Dal concetto all’uso per soluzioni pratiche a situazioni di divergenza e conflitto

La parola “cornici” rimanda ad autori di lingua inglese, dove il termine è frame, quali Goombrich e Bateson.

Per essi la cornice è ciò che definisce un ambito, un contorno che limita una forma, e pertanto si può assimilare il concetto di cornice a quello matematico di “insieme” o “classe”. Ora, per procedere in modo un poco intuitivo, possiamo dire che qualsiasi fenomeno – sia esso un concetto, un comportamento o una percezione o altro – si dà a vedere all’interno di una certa cornice, ovvero a partire e in funzione di una serie di condizioni di possibilità. Esemplificando, se io non desidero collaborare con Mario è perché non ho molta fiducia in lui, penso che mi possa danneggiare e anzi sospetto che tendenzialmente lo desideri. “Non mi fido di Mario” comporta, almeno per me, nella fattispecie, quanto anzidetto: questa è la cornice all’interno della quale ha senso la frase “non mi fido di Mario”, con l’emozione e quant’altro ad essa collegata. Si pensi ora a quanto accade normalmente nei fenomeni di negoziazione: io voglio essere pagato di più, tu vuoi invece che io lavori di più.

Normalmente la cosa si risolve inserendo la problematica in altre cornici, per esempio una prospettiva temporale più ampia, o la considerazione di problemi finora sottovalutati (la crisi economica per esempio).

Abbiamo quindi qui per le mani un tool per un reperimento di soluzioni in situazioni di divergenza motivazionale, valoriale, tattica (che fare) o strategica (dove andare).

Tale processo solutorio passa per tre domande fondamentali:

  1. a quali condizioni e da quale punto di vista la motivazione (ma anche l’azione, l’intenzione, l’emozione e la sensazione) di Matteo (o quella degli ultras delle curva sud o la mia) si può considerare valida, vera, giusta o comunque comprensibile e giustificata?
  2. a quali condizioni invece si può fare lo stesso per la motivazione della “controparte” ovvero l’attore in conflitto e/o divergenza? 
  3. a quali condizioni si possono invece considerare valide, giuste, sensate o giustificate sia la prima che la seconda modalità di “vedere le cose”?

Nell’esempio già fatto la soluzione può consistere nel prendere in considerazione la co-dipendenza tra lavoratore e datore di lavoro in un contesto dove la sicurezza del posto di lavoro ha molto valore, limitato peraltro da un grado di soddisfazione del lavoratore tale da fare sì che il suo impiego non sia, alla fine, più costoso che profittevole. Ma per trovare questa soluzione bisogna in un certo qual modo comprendersi, accettare il punto di vista dell’altro, in una parola avere empatia. E inoltre avere un atteggiamento di apertura, disposto all’apprendimento e alla ricerca di nuove soluzioni. Per cui, evitando di costruire ampi argomentari teorici, elenchiamo di seguito alcune utili istruzioni per condurre con successo una strategia che cerchi di costruire cornici più ampie:

  • cercare di pensare agli altri non solo come (portatori di) problemi ma anche come (portatori di) soluzioni
  • considerare il problema o il conflitto come sensato e degno di esistere
  • evitare di impegnarsi in giochi di fiducia/sfiducia, richiesta di riconoscimento e processi alle intenzioni
  • esplorare e indagare gli interessi, le motivazioni in gioco
  • dare diritto agli altri di avere interessi (valori, motivazioni, emozioni) diversi dai nostri
  • sviluppare opzioni diverse
  • prescindere dal potere e dalla sua affermazione o negazione  (giochi di potere)
  • cercare di schierarsi (almeno provare a farlo per un po’)  dalla parte dell’altro
  • utilizzare l’ascolto attivo, fare domande interessate, utilizzare le riformulazioni (se ho capito bene lei mi sta dicendo che…)
  • dare soddisfazione e riconoscimento all’altro, alle sue emozioni e alle sue motivazioni
  • legittimare i punti di vista di tutti (tutti, anche il tuo)
  • fare attenzione ai segnali deboli, alle piccole incongruità, alle cose piccole: spesso le soluzioni vengono di lì
  • sospendere il bisogno di logica e di coerenza
  • cercare sempre una posizione che non sia né di totale assimilazione né di totale esclusione
  • accettare le appartenenze plurime e sfumate
  • evitare le contrapposizioni, il dominio e le sottomissioni

Infine vogliamo salutare il lettore con una storiella che crediamo abbia il pregio da una parte di mostrare come si esce dalle cornici che ingabbiano, dall’altra di fare vedere che non sempre questo si deve fare cercando un accordo (esistono anche divergenze cui non intendiamo rinunciare). La storiella – che abbiamo letto in una storia a fumetti di tanti anni fa e riteniamo possa esser di origine ebraica –  è questa:

Un giorno a un viandante apparve il diavolo in tutto il suo orrore e la sua malvagità: gongolava di piacere.
Viandante – gli disse – ora tu potrai esprimere un desiderio che io esaudirò. Altrimenti morirai. Ti consiglio di chiedere ciò che più desideri al mondo, perché c’è un prezzo. E me lo pagherai. 

Il viandante ci pensò su e poi con calma disse:
      –     Sparisci.