«Il controllo non può mai essere un mezzo per ottenere alcun fine pratico. Non può essere altro che un mezzo per ottenere un controllo maggiore»
William S. Burroughs

Eccoci al sesto contributo sulla teoria dell’organizzazione.

Nel primo abbiamo esaminato la nascita del problema organizzativo a partire dal mercato (Caos Management 153); nel secondo si è vista la doppia ricerca nelle organizzazioni di certezza e di flessibilità (Caos Management 154); mentre nel terzo è emersa la crisi della forma burocratica (Caos Management 155) e infine nel quarto contributo le decisioni a razionalità limitata (Caos Management 156). Mentre nel quinto articolo la nostra attenzione si è rivolta alla struttura organizzativa e i parametri di progettazione (Caos Management 157). 
A sua volta questa tematica è stata distinta in tre punti: struttura e parametri di progettazione, già affrontata nella precedente pubblicazione, i meccanismi di coordinamento qui descritti e le microstrutture nel prossimo numero de il Caos Management.

C’è un primo livello teorico generale cui richiamare il problema del “coordinamento organizzativo”: dal punto di vista storico il mercato (singoli produttori che scambiano merci e servizi) precede la gerarchia (differenti livelli di autorità e specializzazione propri di una struttura organizzativa) mentre oggi si fa molta attenzione alle convenzioni (clima e cultura dell’organizzazione) come legame immateriale tra soggetti e unità operative che facilità sia gli scambi tra produttori indipendenti (la rete o filiera) che l’esercizio dell’autorità legittima (il controllo) all’interno della gerarchia aziendale.

C’è poi un secondo livello operativo del coordinamento che si esercita come segue (comunicazione, autorità e le tre forme di standardizzazione).

Meccanismi di coordinamento

Il coordinamento interno delle attività organizzative è il passo successivo e necessario alla divisione del lavoro propria di ogni organizzazione. L’integrazione dei processi lavorativi all’interno delle organizzazioni avviene tramite tre fondamentali meccanismi: l’interazione comunicativa, il controllo a vista delle attività e le molteplici forme della standardizzazione (processi, output e input), che integrano l’attività negli elementi base della macrostruttura (vertice, linea intermedia, nucleo operativo e staff di supporto). Consentendo il corretto funzionamento dell’organizzazione nel suo complesso, in rapporto alle diverse forme di impresa considerate, come si vedrà negli schemi strutturali in seguito rappresentati (e nella sezione successiva dedicata all’avvicendamento, anche storico, dei modelli di organizzazione). Le organizzazioni, tra l’altro, nella realtà operativa adottano spesso congiuntamente più meccanismi di coordinamento, per il loro fabbisogno di integrazione, pur privilegiandone uno, in rapporto alla dimensione quantitativa dei processi lavorativi (alta o bassa), alla struttura delle attività (semplici o complesse), alle finalità istituzionali o di mercato espletate nel contesto ambientale, tutte variabili che condizionano nello specifico anche le caratteristiche delle forme di organizzazione in questione.

Il reciproco adattamento

Cominciamo la nostra analisi dal mutuo adattamento tra soggetti all’interno delle strutture organizzative. Questo meccanismo è basato sull’interazione e la comunicazione tra soggetti e costituisce uno strumento di coordinamento semplice o elementare ma adatto anche a situazioni organizzative più complesse (per esempio i gruppi di lavoro e di progetto). L’aggiustamento reciproco è una sorta di comunicazione informale per cui il controllo del lavoro resta nelle mani di chi lo esegue, ma al di sopra una certa soglia dimensionale (degli operatori da coordinare) non è più sufficiente come meccanismo di integrazione e controllo. I vantaggi di questa soluzione derivano dalla sua naturale flessibilità e potenziale creatività, mentre i limiti sono legati, dunque, alla dimensione dell’unità o processo operativo gestibile attraverso questa modalità.Per fare un riferimento concreto rispetto alla realtà delle attività organizzative, questo meccanismo di coordinamento è utile sia nelle situazioni più semplicemente operative che in condizioni di complessità organizzativa, in quest’ultimo caso è utile per la risoluzione degli eventi critici o problemi innovativi, situazioni tipiche affrontate dalle forme organizzative create ad hoc (cosiddette adhocratiche) particolarmente adatte al rinnovamento dei processi o dei prodotti, tipologia di strutture che analizzeremo in seguito. Per quanto riguarda invece la sua allocazione nelle parti della macrostruttura il reciproco adattamento è presente prevalentemente nel vertice strategico (dove si prendono le decisioni), nelle tecnostrutture (dove gli analisti analizzano e formalizzano le attività e definiscono gli obiettivi) e negli organi di staff professionali (dove gli esperti risolvono problemi e varianze organizzative non contemplate nelle routine produttive), tutte strutture nelle quali l’interazione comunicativa e professionale tra dirigenti, specialisti o analisti e consulenti è alla base delle decisioni e delle strategie tecnologiche e di contesto ambientale (soprattutto mercato) delle organizzazioni.

La supervisione diretta

Ma, come detto, non sempre è possibile utilizzare l’interazione e la comunicazione per coordinare il lavoro delle persone nelle unità organizzative. In certi casi la maggiore ampiezza del controllo necessaria, ossia, quando si ha l’incremento del numero di persone da coordinare all’interno di una unità operativa, il problema può essere affrontato solo tramite un diverso strumento di integrazione, come la supervisione diretta, ossia il controllo a vista degli operatori e delle relative attività lavorative. In questi casi una persona assume la responsabilità del lavoro degli altri dando loro ordini e controllandole. La supervisione si basa sempre o sull’autorità o sulle conoscenze del supervisore e trova, a sua volta un limite applicativo, o nell’ulteriore incremento quantitativo degli operatori da controllare o nella eventuale complessità e specificità delle attività lavorative processate. In questi casi sono necessarie più che una supervisione diretta, di natura autoritaria, l’utilizzo di alcune forme di standardizzazione delle attività, così come anticipato precedentemente.

La standardizzazione delle attività

In certi casi sono necessarie regole o procedure operative standardizzate, ossia vengono specificati e programmati i contenuti del lavoro (es. il taylorismo). In altre circostanze la standardizzazione può riguardare gli obiettivi organizzativi che le unità organizzative devono perseguire (es. le organizzazioni divisionalizzate). Ossia, ad essere specificati e programmati sono i risultati del lavoro (come specifiche di prodotto o standard di performance). In altri casi, con lo sviluppo delle organizzazioni professionali, è necessario ricorrere alle elevate competenze dei professionisti o esperti impiegati nelle organizzazioni, lasciando loro la discrezionalità operativa o decisionale, basata su standard di conoscenze, con la conseguente maggiore autonomia dei soggetti interessati, i quali attraverso la formazione interiorizzano i programmi di lavoro, e quindi, costituiscono anche le basi implicite del loro coordinamento.

Ricapitolando, quando la dimensione quantitativa dei processi organizzativi, o la loro complessità tecnica, aumenta oltre un certo livello, il coordinamento delle attività può essere effettuato solo tramite standardizzazione delle attività.

Riassumendo, questo comporta, in alcuni casi, la standardizzazione dei processi, ossia la definizione di regole, procedure o programmi di lavoro, in presenza di attività relativamente stabili e semplici. Ma quando la complessità delle attività aumenta oltre un certo livello, il che implica, da parte dei soggetti, attività di analisi e diagnosi in processi decisionali avanzati, si impone un’altra forma di standardizzazione, quella delle capacità o degli input professionali, risultato di lunghi e complessi processi formativi, che avvengono prima e al di fuori delle organizzazioni professionali, nelle istituzioni esterne deputate all’apprendimento di profili professionali e competenze codificate.

Mentre la standardizzazione degli output o risultati organizzativi, a livello quantitativo o qualitativo, è adottata quando le organizzazioni non possono controllare direttamente i processi e devono (o possono) disinteressarsi del come si arriva agli obiettivi preferendo standardizzare direttamente gli output programmati (2).  Per quanto riguarda l’allocazione di questi meccanismi di coordinamento nelle parti della macrostruttura, dopo avere esaminato le aree aziendali in cui viene utilizzato il reciproco adattamento (vertice e staff), teniamo presente che la supervisione diretta è solitamente allocata nella linea intermedia e riguarda la catena di manager che forma la gerarchia dell’organizzazione.

Mentre la standardizzazione dei processi ha riguardato, storicamente, essenzialmente il nucleo operativo nelle forme meccaniche di organizzazione, rivolte alle attività di routine. Così come la standardizzazione degli output è utilizzata nella linea intermedia delle strutture organizzative divisionalizzate.

Infine, la standardizzazione degli input o delle conoscenze è ancora rivolta al nucleo operativo ma, in questo caso, si tratta di contesti organizzativi di natura professionale o innovativa.

Si vedrà in seguito come la forma organizzativa semplice è caratterizzata dalla supervisione diretta (con un solo manager o imprenditore al vertice strategico della struttura), mentre la standardizzazione dei processi è storicamente allocata nell’ambito del nucleo operativo delle forme gerarchico-funzionali, anche se le stesse organizzazioni professionali utilizzano nel loro nucleo operativo la standardizzazione delle competenze o degli input, utilizzando i professionisti, così come la standardizzazione degli output ha riguardato fondamentalmente le forme organizzative divisionalizzate, indirizzate verso obiettivi successivamente misurati e valutati dal vertice centrale dell’organizzazione.

Ma questi meccanismi classici di coordinamento a volte non bastano da soli alla integrazione e controllo delle attività organizzate, in molti casi occorrono strutture o ruoli trasversali per integrare l’attività delle funzioni o divisioni organizzative. Strumenti che indagheremo nell’ambito delle relazioni orizzontali esaminate più avanti nel percorso sulla teoria organizzativa.

Nella direzione del coordinamento operano, oltretutto, anche i sistemi operativi, che si sovrappongono ai tradizionali strumenti di integrazione, con le loro funzioni di guida delle azioni organizzative, alla ricerca di congruenza tra obiettivi organizzativi e comportamenti degli attori, che vengono prima attivati, poi programmati e controllati, eventualmente sanzionati o premiati, costituendo la dimensione dinamica e fattuale dei risultati organizzativi.

In tal senso i principali sistemi operativi sono la comunicazione, il controllo (delle attività) e la valutazione (degli operatori) e le loro caratteristiche strutturali variano in contesti e forme organizzative differenti. Se i sistemi operativi sono per il nucleo operativo dell’organizzazione le linee guida di obiettivi, azioni e risultati, per il vertice strategico sono importanti sul piano della raccolta, organizzazione e interpretazione delle informazioni, relative allo svolgimento delle attività operative nell’ambito delle finalità delle strutture organizzative.

Note
1
Gli articoli sono tratti da “Le regole dell’organizzazione” e “La musica del management” editi da “ad est dell’equatore”, 2017 e 2024. https://www.adestdellequatore.com/categoria-prodotto/kuang11/.
Per eventuali contatti con l’autore la mail è antonio.dantonio@unina.it

2
H. Mintzberg
, La progettazione delle organizzazioni aziendali, il Mulino, 1996.