Quale futuro per questo elemento vitale per il genere umano e per la Terra???

Lo scorso 22 marzo 2018, Giornata Mondiale dell’Acqua, presso l’Ufficio del Parlamento Europeo di Milano, si è tenuto un convegno  organizzato da MondoHonline (http://mondohonline.com/wp/), che abbiamo seguito attraverso la nostra collaboratrice Graziella Falaguasta. Il titolo “Nuove resilienze metropolitane dalle patologie ed emergenze dell’acqua” lo rendeva fortemente incentrato sui problemi soprattutto di inquinamento dell’”oro blu” e, in particolare, in Lombardia. Fra tanti scienziati e tecnici intervenuti, è emerso l’intervento di Gabriella Campioni, insegnante di scuola elementare, che ha affrontato il tema da un punto di vista completamente diverso, quello dell’educazione delle nuove generazioni su quell’elemento vitale che ormai viene definito “il nuovo petrolio”, in nome del quale si combattono vere e proprie guerre (ved. ad esempio, http://www.lastampa.it/2018/03/22/scienza/la-guerra-dellacqua-conflitti-per-conquistarla-BEQuVdPU06eOvjMufRAg9J/pagina.html).

La prima perplessità della relatrice nel partecipare al convegno era stata “ma cosa c’entro io, che vanto – solo – anni (lontani) di insegnamento alla scuola elementare?”  La risposta è stata molto semplice “amando le sfide, e forte della curiosità e dei pungoli lanciati dal presidente di MondoHonline, Carlo Alberto Rinolfi, mi sono messa a ricercare”. Ecco il suo contributo e dalle sue parole il percorso intrapreso.

A cura di Graziella Falaguasta e Gabriella Campioni (*)

 

 

 

Acqua bene comune

Fonte basilare per le mie ricerche sul tema acqua sono stati alcuni report dello IHE (IHE Delft Institute for Water Education, https://www.un-ihe.org/), il massimo istituto mondiale per l’educazione in tal senso e l’esperienza di un figlio che da anni lavora in paesi in via di sviluppo. Confesso che mi ha sconvolta non solo la reale portata del problema, ma anche quanto poco in realtà se ne parli. In effetti, il 16 maggio Città del Capo potrebbe essere dichiarata la prima città al mondo senz’acqua: forse ci importa poco perché qui sembriamo averne in abbondanza? Non è del tutto vero, l’Italia è tra i paesi ad alto rischio di “stress idrico” nelle mappe dell’ONU. Ci rendiamo conto che sono già in atto business, se non proprio guerre, e che si possono scatenare ulteriori migrazioni ed epidemie?

L’acqua, peraltro, è “solo” uno fra tanti problemi che si fanno reciprocamente da cause ed effetti: urbanizzazione, cambiamento climatico, deforestazione, industrializzazione, agricoltura/allevamento intensivi, politiche miopi, infrastrutture obsolete, inquinamento, consumismo, disinformazione, spreco, ecc. In contesto umanitario, il fabbisogno minimo di acqua è di 5 litri al giorno per persona: in Italia ne consumiamo 241, primi in Europa e terzi al mondo. A ogni scarico del wc se ne vanno almeno 8 litri di acqua potabile, buona. L’educazione all’acqua è praticata più nei paesi in via di sviluppo che da noi, responsabili tra l’altro di molti dei loro problemi.

Le agenzie educative primarie: la scuola

Tutto ciò implica che concentrarsi solo sull’acqua non basta, si corre il rischio di risolvere un problema peggiorandone altri, come troppo spesso abbiamo fatto e come raccomanda di non fare il già citato IHE. E questo chiama in causa la scuola come principale agenzia educativa oltre alla famiglia. Ma anch’essa soffre della parcellizzazione dei nostri interventi e della nostra mentalità.

Secondo il pedagogista Sir Ken Robinson, la scuola attuale fu creata allo scopo di produrre “stile catena di montaggio” lavoratori e menti per l’allora nascente Rivoluzione Industriale, epoca ormai superata. In particolare, Robinson lamenta che essa uccide la creatività, che è precisamente ciò di cui c’è più bisogno in un oggi caratterizzato da cambiamenti senza precedenti nella storia; quindi i modelli validi fino ieri non reggono più e occorre trovarne di nuovi, inediti. Si tratta di educare a un futuro ben più incerto di un tempo, quando le cose cambiavano un po’ alla volta e restava qualche punto di riferimento. 

In una scuola del genere l’acqua entra (facoltativamente!) come un modulo di 2-3 settimane da incuneare nel programma annuale parlando del ciclo dell’acqua e delle strategie per il risparmio idrico. Per quanto ben fatto, resta tra le righe la sensazione che sia un argomento secondario; per giunta, non di rado a casa i ragazzi vedono comportamenti  diversi da quelli auspicati rispetto al risparmio, perciò il tutto corre il rischio di finire nel dimenticatoio.

La mia ipotesi è allora quella di mettere l’acqua – vista la sua essenzialità – al centro di tutto il programma didattico. Non è poi così difficile, io stessa l’ho fatto molti anni fa con un argomento diverso. Forse i libri di testo usuali non saranno così adatti allo scopo, ma ormai con Internet si trova tutto. Effetti collaterali desiderabili: coinvolgendo nelle ricerche i ragazzi, spesso più abili con il computer dei loro insegnanti, si dà loro senso di responsabilità, autostima ed empowerment, aprendoli al mondo e diminuendo la disaffezione e l’abbandono scolastici e perfino il bullismo. Se poi si permette la collaborazione di figure esterne dotate di competenze specifiche, si raggiunge anche l’obiettivo dell’intergenerazionalità, oggetto dell’intero Anno Europeo 2012.

Venendo a qualche esempio, meno guerre puniche e più studio di come stanno evolvendo la demografia (invecchiamento, migrazioni), l’urbanizzazione, le strategie per l’approvvigionamento idrico in vari paesi in funzione delle condizioni ambientali; maggiore capacità di interpretare report ufficiali e grafici e di stendere relazioni. Per la matematica, a seconda dell’età, i ragazzi possono imparare il concetto di misura verificando fisicamente quanti bicchieri d’acqua se ne vanno lasciando aperto il rubinetto mentre ci si lava i denti, poi si moltiplica il risultato per  il numero dei compagni, dei familiari, della popolazione; poi lo si traduce in litri confrontando il dato ottenuto con la disponibilità di acqua potabile del pianeta, che è solo il 2,5% della massa idrica…Tanto, tanto lavoro vivo!

Ci sono altri due punti da includere. Uno è rafforzare la fiducia e la resilienza introducendo esempi di iniziative attuate nel mondo. Ce ne sono tante: dai cittadini che spontaneamente si impegnano a ripulire le spiagge ai progetti più inclusivi rispetto all’ambiente, come la permacultura, i lagunaggi o la riforestazione: uno di questi è stato lanciato da un bambino tedesco di 9 anni e ora coinvolge migliaia di ragazzi in molti Paesi!  (https://www.plant-for-the-planet.org/en/home)

L’altro punto, che manca non solo nella scuola, è il cuore: sentire che l’acqua, il pianeta, la natura e noi siamo un tutt’uno fittamente interconnesso; scendere dal piedistallo che implicitamente fa dire a certa scienza che è più intelligente della natura (e della Vita?). La letteratura, l’antropologia, la musica, le arti figurative sono fonti ricchissime in tal senso, laddove l’arte è il mezzo principe per sviluppare il senso del bello e la creatività. Un corollario è sperimentare, entrarci dentro con tutti i sensi.

 

Un sistema di insegnamento integrato e inclusivo: sperimentazioni alle porte di Milano

Ovvio, il tutto va modulato in funzione dell’età, ma si può cominciare molto presto. Sono stata fiera di presentare al convegno la scuola dell’infanzia del paese in cui risiedo, Rodano (Milano), intitolata a Leonardo da Vinci e parte dell’Istituto comprensivo di Settala, sempre alle porte di Milano Qui si sono applicati e si continuano ad applicare tutti i principi e le strategie di un insegnamento veramente integrato e inclusivo.

Inclusività. Nell’ambito di un programma triennale sull’alimentazione, i bimbi (età 3-5 anni!) hanno visto che, per far crescere i semi, occorre una F.A.T.A., ossia l’azione sinergica dei 4 elementi Fuoco (sole), Aria, Terra e Acqua, sperimentata coltivando l’aiuola aromatica e l’orticello, i cui prodotti vengono consumati a scuola oppure conservati.

Tento di estrapolare le attività per l’acqua sintetizzando al massimo e sottolineando che sono stati coinvolti anche bimbi diversamente abili  grazie a un ulteriore impegno di inclusione.

Progetto “Il viaggio di Gocciolina Chiara”

All’Expo 2015 di Milano i bambini hanno raccolto, mediante particolari imbuti, le gocce d’acqua che scendevano per poi riversarli in appositi contenitori (simulazione della raccolta dell’acqua piovana, che per molti paesi è una fonte importante di approvvigionamento idrico). Per imparare il ciclo dell’acqua è stato realizzato un grande murale: piedi per le nuvole e mani e materiali vari per la terra. È stata inventata la storia di Arco Baleno e si è organizzata una “merenda colorata”, i cui invitati sono stati accolti dai bambini sotto un telone dai colori dell’iride. In ben poche scuole, parlando del ciclo dell’acqua, si include l’arcobaleno!

 

Progetto  “Come Leonardo: occhi curiosi, mani creative”

Coltivare la curiosità: Visite all’Expo, al parco ittico, all’acquario di Genova, alla “casetta dell’acqua” donata dal CAP  (locale Consorzio Acqua Potabile)  dopo l’Expo, a una cisterna e a fossi e fontanili nel territorio, con i chiusini per la regolamentazione del flusso idrico. E alla vicina Cascina Santa Brera (San Giuliano Milanese, a due passi dall’aeroporto di Linate, http://www.cascinasantabrera.it/ ), dove si pratica la permacultura, un metodo agricolo che tra l’altro razionalizza l’uso dell’acqua. Si usano lenti d’ingrandimento per vedere le cose per benino.

Altri adulti coinvolti-intergenerazionalità. Le farmaciste locali hanno guidato i bambini in alcune preparazioni galeniche con l’acqua, il che ha richiesto misurazioni precise. I “nonni giardinieri” li hanno seguiti nelle aiuole, dosando l’innaffiatura. Le “nonne lettrici” hanno raccontato e animato storie…

Sperimentare la mancanza d’acqua. Aprirsi al mondo. Un giorno, per due ore, sono stati chiusi i rubinetti (geniale, è l’uovo di Colombo!). Grazie alla corrispondenza con un bimbo del Bénin, adottato dalla scuola tramite l’associazione Aleimar della vicina Melzo (Milano), si sono confrontate le diverse condizioni ambientali e abitudini. 

Consapevolezza dell’ecosistema. In giardino ci si rende conto delle interconnessioni tra i vari elementi. C’è persino uno “snack Bar” per i piccoli amici uccellini e insetti!

Non manca il riuso, anche delle bottiglie di plastica…

Metterci cuore e senso di stupore: beh, in tutto il lavoro svolto!
Ho chiesto all’insegnante Fulvia se, a suo parere, nel tempo i bambini dimenticano le buone pratiche e le consapevolezze apprese vedendo certi comportamenti degli adulti e nei successivi anni scolastici, in cui sono presi da altre richieste e altri metodi.

Incontrandoli qualche anno dopo la scuola dell’infanzia, mi ha risposto, vedo che sì, è possibile che abbiano dimenticato, ma basta un nonnulla, un ricordo, per “riaprire il file” che si è “registrato dentro” (lo dice toccandosi il petto all’altezza del cuore) grazie alle esperienze fatte, all’averci messo mani, impegno ed entusiasmo insieme a noi adulti. Registrare nel cuore con ogni stratagemma: ecco il “trucco”! Con la sola  mente si possono fare pasticci e si dimentica.
Da ex-insegnante, tutta la mia ammirazione per queste colleghe (Raffaella, Caterina, Irina, Paola, Giancarla, Renata, Lucia, Orietta,  Fulvia, Simona e Serena) e al dirigente scolastico  Gabriella Fumagalli. Non è facile trovare scuole così e bisognerebbe che questa impronta venisse perpetuata negli anni successivi e copiata da altre scuole.

 

(*) Gabriella Campioni vive da 50 anni a Rodano (Milano), nella cui scuola elementare ha insegnato per oltre 25 anni e dove ora si occupa di cultura e temi sociali collaborando con la Biblioteca e altre associazioni locali. Nel 2012, Anno Europeo dell’invecchiamento attivo e della solidarietà fra generazioni, ha partecipato a un progetto con alcune università, approdato al Parlamento Europeo.

Curiosa praticamente di tutto, propone le sue pluriennali ricerche anche sul funzionamento della mente e possibili vie per l’evoluzione integrale dell’essere umano in un corso presso l’Università del Tempo Libero della Fondazione Humaniter di Milano.