Sostegno al welfare e alle capabilities dei cittadini1

1. Premessa
Il termine microfinanza può essere direttamente associato al termine microcredito, un modello di supporto al welfare e alle capabilities delle persone svantaggiate pensato e creato nel 1976, in Bangladesh, da Mohammed Yunus. Dall’esperienza pioneristica in Bangladesh, il Microcredito è stato replicato in tutto il mondo e ormai sono più di duecento cinquanta milioni le persone che, a vario titolo, sono coinvolte da questo programma.
Per capire l’essenza del modello proposto da Yunus è sufficiente osservare le banche tradizionali e immaginare il loro contrario: “le banche tradizionali prestano solo ai ricchi, noi prestiamo solo ai poveri; le banche tradizionali vogliono una garanzia, noi non la chiediamo; le banche tradizionali vogliono sapere tutto dei loro clienti, noi vogliamo sapere solo dell’impegno che ci metteranno; loro prestano solo agli uomini, noi prestiamo solo alle donne…”2.

Colto nelle sue linee essenziali il modello del microcredito si contrappone nettamente alle forme bancarie attualmente presenti nel mondo globalizzato. La microfinanza praticata attraverso il modello di Yunus fa riferimento ad una visione del mondo nella quale il punto cardine è il superamento del paradigma dell’homo oeconomicus. Un paradigma interamente dedicato al profitto, anche quando, e laddove il processo di arricchimento è un evidente e distorto modello di sviluppo che porta la realtà locale all’esaurimento delle risorse materiali e umane determinando un deserto relazionale, affettivo e culturale, nonché economico dove sarà destinata a regnare la povertà.

Un altro aspetto importante del modello di Yunus è la messa in evidenza del processo che porta “dalla carità al credito”, spesso definite, da molti studiosi, le intenzioni implicite del microcredito.
E tutto ciò innanzitutto perché bisogna salvaguardare la dignità di ciascun essere umano nei confronti degli altri e di se stesso. Trasformare il senso di vergogna nell’essere povero, riconosciuto socialmente inabile, nullatenente e nullafacente, in orgoglio… è qualcosa che ci riporta alle ricerche di Amartya Sen e alla convinzione dimostrata dai suoi lavori in cui è evidente come la mancanza di uno sviluppo corretto delle risorse stia alla base della povertà e di come questo valga sia per gli individui che per le Comunità di cui sono parte.

1.1. Similitudini con il modello del microcredito nel mondo: un esempio

In alcuni paesi africani esistono forme di prestito solidale basate sulla pariteticità e la reciprocità tra le persone coinvolte; una forma di prestito rotativo. In Mozambico, quello che viene chiamato Xitique è uno strumento molto diffuso e ha forti somiglianze con la filosofia del microcredito: solidarietà e reciprocità mediate dal gruppo, dalla comunità tribale. Lo Xitique fa riferimento a forme culturali tipiche della cultura bantu e permane nel mondo agricolo diversamente da quanto avviene in città dove tutto viene “occidentalizzato e globalizzato” ovvero riferito al sistema bancario finanziario world wide che, viceversa, viene dato come unica possibilità, come una sorta di destino ineluttabile del mondo e delle relazioni umane.

2. Le ricerche
Il microcredito, da parecchi anni, è ormai oggetto di studi e di ricerche in diverse parti del mondo e la letteratura che se ne occupa cresce esponenzialmente anche sul piano multidisciplinare. Le ricerche, infatti, toccano non solo questioni di finanza in senso stretto, ma anche temi e contesti in cui l’economia entra in relazione con esse occupandosi dei cosiddetti beni relazionali. Ad esempio aspetti legati alla disciplina psicologica e dei gruppi in particolare, laddove il microcredito si interessa di disagio psichico; in questo ambito il microcredito può essere utile per ricreare sostegno e fiducia in persone che l’anno persa per motivi di salute;  da un altro fronte per cercare di abbattere i costi della cura e dei ricoveri. Un tema assai caldo in tempi di crisi e di tagli nella spesa pubblica.
Qui non trascuriamo l’utilità dello strumento coadiuvato dalle conoscenze e metodi offerti dalla psicologia per ridare una possibilità di reinserimento alle persone che hanno vissuto periodi di detenzione, fino, ma non ultimo, come strumento per accogliere e includere soggetti che provengono da altri contesti geografici e culturali. Il contributo dell’antropologia e della psicologia si rivela ogni giorno sempre più interessante non solo per il confronto che può facilitare con altre forme similari di sostegno economico e finanziario presente nelle diverse culture non europee, africane in particolare (già brevemente citato), ma maggiormente nei processi di accoglienza e di inclusione sociale, anche a fronte della continua migrazione che dalle coste del Nord Africa si riversa quotidianamente in Europa, passando per i territori del sud del nostro Paese, già fortemente provati dalla crisi.
Queste riflessioni sono sempre state alla base delle nostre ricerche e hanno interessato integralmente tutte le discipline coinvolte che si sono interrogate, a più riprese, su come il prestito e la realizzazione di forme solidali nello scambio del denaro diversifichi anche notevolmente l’idea di sociale e di polis che le persone con i loro valori e la loro cultura contribuiscono a realizzare.

Per quanto concerne un campo di ricerca specifico di cui ci siamo occupati negli ultimi anni ricordiamo qui brevemente le ricerche sviluppate in Emilia Romagna, Regione scelta anche in virtù della vasta presenza di programmi di microcredito, ventotto, dedicati a diverse tipologie di popolazione quali stranieri, donne, famiglie in sovra-indebitamento, ecc.
Da queste ricerche sono emersi diversi prodotti3 ai quali accenniamo solo brevemente per ragioni di spazio:
Guida Pratica per il Microcredito che sarà offerta alla rete di operatori della Regione proprio per aiutare nell’opera di promozione il più possibile corretta dello strumento;
Un testo edito dalla FrancoAngeli dal titolo: faremicrocredito.it (2014) che riporta le ricerche fatte e al quale abbiamo già rimandato il lettore per ulteriori approfondimenti.

Le ricerche hanno interessato una vasta popolazione presente in diversi settori delle istituzioni della Regione, nonché persone comuni che hanno conosciuto i programmi di microcredito per necessità personali e familiari, nonché operatori deputati, in diverse forme, all’accompagnamento nel percorso di implementazione del programma e percorso di restituzione del prestito.

Nello specifico sono stati distribuiti a tutte le istituzioni di microfinanza della Regione dei questionari esplorativi al fine di raccogliere le informazioni sui diversi modelli di operatività e di performance finanziaria. Lo scopo è stato quello di analizzare il processo attraverso il quale i servizi di microfinanza forniscono e assicurano inclusione finanziaria e sociale.
Questi dati sono stati affiancati ad ulteriori indagini tese a considerare il fenomeno nella sua multidisciplinarietà attraverso l’analisi del settore microcredito in Italia con interviste fatte ad alcuni personaggi chiave come: i volontari e gli operatori di filiale.
L’analisi della domanda, dei bisogni finanziari è stata condotta attraverso la raccolta di dati demografici e di interviste socio-antropologiche al target potenziale e reale inerenti ai programmi di microcredito.

In estrema sintesi le ricerche sono state condotte con una prospettiva multidisciplinare dove ciascuno operatore ha contribuito ad arricchire il gruppo e ad arricchirsi a sua volta venendo a conoscenza delle posizioni dell’altro. Così le prospettive di ognuno si sono potute modificare e ampliare senza tuttavia tradire le proprie impostazioni disciplinari. In questa direzione hanno dialogato psicologi, economisti, giuristi e antropologi. Gli incontri in assetto gruppale hanno interessato in particolare l’identità e la metodologia del microcredito e del social business.

3. Prestiti e fiducia ai non bancabili: intuizioni, strumenti e metodi di intervento
Consentire ai non bancabili di promuovere le loro capabilites, rappresenta un modo di intendere l’economia secondo una accezione fondamentalmente basata sugli aspetti relazionali: Oikòs nomos, ovvero “la regola della casa”; una regola centrata sulla relazione che tiene conto dell’esistenza delle persone più fragili e vulnerabili, dei quali si riconoscono le risorse. Se questa cura tende ad essere presente nell’ambito del sistema relazionale familiare, non è la stessa cosa per le relazioni che si attuano all’esterno del circuito familiare laddove, viceversa, diventa quasi ovvio il sistema dell’esclusione. Il concetto di Oikòs nomos, infatti, è molto lontano da quanto concepito dal c.d. mainstream; una economia globalmente diffusa che vede il denaro rappresentato principalmente nella sua accezione di concretezza simile al vorace potere di Re Mida che trasformava tutto in oro fino a morirne.
Da una prospettiva psicologica e antropologica abbiamo compreso assai presto la straordinaria intuizione di Yunus anche per la contiguità tra una tale concezione dell’economia e il pensiero gruppo analitico nella sua ricerca sulla costruzione della mente e sulle conseguenze che l’habitat di vita ha sulle relazioni familiari e sociali: regole della casa incluse.
Karl Polanyi, teorico della Scuola di Francoforte dove ebbe origine la teoria gruppoanalitica per opera di S. Foulkes e N. Elias ci parla, infatti, di una Economia “embedded in Society”. Una oikòs nomos che regola il processo di acquisizione dei contenuti mentali, cognitivi, affettivi ed intrapsichici.
Il Microcredito modello Grameen, utilizzando il gruppo e la Comunità come setting operativo ha evidenziato quanto la cooperazione e la condivisione possano essere le basi per quel processo di aiuto all’imprenditorialità che permette agli individui di sviluppare le loro capacità e di tradurre le loro idee in piccoli progetti imprenditoriali, e alla Comunità di arricchirsi di cittadini capaci, responsabili e attivi dove la rivalità non è giocata tra gli uni contro gli altri, ma come substrato solidale per contrastare le difficoltà della vita.

 

4. Dalle ricerche alla formazione
Già nell’idea originaria di Yunus il setting operativo era basato sulle relazioni di gruppo, perché secondo Yunus gli individui che hanno ricevuto riconoscimento, sostegno e fiducia nel gruppo vorranno contribuire a sostenere una tale piccola Comunità in via di formazione, che li ha valorizzati, e lo vorranno fare anche restituendo il prestito ricevuto. Su questo aspetto gruppale occorre tenere un’attenzione focale costante perché può capitare che venga meno questo rapporto fiduciario basato su un reciproco riconoscimento, innanzitutto a partire dalla comunità e questo determinerà reali problemi nelle persone che dovranno portare avanti il programma fino alla restituzione il prestito.
Da un altro fronte se nel fare microcredito il prezioso e sofisticato sistema relazionale basato sulla fiducia reciproca, su cui si basa il microcredito Grameen viene tralasciato, la procedura di prestito/restituzione potrà trasformarsi in una procedura del tutto simile a quella erogata da un sistema bancario tradizionale. Infatti, se in chi si pone nella posizione di erogatore di microcredito non c’è la necessaria chiarezza del valore della relazione di riconoscimento delle potenzialità dell’altro, le persone coinvolte, proprio per le loro condizioni, faranno notevole fatica ad affrontare un tale processo, con una reale possibilità di perdere di vista il loro progetto perché presi troppo dall’ansia e dalla paura di fallire. Si potrebbe definire la paura di fallire e la sua probabilità, una paura commisurata all’ansia che permea l’esperienza del microcredito. Questa è un’altra ragione a sostegno del gruppo dei pari che funziona, in tal modo, anche come struttura di contenimento delle ansie.
Questi sono aspetti non trascurabili se poi vanno ad incidere direttamente sul tasso di restituzione che, nel caso delle procedure Grameen o simili, è molto elevato e si aggira attorno ad un valore che va dal 97% al 99%. Viceversa è basso nei casi in cui il sostegno, quello che in gergo viene chiamato “accompagnamento”, non viene fatto correttamente e con figure professionali debitamente formate.
Si sono addirittura verificati casi di donne, nell’Andra Pradesh, in India, che si sono tolte la vita perché non riuscivano più a districarsi dal groviglio di debiti contratti per ripagare i precedenti.
Questo aspetto costituisce un’altra spia della consistente implicazione emotiva e relazionale che è presente in questa esperienza e della necessità, per chi lavora in questi settori, di avere ricevuto una formazione coerente e solida. Nello specifico la professionalità dell’operatore di microcredito dovrebbe basarsi su una convergenza di saperi finanziari, sociali e relazionali; il tutto organizzato in una formazione che dovrebbe consentire, attraverso l’esperienza, di sviluppare le competenze cognitive e relazionali necessarie a fornire una visione di insieme del complesso fenomeno. A tale scopo, presso l’Università di Bologna, sono stati realizzati Corsi di Alta Formazione e Masters focalizzati alla formazione di operatori di Microcredito e Social Business insieme con l’Ente Nazionale per il Microcredito.

5. Riflessioni su un caso studio: microcredito e immigrazione4
Riportiamo di seguito alcune riflessioni e alcuni dati di una ricerca svolta in Emilia Romagna che ha interessato l’inclusione sociale e finanziaria di soggetti immigrati presenti nel territorio prescelto.
I dati sono stati raccolti attraverso interviste in profondità e focus group. Le prime sono state rivolte a persone immigrate (lavoratori autonomi, titolari di impresa, dipendenti e disoccupati) e a lavoratori del settore dell’inclusione sociale e finanziaria che operano in Regione; i focus group hanno visto la partecipazione di un target italiano composto da giovani precari, disoccupati, titolari di partita iva, imprenditori.
I risultati della ricerca sono stati organizzati attorno a cinque differenti focus tematici che descrivono:

  • Il ruolo delle reti sociali;
  • Il dialogo con le banche;
  • L’importanza dell’invio delle rimesse;
  • L’utilizzo del microcredito tra domanda e offerta;
  • I processi di impoverimento della popolazione immigrata e di quella italiana.

A titolo di esempio riportiamo, di seguito, solo due delle aree indagate nella ricerca inerenti ai dialoghi con la banca e all’importanza delle rimesse.

– i dialoghi con la banca

Dalle testimonianze raccolte, il ricorso agli istituti di credito tradizionale pare essere in genere evitato, perché l’individuo si aspetta in anticipo che la banca respingerà la propria richiesta; le motivazioni di un atteggiamento di questo tipo sono riconducibili alla propria esperienza ovvero alle richieste che la famiglia ha avanzato in passato.

“Le banche non mi hanno aiutato, assolutamente no. Tu sai che per le banche c’è bisogno che tu abbia o una casa di proprietà o una garanzia, altrimenti come fai?! Noi siamo in affitto… Abbiamo avuto bruttissimi momenti all’inizio, non abbiamo potuto neanche fare un assegno perché avevamo alcuni pagamenti arretrati. Da quel momento non voglio più saperne” (P. Donna peruviana, 44 anni, titolare attività).

A questo si aggiungono le dinamiche imitatorie o di “contaminazione” che, in comunità caratterizzate da una bassa fruizione dei servizi finanziari, aumentano la probabilità che la persona si situi volontariamente ai margini del sistema finanziario generale (Lupone, 2006).

– L’importanza delle rimesse

L’importanza delle rimesse ricorre spesso nelle risposte degli operatori che si occupano di inclusione sociale e che leggono l’immigrazione come un progetto familiare che coinvolge non soltanto una famiglia, ma anche tutta la sua rete relazionale parentale, con implicazioni di reciprocità e di restituzione.

 “Gli stranieri hanno, soprattutto nella fase iniziale della loro migrazione, la questione delle rimesse come molto importante. Hanno un carico di responsabilità nei confronti della famiglia e della propria rete molto grande; certe persone non tornano più a casa perché non hanno soldi per portare regali a tutti quelli che si aspettano di ricevere qualcosa. Credo che questo sia un bisogno supplementare degli stranieri rispetto a quello che possiamo avere noi”, (Ufficio Politiche per l’Immigrazione, Provincia di Bologna).

I canali di invio delle rimesse sono le banche, la rete informale e soprattutto altre agenzie specializzate di money transfer. In questo ultimo caso (Money Transfer Operators, MTOs), la scelta si spiega in termini di rapidità di trasferimento, certezza della data di arrivo, capillarizzazione delle stesse agenzie sul territorio del paese d’origine, facilità di ritiro del denaro per chi non ha un conto corrente. Tra queste variabili, la velocità del trasferimento e quindi della ricezione è spesso tenuta in alta considerazione e coincide con il buon esito della pratica (CeSPI, 2012).

“Ad oggi non ho chiesto prestiti nella mia vita, né qui né in Bangladesh, e non ho investito. Ogni mese mando dei soldi a mia madre, sia utilizzando la banca e sia attraverso alcuni nostri connazionali che cambiano soldi e fanno più veloce di una banca”, (D. Uomo bengalese, 28 anni, commesso, contratto a tempo indeterminato).
“Per fortuna ho sempre lavorato, non ho mai chiesto soldi a nessuno. Quando sono arrivato in Italia, i primi rapporti con le banche sono stati quelli per andare a mettere soldi per spedirli, la prima cosa. Prima mandavo soldi a casa, adesso sono due anni che non ne mando più, non ce la faccio. Prima abitavo con altri tre ragazzi, un po’ riuscivo a risparmiare, adesso che son da solo, con mia moglie, ancora peggio, lasciamo stare”, (A. Uomo albanese, 30 anni, contratto a tempo indeterminato).
“I soldi che guadagno ora li mando in Egitto. Ne mando pochi, per esempio 200 o 300 euro al mese e li mando con Western Union, preferisco così perché le banche in Egitto fanno sempre casino. Io l’ho fatto una volta però hanno fatto ritardi, 3 o 4 giorni. Se adesso metto i soldi vanno subito in Egitto e tutto è molto più veloce. Il mio tempo libero lo trascorro sempre qui anche perché io lavoro, tutti i giorni, dalle 11 di mattina fino alle 3 del pomeriggio. Poi dormo due ore, poi torno qui alle 5:30 fino a mezzanotte, (E. Uomo egiziano, 42 anni. Co-titolare attività)
“Loro utilizzano molto il money transfer, ne fanno un utilizzo molto forte”, (CGIL-Camera del Lavoro metropolitana).

– Nota sul caso studio
Con questa breve descrizione di un caso studio, che riprende alcune esperienze di soggetti immigrati si vuole solamente dare uno spaccato sulle attività di ricerca svolte e, come già accennato, per ulteriori approfondimenti si rimanda al testo più volte citato.

6. Riflessioni conclusive
Il contributo che presentiamo, fra le altre cose, vuole informare il lettore che stiamo seguendo l’esperienza di microcredito, attraverso studi e ricerche, da ormai 15 anni.
Quello che ci ha sempre interessato, e che ci preme sottolineare ancora una volta, è la stretta connessione fra il pensiero di Yunus e le teorie psicologiche sui gruppi. Il rapporto concepito da Yunus fra individuo e gruppo e il rapporto fra individuo e gruppo concepito dalla gruppoanalisi. Questi sono, in prima battuta, gli aspetti che giustificano la presenza della psicologia in questi programmi. In seconda battuta riteniamo che la psicologia, assieme ad altre discipline, possa dare un contributo notevole quando a essere chiamati in causa, in questi programmi, sono soggetti che esprimono relazioni di disagio: dagli immigrati, ai soggetti affetti da disturbi mentali fino ai detenuti.
In questa direzione la formazione si dovrà focalizzare soprattutto su come rendere gli operatori esperti nel promuovere la fiducia nel singolo e nel gruppo durante i processi di accompagnamento. Perché attraverso la fiducia reciproca, e in se stessi, i risultati di restituzione del credito si aggirano attorno 97%, come abbiamo visto. Un risultato assai significativo che si ripercuoterà necessariamente come benessere individuale e collettivo nella Comunità.

 

 

Bibliografia

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Note:

1. Questo articolo può essere considerato una rielaborazione di contenuti presenti nel testo di Brunori L., Giovannetti E., Guerzoni G., (2014), (a cura di), faremicrocredito.it, eds FrancoAngeli, Milano.

2. Tratto da una intervista a Yunus a “Che tempo che fa” del 07/03/2009.

3. Per ulteriori approfondimenti invitiamo il lettore a visitare il sito della fondazione Grameen Italia al seguente indirizzo www.grameenitalia.it, che ospita i materiali delle nostre ricerche; in particolare si segnala la conferenza sul micreocredito, dal titolo faremicrocredito.it, tenutasi a Bologna presso la Facoltà di Scienze Politiche il 26 maggio 2014.

4. Per approfondimenti si rimanda al testo di Chiara Bleve apparso in faremicrocredito.it, (a cura di) Brunori, Giovannetti, Guerzoni, eds FrancoAngeli, Milano, 2014, pp. 78-113.