“Chi rompe paga (e i cocci sono suoi)”

 

Per essere una brava persona fondamentalmente bisogna conoscere se stesso, avere un profondo rispetto ed amore di sé e rispettare gli altri, gli animali e l’ambiente nel quale viviamo.

Molto banale, quasi ridicolo dirlo perché pensiamo che la società civile si basa su questi principi. Ma, le società evolvono e non sempre in meglio. Viviamo in una epoca confusa, dove i mezzi di comunicazione molte volte non solo non aiutano a seguire chiaramente questi principi elementari, ma riescono a far passare una serie di azioni incorrette e di dubbia etica come delle scaramucce “necessarie” per riuscire ad avere l’agognato successo.

Ogni periodo storico ha le sue particolarità – certe volte anche di atroce crudeltà – che hanno segnato l’evoluzione dell’umanità. Ridiamo, quando facciamo allusione al “chi sei, da dove vieni e dove vai”, ma è importante fare capire a chi sta crescendo, a chi sta educandosi, anzi, esagero e dico a tutti, che la conoscenza è basata sulla acquisizione di concetti già esperimentati da altri, saputi e trasmessi, messi a nostra disposizione per arricchire la nostra mente.

Anticamente c’era la tradizione orale e molti popoli trasmettevano il loro patrimonio culturale oralmente senza l’utilizzo della scrittura avvalendosi della trasmissione delle usanze, delle pratiche, dei riti, utilizzando la forma verbale ossia la parola, insieme a dei simboli, dei disegni e a tutto quello che a loro apparteneva.

Penso alla Iliade ed alla Odissea dove i versi di Omero furono trasmessi per secoli oralmente, all’Africa e/o al Sud America, dove da piccolissima in Salamanca – Cile, città agricola nella Regione di Coquimbo, regione di vocazione agricola dove il principale ingresso economico proviene dallo sfruttamento del rame della miniera “Los Pelambres” che si trova nel cordone andino (miniera di rame scoperta da mio padre tra gli anni ’50 e ’60), tutti i bambini ci sedevamo sulle pietre a sentire “Pietro”, un minatore che probabilmente non avrà avuto più di 48 anni ma ai miei occhi era un vecchio magico che ci raccontava storie delle terre andine, certe volte facendoci vivere nella paura di brutti incontri per giorni, racconti e storie che forse non ricordo pienamente, ma che mi hanno insegnato moltissimo e non ho mai dimenticato.

Oggi, un adolescente (diciamo “occidentale” per restringere un po’ il cerchio) ha a sua disposizione i libri, la televisione, il cellulare, l’ipod/lettore Mp3, il pc, la playstation, i videogame, il tablet, internet e tutto il suo mondo con tutto quello che significa.

Ossia, tecnologia avanzatissima che offre la conoscenza a portata di mano. Secondo l’ISTAT: Cresce la quota di famiglie con accesso a Internet: tra il 2012 e il 2013 passa dal 55,5% al 60,7% e nel 2012 il 55,5% delle famiglie dispone di un accesso a Internet e il 59,3% possiede un pc.

Il 51% delle famiglie ha tre o più televisori in casa (19% più di tre, 13% uno, 36% due); emerge una singolare coincidenza fra la percentuale dei ragazzi e dei genitori con la televisione collocata nella propria camera (47%), quasi a sottolineare l’influenza del modello genitoriale; nel 84% dei casi ai ragazzi capita di restare soli davanti alla tv (nel 54% anche dopo le 22:30), in situazione di totale autogestione del telecomando, fonte: attuttascuola.it

Il problema è che la maggior parte dei ragazzi non ha degli adulti che possano trasmettere oralmente o meglio ancora con l’esempio, una linea ideale da seguire. Una figura che rappresenti una guida generazionale che li aiuti a distinguere cosa è veramente importante per la costruzione del se.

I genitori molte volte sono troppo occupati per dedicare del tempo ai loro figli, ma la cosa veramente preoccupante è che sono precisamente questi genitori che trasmettono dei valori completamente fuorvianti su cosa può essere importante o meno per ognuno. Crescono pensando che quello che realmente conta è il denaro e le cose che con questo puoi avere, convinti oltretutto che ogni mezzo è lecito per procurarselo. Credo che sono pochissimi quelli che conoscano Omero, o che siano coscienti di quanta gente sia morta nella seconda guerra mondiale o chi è stato Gabriel Garcia Marquez. Anche se probabilmente Marquez possono conoscerlo perché dai suoi libri sono stati fatti vari film, e può anche essere che siano finiti in qualche telenovela passata in televisione.

In “Cien aňos de soledad” Marquez scriveva: “Lloviò cuatro aňos, once meses y dos días. Hubo èpocas de llovizna en que todo el mundo se puso sus ropas de pontifical y se compuso una cara de convaleciente para celebrar la escampada, pero pronto se acostumbraron a interpretar las pausas como anuncios de recrudecimiento”. Leggerlo, apre la mente alla immaginazione ed alla poesia, invitandoti a credere che tutto sia possibile.

Credo sia entusiasmante lo sviluppo delle nuove tecnologie, dei mezzi di comunicazione, i progressi nel campo scientifico e delle malattie, non mi stancherò mai di ammirare e meravigliarmi di tutto ciò e di tutto quello che deve ancora venire, ma penso sia importantissimo sapere chi siamo, dove siamo e soprattutto dove andiamo, non solo per noi stessi ma più che altro per quelli che si stanno formando, stanno cominciando ad affacciarsi al mondo, e molte volte lo fanno senza paracadute, perché chi glielo dovrebbe dare non è più disponibile o non è nella capacità di farlo.

Questi individui in crescita sono gli uomini del domani, saranno loro a creare, inventare, produrre, lavorare e dirigere il lavoro, governare, e non possiamo dare loro tutta la responsabilità di un futuro che non piacerebbe a nessuno di noi, loro compresi.

E come si suole dire, i cocci saranno nostri.