Siamo un numero? L’esistenza umana si può ricondurre ad un numero? E la felicità è un numero?

La tristezza, la gioia, la morte, la gloria sono numeri?

La scienza, la medicina, la salute sono numeri?

Gli atti primari quali  bere e mangiare sono numeri?

Ebbene è evidente a tutti come molti atti della nostra esistenza nonché il senso profondo della vita in genere (ovvero ciò che ci porta ad affermare che è valsa la pena di averla vissuta) non è riconducibile ad un numero eppure in questa epoca siamo letteralmente circondati e oserei dire “sommersi” dai numeri. Ogni giorno giornali e televisione “sparano” numeri: sul pil, sulla disoccupazione, sui morti, sui trend, sulle vendite, sull’inflazione, sulla deflazione, sulle nascite, sull’immigrazione, sullo spread, su ogni cosa, e non solo di natura economica, si “sparano” numeri e per ogni cosa identificata in un numero partono i confronti, i benchmark, e dai confronti (che in molti casi in particolare per il nostro paese in questo momento sono negativi), si generano ansie, aspettative, preoccupazioni, depressioni, delusioni, raramente speranze.

Pare quasi che tutta la nostra vita sia riconducibile ad un numero. E su questo concetto vorrei soffermarmi e richiamare la vostra attenzione.

Non vi è dubbio che i numeri siano importanti.

In matematica, un numero è un modo di esprimere una quantità, oppure la posizione in un elenco di elementi, oppure il rapporto tra grandezze dello stesso tipo.[1] Il concetto di numero nasce per la necessità del conteggio, come astrazione del concetto di quantità, realizzato attraverso una corrispondenza biunivoca tra elementi di due insiemi distinti. (wikipedia).

E attraverso questo strumento molto efficace si riescono a sintetizzare molti elementi, a confrontarli tra loro e a trovare una chiave di lettura univoca. Ma è proprio questo a mio avviso il punto centrale.

La nostra esistenza, la nostra vita, la vita di ciascuno individuo, non è uguale a quella di un altro. I pensieri, i bisogni (Maslow), le esigenze, le capacità, le attitudini, gli affetti, le prerogative professionali di una persona sono diverse da quelle di un’altra persona. Ed i numeri tendono, per loro natura,  ad omologare. Ma come si possono omologare i sentimenti? Come si possono omologare le capacità? Come si può omologare la bellezza, la felicità? Come si possono omologare le difficoltà, le sofferenze, i dolori, la tristezza, la morte?

In particolare, in epoca contemporanea e, nella fattispecie nell’ultimo secolo, molto della nostra esistenza è ruotato intorno all’economia (dipeso, sollecitato, derivato, imposto dallo sviluppo economico). Cioè si è sempre più legato lo sviluppo della società al suo sviluppo economico. Ma anche questo è un “trucco” derivante dai numeri. Questa equazione in natura non esiste. Non vi è alcun nesso tra lo sviluppo economico di un Paese o di un tessuto sociale e la sua felicità, le sue ansie, i suoi valori, la sua civiltà, i suoi affetti, la sua religione.

Se prendiamo ad esempio gli anni che vanno dall’immediato dopoguerra fino al 2008 i paesi occidentali hanno vissuto una crescita economica senza precedenti. Se quindi andassimo ad analizzare i numeri (pil in primis, etc.) dovremmo concludere  che la nostra società in quegli anni si è fortemente evoluta e, se l’economia avesse un senso avrebbe dovuto portare un fortissimo aumento del benessere (misurato in termini di soddisfazione dell’esistenza, di felicità individuale) degli uomini e delle donne che hanno vissuto in questi paesi.

Ma purtroppo sappiamo bene che non è andata così. Anzi la crisi del 2008 è derivata dalle conseguenze che il forte sviluppo economico degli anni precedenti ha determinato. E cioè lo sviluppo economico dal 1950 al 2008 ha si portato nelle case il televisore, le automobili, le lavatrici, e poi i computer, i cellulari, internet ma anche la spregiudicatezza, l’arrivismo, il consumismo, il desiderio di arricchirsi, la sopraffazione, l’ambizione smisurata, il pensare che ci si potesse arricchire con altri metodi e non con il lavoro. La crisi del 2008, dalla quale ancora non usciamo, è derivata dal predominio dell’economia e della legge dei numeri sulla legge delle coscienze, della morale, della giustizia, dell’etica. Il presupposto dello sviluppo economico infinito ha generato sistemi di gestione e di incentivazione dei CEO (e non solo) basati sugli incrementi trimestrali dei fatturati e dei profitti che ha generato gestioni a volte a dir poco “disoneste”,  a falsificare i bilanci, a erogare mutui e prestiti senza adeguate garanzie di rimborso etc (storia ormai a tutti nota).

Un tessuto sociale, una società di persone, una comunità sono una cosa molto complessa che per evolvere non può dipendere da un solo elemento, tanto-meno da quello economico come la storia recente ci ha insegnato.

E  allora?

E allora sostengo che non si può ricondurre la nostra esistenza solo ai numeri. E allora sostengo che la stessa economia se non produce un aumento del benessere vero e completo delle persone (e quindi non solo di quello materiale) non ha motivo di esistere e faremmo bene ad allontanarcene. E allora sostengo che occorra rivedere sostanzialmente i principi ispiratori delle moderne società di persone affinché si rifondino i valori guida e ad essi ci si attenga fedelmente. E allora sostengo che se continuiamo a misurare pil, spread, tassi etc, senza verificarne l’impatto profondo che le politiche economiche stanno avendo sugli uomini e sulle donne che vivono nella nostra società, questi numeri non solo non sono significativi, ma sarebbe meglio non analizzarli. Soffermiamoci invece su altri elementi.

Proviamo a domandarci ed a rispondere alle seguenti semplici domande:

a) Sono felice?
b) Ho aspettative positive sul mio futuro?
c) Ho la sensazione di poter realizzare i miei sogni?
d) Che società lascio ai miei figli?
e) La serenità mia, dei miei amici e dei miei familiari è aumentata o è diminuita?

I numeri.

Pensando ad essi mi vengono in mente i sussidi audiovisivi del formatore, oppure le procedure di analisi del merito creditizio, ovvero le tecniche di segmentazione del mercato. Tutte cose molto importanti accomunate dal fatto che sono e devono rimanere tutti importanti STRUMENTI. 
Quando un formatore si affida totalmente ai sussidi audiovisivi (slide, filmati, etc.) smette di formare le persone; quando un analista di credito si affida al giudizio emesso dalla procedura informatica evita di esprimere il suo personale giudizio;  quando un esperto di marketing  si affida totalmente ai risultati delle analisi di mercato per prendere una decisione  interpreta in modo  meccanicistico il suo ruolo che invece è di interprete personale del mercato che presidia.

In altri termini tutti ottimi strumenti ma devono restare strumenti. Ogni qual volta nelle piccole, come nelle grandi questioni che riguardano l’umanità gli esseri umani si sono appoggiati, adagiati o nascosti dietro gli strumenti sono sempre accadute cose spiacevoli.

Ecco perché ritengo, e faccio un appello a quanti interpretano in questo momento ruoli strategici di opinion leader, ovvero ricoprono ruoli istituzionali, ovvero  decidono il destino di molti, in aziende come nella società, che bisogna avvalersi dei numeri come un utile strumento di consultazione, ma prima di svolgere un’attività, prima di prendere una decisione, occorra farsi anche le domande alle quali è difficile rispondere con un numero ma che forse sono le più importanti per la nostra esistenza.

 

 

L’odore della vita

 

Lo senti?

Che cosa?

Respira

Sto respirando

Chiudi gli occhi

Li ho chiusi

Inspira profondamente

Lo sto facendo

Lo senti?

Che cosa?

Si sente solo in alcune sere

in primavera

nei parchi, nei boschi, in campagna

quando c’è un po’ di umidità

Ma che cos’è?

Ti nutre il cuore

Ti avvolge nella sua magia

Ma che cos’è? Dimmelo

Non si può dire

Si sente.

 

Walter Zanuzzi

14/4/2014