La Depressione a livello clinico viene classificata in base a cause e modalità di insorgenza:

1) Depressione Endogena (primitiva; non secondaria; psicologicamente non derivabile)  

2) Esogena (secondaria a fatti ed eventi di perdita o di lutto; derivabile e comprensibile in via psicologica)

 

 

Com’è noto, persiste una dicotomia definitoria della depressione in due forma principali e contrapposte:

  1. Una forma Endogena, generata “da dentro”, fortemente caratterizzata dal fenomeno della cosiddetta “Percezione Delirante” (la Wahnstimmung di Jaspers 1913 e Schneider 1956), ad esordio brusco, istantaneo, immediato, grave, inspiegabile ed immotivato (Depressione Maggiore a Tipo Melancolico della odierna classificazione DSM IV). Nella maggior parte dei casi colpisce persone normali, senza personalità predisponente o premorbosa. La Depressione endogena è quella modalità di insorgenza del disturbo che irrompe nella vita del paziente e interrompe per sempre il suo “continuum” esistenziale, senza cause tangibili o manifeste identificabili. Questo mutamento interno catastrofico e inspiegabile è una frattura della personalità psicodinamica interna e della vita psichica normale dell’individuo, caratterizzato, per di più, da una particolare intensità dell’abnormità della percezione delirante dello stato emotivo: il grado massimo  l’esperienza riserva ai pazienti è la coazione: “la coazione si ha quando una persona non può liberarsi di determinati contenuti di coscienza, sebbene nello stesso tempo li giudichi insensati nel loro contenuto o per lo meno li consideri predominanti e persistenti senza alcun ragionevole fondamento”.

  2. Una forma Esogena, generata “dall’esterno” o reativa, in cui è assente la modalità precedente di insorgenza, ma al contrario ha insorgenza lenta, subdola, ad andamento variabile, spiegabile e motivata. La Depressione Maggiore è i relazione sintomatica di un evento esterno a cui il soggetto reagisce con dolore, è una reazione in relazione di comprensibilità psicologica con l’avvenimento, esiste una contiguità logica a  seguito di un evento doloroso, traumatico o stressante. E’ in consequenzialità temporale con l’avvenimento scatenante (eventi luttuosi, separazioni, malattie, crisi lavorative, etc.): la depressione reattiva è in “continuum” esistenziale con i vissuti del soggetto.

Quando esiste una personalità depressiva spesso si ha una evoluzione psicodinamica del temperamento di base e per i casi di questo tipo si è coniato il termine di “Depressione Endoreattiva” per voler indicare i casi in cui la personalità predisponente e premorbosa costituisce un ruolo importante nella reazione esagerata o eccessiva a un evento di perdita.

La Depressione Endogena “nasce da dentro” e presenta un substrato genico in contrapposizione con una sofferenza legata alle problematiche ontogenetiche della vita dell’individuo. Si tratterebbe di una Depressione nevrotica contrapposta ad una Depressione psicotica. Oggi con questo termine si tende a connotare le forme depressive molto gravi con delirio olotimico, o delirio congruo all’umore, come il delirio di rovina, di miseria, di gelosia, non rare negli anziani.

 

La Depressione Endogena è caratterizzata da:

  • insorgenza brusca, immediata, grave
  • assenza di una spiegazione (criterio della inderivabilità psicologica)
  • assenza di un evento doloroso o scatenante reale e  riconoscibile
  • esperienza di distacco e di estraneità, apatia, senso di vuoto,
  • lamentosità e tristezza
  • dilatazione del tempo presente
  • assoluta areattività dell’umore
  • alterazioni del sonno (ipersonnia diurna, insonnia con risveglio precoce)
  • perdita di appetito
  • perdita del desiderio sessuale
  • peggioramento al mattino, miglioramento serale
  • buona risposta al trattamento farmacologico
  • tendenza alla familiarità

 

La Depressione Esogena o Reattiva , invece, è caratterizzata da:

  • insorgenza lenta, graduale
  • i sintomi compaiono in seguito ad un evento doloroso, reale e riconoscibile
  • consapevolezza e individuazione delle cause (criterio della derivabiltà psicologica)
  • ostilità, tendenza a incolpare gli altri
  • difficoltà a relazionarsi con gli altri e a comprendere i sentimenti altrui
  • storia di frustrazioni relazionali del soggetto lungo il corso della propria vita
  •  meno accentuati i sintomi quali: ansia, astenia, disturbi sessuali, insonnia
  • Presente una certa reattività dell’umore agli eventi positivi
  • tendenza a manipolare gli altri

 

Alla luce delle conoscenze neuroscientifiche attuali ed aggiornate si propende per l’ipotesi  dello ipnoidismo (stato mentale simile al sogno) della Percezione Delirante è la spiegazione più plausibile alla luce delle attuali conoscenze.

La modificazione dello stato emotivo normale in uno stato di vero e proprio incubo, uno stato ipnoide, in senso strettamente etimologico, con cui indichiamo stati psichici arcaici, primordiali, endogeni, slatentizzati bruscamente e che, una volta dispiegati, operano preformatamente ed automaticamente.

Questi stati sono caratterizzati da operatività all’interno di una coscienza alterata, oniroide (la cui logica surreale cesella il linguaggio drammatizzato, tragico e simbolico dell’esperienza), metatemporale. Tale tipologia di Percezione Delirante può caratterizzarsi per esperienza acuta (fino al blocco psicomotorio), oppure di tipo crepuscolare (la coscienza si scotomizza ed il soggetto è percorso da emozioni violente ed incontrollabili) e oniroide (ove la coscienza è alterata a tutto campo, si oppone al reale col vissuto in sé dei significati che si sospendono, si perdono e si confondono tra immaginazione  e realtà). Questo fenomeno psicopatologico  (e non psicologico…) costituisce una esperienza “sui generis”, inimmaginabile incredibile per i soggetti che non ne hanno mai avuta esperienza, e il soggetto malato stesso tende a declinare l’esperienza di questo mutamento interno catastrofico e irreversibile piuttosto come inesprimibilità ed indicibilità del vissuto. Da qui il silenzio, la vergogna, il ritiro sociale, il misoneismo (ostilità e avversione verso le novità).