con il conseguente imbarazzo e danno di immagine viene a minare la credibilità non solo del Parlamento europeo ma delle Istituzioni europee in genere, incrinandone così le relative lezioni di moralità e democrazia, le azioni per rafforzare i principi di trasparenza e responsabilità e altresì gli strumenti periodicamente predisposti per la prevenzione e il contrasto delle illegalità a danno dell’interesse pubblico, come da ultimo la Direttiva 2019/1937 del Parlamento e del Consiglio sulla protezione dei c.d. “informatori”.

Lo scandalo comunque ha reso di tutta evidenza la permeabilità delle Istituzioni al lobbismo (le lobby iscritte e non iscritte al Registro assommano a qualche centinaio) e alla manipolazione dei processi decisionali, per cui i sistemi interni di controllo non sono riusciti a prevenire la corruzione, oltre alle presunte ingerenze straniere nei processi democratici UE.

In verità lo scandalo non può dirsi del tutto inatteso rispetto a quanto già da tempo veniva denunciato da vari commentatori : sistematica violazione delle regole sulla trasparenza e mancanza applicazione di sanzioni, regole troppo permissive da parte del Parlamento (all’europarlamentare non è vietato svolgere anche durante il mandato attività di lobbying e fruire di guadagni da attività collaterali), mancata regolamentazione dei c.d. gruppi di amicizia appositamente creati per eludere il controllo pubblico nel trattare con regimi autoritari, incontri con emissari di Paesi terzi non soggetti al Registro della trasparenza, ecc.

Come immediata reazione all’immagine offuscata e al venir meno della fiducia collettiva la Presidente Metsola, d’accordo con la Conferenza dei Presidenti delle Commissioni, “per ridare fiducia ai cittadini europei che rappresentiamo” ha annunciato immediatamente un Piano per la trasparenza e integrità articolato su 14 misure : quali il divieto di svolgere attività di lobby nei primi due anni dalla fine del mandato parlamentare, il bando ai gruppi di amicizia informali, il registro di ingresso alle sedi parlamentari, ecc.. Programmando anche la costituzione di una Commissione di indagine (una volta terminate le indagini giudiziarie) e una task force per l’attuazione delle nuove misure sulla trasparenza.

II ) – Nel passato i grandi scandali e le loro conseguenze dannose sono venuti alla luce grazie agli “informatori” (c.d. whistleblowers o lanceurs d’alerte: in argomento v. Caos Management n. 108, settembre 2016), persone che coraggiosamente segnalano gli illeciti quando li incrociano nella loro attività – mettendo così in gioco la propria carriera e rischiando altre gravi conseguenze – e che rappresentano un fattore insostituibile di informazione per la emersione di azioni illegali : come D. Ellsberg sui Pentagon Papers e il Watergate, J. Assange promotore di WikiLeaks, F. Hauger sulle pratiche scorrette di Facebook e altri.

Dalla consultazione pubblica promossa nel 2017 dalla Commissione UE (D.G. Mercato interno, Industria, Imprenditoria) sulla protezione dei whistleblowers è risultato che il 96% degli intervistati (individui e organizzazioni) condivide la necessità di norme minime giuridicamente vincolanti per una protezione degli informatori nella lotta alla frode e alla corruzione, evasione fiscale, tutela dell’ambiente e sicurezza della salute e al malaffare in genere.

Un meccanismo considerato essenziale alla emersione degli illeciti è infatti costituito dalla adeguata protezione dei soggetti che li denunciano.

Si ritiene utile sul piano sociale che gli Stati membri promuovano una percezione positiva degli informatori e del loro ruolo, come persone che agiscono per il bene pubblico e per lealtà verso la propria organizzazione. La segnalazione non andrebbe vista come un atto di slealtà ma come un tentativo di fermare un illecito.

Pur se sta ormai prevalendo la considerazione degli informatori come forma di partecipazione civica, non è ancora scomparsa del tutto, specie sui social, la loro qualificazione come talpa, gola profonda, ecc..

La Corte Europea dei diritti dell’uomo considera la denuncia di illeciti nell’interesse pubblico quale forma di libertà di espressione garantita dall’art. 10 della Convenzione europea dei diritti dell’uomo del 1950.

Il 23 ottobre 2019, a seguito delle richieste per una legislazione UE a protezione degli informatori, avanzate anche da Istituzioni europee, Unione Europea dei Servizi Pubblici, Organizzazioni della società civile e sindacati (es. Trasparency International, Federazione Europea dei giornalisti, Eurocadres), il Parlamento europeo e il Consiglio hanno adottato la Direttiva UE 2019/1937 (c.d. Direttiva Whistleblowing) – sulla “protezione delle persone che segnalano violazioni del diritto dell’Unione”, destinata ad incidere anche sulla disciplina nazionale italiana.

La Direttiva è entrata in vigore il 16 dicembre 2019 ed é stato previsto un termine di due anni (17 dicembre 2021) per la trasposizione da parte dei singoli Paesi UE. In realtà nessuno degli Stati Membri ha rispettato tale scadenza. Ad ottobre 2022 , informa EU Whistleblowing Monitor, che sedici Stati (Italia inclusa) non avevano completato le procedure di recepimento e uno non le aveva neppure avviate.

La Direttiva – intende disciplinare la protezione dei c.d. “segnalanti” con norme minime di tutela volte ad uniformare le legislazioni nazionali a favore di coloro che segnalano minacce o pregiudizi al pubblico interesse di cui sono venuti a conoscenza nell’ambito delle loro attività professionali.

III ) – La Direttiva è stata adottata sulla scorta della giurisprudenza della Corte europea dei diritti dell’uomo e della Raccomandazione del Consiglio d’Europa del 2014 (con i suoi 29 principi per la protezione degli informatori). Recita l’art. 1 : “Lo scopo della presente Direttiva è rafforzare l’applicazione del diritto e delle politiche dell’Unione in specifici settori stabilendo norme minime comuni volte a garantire un elevato livello di protezione delle persone che segnalano violazioni del diritto dell’Unione”.

Da parte UE si vuole dare uniformità a normative nazionali molto eterogenee o frammentate (carenze denunciate anche in uno studio OCSE del 2016, ove è attivo il Working Group on Bribery ) e valorizzare lo strumento del whistleblowing come meccanismo essenziale alla emersione di illeciti di interesse pubblico, in quanto :

– una legislazione completa è presente solo in alcuni Paesi (Francia, Ungheria, Irlanda, Italia, Lituania, Malta, Paesi Bassi, Svezia, Slovacchia ….);

– il livello di protezione insufficiente in un dato paese oltre a ripercuotersi negativamente sul funzionamento delle politiche dell’UE in quel paese, può avere anche ricadute in altri paesi e nella stessa UE nel suo insieme.

Nell’ordinamento italiano la legge 190 /2012 (c.d. legge Severino, Prevenzione e repressione della corruzione e dell’illegalità nella pubblica amministrazione) ha fissato – limitatamente alla sola P.A. – una prima disciplina sulla protezione del dipendente pubblico che segnala illeciti di cui sia venuto a conoscenza in ragione del suo lavoro, inserendo a tal fine l’art. 54-bis nel Testo Unico sul pubblico impiego (D.L. 165/2001). Con la legge 179 del 2017 la disciplina è stata integrata, introducendo forme di tutela anche per i lavoratori del settore privato.

Si reputa che occorra valersi della protezione degli informatori come elemento sistemico dell’applicazione del diritto dell’UE, non solo laddove si è già palesato il pregiudizio all’interesse pubblico ma anche in via preventiva.

La tutela del whistleblowing è considerata a livello internazionale alla stregua della protezione di un diritto umano.

I vari scandali portati alla luce dagli informatori, con una protezione non adeguata in uno Stato membro, hanno mostrato che , oltre alle ripercussioni negative sul funzionamento del diritto dell’UE in quello Stato, possono intervenire ricadute anche per altri Stati membri e per l’UE nell’insieme poiché , essendo le violazioni del diritto UE di natura transfrontaliere, le stesse anche se solo nazionali hanno comunque un impatto transfrontaliero.

Ulteriori elementi militano a favore della protezione degli informatori, in quanto possono contribuire:

– al funzionamento del mercato unico nel settore degli appalti pubblici.

Il valore economico della protezione dei whistleblowers è calcolato superiore ai costi a carico del settore pubblico per mantenere il sistema di protezione . Uno studio della Commissione di luglio 2017 su alcuni Membri ( Estimating the economic benefits of whistleblower protection in public procurement ) prospetta che solo nel settore degli appalti pubblici la perdita finanziaria conseguente a mancanza di protezione dei segnalatori vale tra 6 e 10 miliardi di euro all’anno;

– al diritto dell’Unione in materia di concorrenza: le segnalazioni di violazioni delle norme sugli aiuti di Stato riducono il rischio di effetti distorsivi della concorrenza;

– alla trasparenza delle imprese su questioni sociali e ambientali;

-alla sicurezza dei prodotti, alla protezione dei consumatori, alla sicurezza degli alimenti, della rete e dei sistemi informatici;

– al clima degli investimenti e alla maggior fiducia verso le Istituzioni pubbliche.

Viene accordato ampio spazio di libertà al legislatore dei singoli Paesi, semprechè venga realizzato l’obbiettivo primario di assicurare agli informatori un livello minimo di protezione contro qualsiasi conseguenza ritorsiva o discriminatoria correlata alla segnalazione : in base all’art. 2 della Direttiva è possibile estendere la protezione anche per le segnalazioni relative a violazioni del diritto nazionale.

Principali linee su cui si articola la Direttiva:

-la platea dei soggetti segnalanti viene estesa rispetto alle leggi italiane : vi rientrano coloro che sono qualificati lavoratori ai sensi dell’art. 45 del TFUE (Trattato sul Funzionamento dell’Unione), cioè le persone che nel settore privato o pubblico forniscono a favore di terzi e sotto la direzione di questi determinate prestazioni contro retribuzione (art. 2).

Ad essere tutelati quindi sono anche i lavoratori con contratti atipici , come quello a tempo parziale o determinato, chi ha un rapporto di lavoro con un’agenzia interinale, i tirocinanti e i volontari, i lavoratori autonomi, i consulenti, i subappaltatori, i fornitori, gli azionisti e i membri degli organi di amministrazione o di vigilanza di un impresa.

Vengono tutelati anche i c.d. “facilitatori”, cioè coloro che assistono l‘informatore nel processo di segnalazione (es. rappresentanti sindacali), nonché i terzi in relazione con il segnalante, come colleghi o familiari;

-le segnalazioni protette coprono molti settori chiave del diritto dell’Unione: appalti pubblici, antiriciclaggio, protezione dei dati, protezione degli interessi finanziari, sicurezza alimentare e dei prodotti, salute pubblica, tutela ambiente, sicurezza nucleare, protezione dei consumatori. Sono inclusi tutti gli illeciti di natura amministrativa, contabile, civile o penale che possano ledere l’interesse pubblico o l’integrità della PA o di ente privato;

-la tutela viene accordata all’informatore in buona fede: basta che al momento della segnalazione vi fossero fondati motivi di ritenere vere le informazioni segnalate e che tali informazioni rientrino nel campo di applicazione della Direttiva;

– la protezione va garantita indipendentemente dalle motivazioni della segnalazione dell’illecito;

-gli Stati membri vengono incoraggiati ad evitare approcci minimalisti ed estendere, in sede di recepimento, il campo di applicazione ad altri settori (art. 25);

-viene previsto l’obbligo per il settore privato e quello pubblico di predisporre canali e procedure interne per la segnalazione, il relativo prosieguo entro 3 mesi e il riscontro al segnalante. Se i canali di segnalazione non determinano alcun risultato e se nei 3 mesi l’informatore non riceve notizie può diffondere le informazioni pubblicamente (piattaforme web, social media, organizzazioni della società civile…).

L’obbligo di istituire canali di segnalazione interna si applica a tutte le imprese con almeno 50 lavoratori, indipendentemente dalla natura dell’attività.(art. 8). Obbligo esteso a tutti i soggetti giuridici del settore pubblico.

Vanno predisposti anche canali di segnalazione esterni demandano ai singoli Stati quale autorità nazionale debba essere deputata a riceve e riscontrare le segnalazioni.

I canali di segnalazione devono garantire la tutela dell’identità del segnalante.

IV ) – Nelle Premesse della Direttiva si fa apposito riferimento anche all’attività della stampa e dei media. Infatti gli informatori possono rappresentare una fonte importantissima nel giornalismo d’inchiesta. Spesso si indirizzano ai giornalisti quando le loro preoccupazioni circa un comportamento illecito risultano inascoltate e l’unico mezzo a disposizione viene ravvisato nel rivolgersi all’opinione pubblica.

L’incessante attivismo del giornalismo investigativo nel controllo della legalità ha proiettato sullo scenario mondiale i LuxLeaks, Swiss Leaks, Panama Papers, Pandora Papers, Cambridge Analytica ……e le difficoltà per abbattere gli ostacoli al superamento della corruzione globale.

Ove si concordi sul ruolo e la salvaguardia che nelle democrazie può svolgere il giornalismo d’inchiesta (es. il Washington Post nello scandalo Watergate), non solo si deve proteggere la riservatezza delle fonti, ma si deve predisporre anche per gli informatori una adeguata tutela da ritorsioni nel caso in cui la loro identità divenga notoria.

I corrotti grazie a trust, società offshore, banche, studi legali e consulenti internazionali, agenti immobiliari riescono – coperti dall’anonimato – a portare a compimento la patrimonializzazione del ricavato della corruzione, attraverso investimenti immobiliari, opere d’arte, cripto valute, tesorizzazione e quant’altro. Malgrado la formula “seguire il denaro” per risalire all’origine dei fatti corruttivi (adottata in Italia dai giudici Chinnici e Falcone) le società anonime consentono di nascondere l’identità delle persone alla fonte dei fondi. Sono le scappatoie del sistema finanziario globale che agevolano gli schemi di corruzione.

In occasione del suo discorso sullo stato dell’Unione del 15 settembre 2021 la Presidente von der Leyen ha annunciato una raccomandazione per la protezione dei giornalisti e giornaliste. La Commissione UE a settembre 2022 ha presentato una Proposta di Regolamento del Parlamento e del Consiglio sulla libertà e la protezione dei media (European Media Freedom Act).

V ) – In data 8 maggio 2021 è entrata in vigore la legge 22 aprile 2021, n. 53 di delegazione europea 2019-2020, con la quale il Governo italiano è stato delegato ad adottare i decreti legislativi per il recepimento, tra varie altre, della Direttiva succitata.

La delega non è stata mai esercitata. Nei confronti dell’Italia è stata avviata a gennaio 2022 la procedura di infrazione 2022/0106 per mancato recepimento della Direttiva entro il termine del 17 dicembre 2021.

La Direttiva 219/1937 è stata poi inserita nell’allegato A alla legge 127 del 4 agosto 2022 (legge di delegazione europea 2021) ove vengono fissati (art.13) principi e criteri direttivi per l’attuazione della delega, ulteriori rispetto a quelli generali di delega previsti dall’art. 32 della L. 234/2012 (per l’attuazione del diritto dell’UE), al fine di :

a) modificare – in conformità alla disciplina della Direttiva – la normativa in essere circa la tutela degli autori di segnalazioni, di cui all’art. 2 della Direttiva, di cui siano venuti a conoscenza nell’ambito di un contesto lavorativo pubblico o privato, e dei soggetti indicati all’ art. 4, par. 4, della Direttiva;

b) curare il coordinamento con le disposizioni vigenti, assicurando un alto grado di protezione e tutela dei soggetti di cui sopra, operando le necessarie abrogazioni e adottando le opportune disposizioni transitorie;

c) esercitare l’opzione ex art. 25, par. 1, della Direttiva che consente l’introduzione o il mantenimento delle disposizioni più favorevoli ai diritti delle persone segnalanti e di quelle indicate dalla Direttiva, onde assicurare il massimo livello di protezione a tutela dei medesimi soggetti;

d) disporre opportuni adattamenti per allineare la normativa nazionale a quella europea.

Alla data di entrata in vigore della legge di delegazione europea 2021 (10 settembre 2022) il termine ordinario di recepimento della Direttiva 2019/1937 era già scaduto (17 dicembre 2021).

Applicando le scadenze della legge di delegazione (3 mesi dall’entrata in vigore) il termine spirava il 10 dicembre 2022.

Il 9 dicembre 2022 il Consiglio dei Ministri ha approvato lo schema di Decreto legislativo di attuazione della Direttiva 2019/1937, da sottoporsi al parere delle Commissioni Parlamentari competenti di Camera e Senato da esprimersi entro 40 giorni. L’iter è ora in via di completamento.

Tuttavia è previsto che nel caso in cui il termine vada a scadere nei trenta giorni anteriori al termine per l’esercizio della delega intervenga uno scorrimento di tre mesi e conseguentemente la delega potrà essere esercitata entro il 10 marzo 2023.

Per i soggetti giuridici del settore privato con più di 50 e meno di 250 lavoratori le disposizioni per conformarsi all’obbligo di un canale di segnalazione interno vanno assunte entro il 17 dicembre 2023.

La normativa italiana è in parte già allineata alle previsioni della Direttiva , anche se in minor misura per il settore privato. Lo schema di D.Lgs. – avvalendosi di quanto prevede l’art. 2 della Direttiva – riunisce in un unico testo normativo la disciplina vigente e le disposizioni da adottare in base alla Direttiva, con la possibilità di segnalazione anche per violazioni del diritto nazionale.

Per la tutela del soggetto segnalante nella bozza di decreto legislativo viene prevista anche per il settore privato quale autorità competente l ‘ANAC-Autorità Nazionale Anticorruzione.

L’ANAC è l’unico soggetto competente per la valutazione delle misure ritorsive eventualmente intervenute e l’eventuale applicazione di sanzioni pecuniarie. Gli atti di ritorsione sono considerati nulli, con reintegrazione nel posto di lavoro e eventuale risarcimento del danno.

L’ANAC partecipa alla Rete delle Autorità europee per l’integrità e il whistleblowing (NEIWA-Network of European Integrity and whistleblowig Authorities), costituita su iniziativa olandese nel maggio 2019 (attualmente 27 membri).

In attesa della trasposizione della Direttiva:

-L’ANAC , per tenere conto anche della Direttiva, con delibera del 9 giugno 2021 n. 469 ha aggiornato le Linee Guida del 2015 cui attenersi fin quando non ci saranno i decreti attuativi della delega.

-La Confindustria a giugno 2021 ha aggiornato rispetto al 2014 le sue “Linee Guida per la costruzione dei modelli di organizzazione, gestione e controllo ai sensi del Decreto legislativo 8 giugno 2001, n.231”.

Inoltre ha predisposto un articolato Position Paper del gennaio u.s. affinché, nell’applicazione della Direttiva, si eviti una eccessiva estensione del suo ambito di applicazione e si mantenga un appropriato equilibrio tra l’emersione delle violazioni e i rischi di danni reputazionali per l’impresa e il segnalato. Necessaria quindi una specifica disciplina anche per la tutela della persona coinvolta.

-La Camera di Commercio Internazionale di Parigi ha licenziato l’edizione 2022 delle proprie Linee Guida, emanate nel 2008, sulle segnalazioni di irregolarità. Sono applicabili alle imprese di ogni dimensioni e settore, pubbliche e private.

– L’ISO (Organizzazione internazionale per la normazione) ha pubblicato a luglio 2021 la norma ISO 37002:2021: Whistleblowing Management Systems – Guidelines, fornendo gli indirizzi per istituire e mantenere un efficace sistema per l’intero ciclo di gestione del whistleblowing nell’ambito di una organizzazione.

6 febbraio 2023