La mia macchina del tempo personale mi riporta ai primi anni ’70, quando curavo la relazione di bilancio della Finsider, la holding parastatale dell’acciaio che gestiva tutte le grandi acciaierie, da Cornigliano a Piombino fino alla nascente Taranto. La relazione di bilancio era la sintesi delle linee di politica industriale della holding, ed era illustrata da fotografie di impianti e prodotti che spesso facevo io stesso, e da una serie di grafici che mi venivano descritti e che poi facevo a mano con rapidograf e china, allora ignaro del fatto che tutto quel lavoro sarebbe poi diventato qualche clic su Excel e io avrei dovuto inventarmi altri lavori. In quelle occasioni si facevano riunioni con ingegneri e manager per decidere come dovevano esser fatti i grafici. Una volta accadde che i dati che avevo ricevuto e disegnato mostravano curve di crescita poco accentuate. Per renderle più attraenti per gli shareholder mi dissero di applicare una scala logaritmica che avrebbe amplificato visivamente la parte alta delle curve.

Fu il mio primo impatto con una visualizzazione che partiva da dati veri, ma li manipolava in modo da raccontare una storia un po’ più emozionante. E fu il primo passo di un cammino che mi avrebbe portato a sviluppare e raffinare la mia capacità di visualizzare per presentare nel modo più efficace le soluzioni dei problemi.

Ecco una sintesi estrema del processo con cui dal dato si costruisce un racconto e lo si visualizza.

Prendiamo un dato, per esempio una serie di numeri: 02022020. Di per sé non ci dice nulla. Se però lo contestualizziamo e lo strutturiamo in questo modo: 02/02/2020, possiamo interpretarlo come una data: 2 febbraio del 2020. Se lo metto in relazione con me stesso, essendo io nato il 2 febbraio 1936, è la data del mio ottantaquattresimo compleanno. Se considero la serie di cifre dal punto di vista enigmistico e cabalistico, scopro che è un perfetto palindromo, ossia una serie che si può leggere da destra a sinistra e viceversa, con lo stesso significato. Con questo insieme di informazioni posso costruire una storia attribuendo alla data significati magici e mitici, per esempio riferendomi all’Uroboro, il serpente che si morde la coda, come mito dell’eterno ritorno e del ciclo morte/rinascita.


Il processo dunque comincia con la definizione del problema: che cosa dobbiamo ottenere? Dobbiamo migliorare qualcosa, rimuovere un impedimento, raccogliere denaro, guadagnare voti e consensi?

Poi si passa alla raccolta dei dati, ossia di tutti gli elementi che descrivono e misurano il problema e i suoi elementi.

Quindi si procede con l’interpretazione dei dati, in funzione del problema da risolvere o del messaggio da comunicare.

Dall’interpretazione si passa alla narrazione, ossia si costruisce una storia capace di rappresentare il cammino che bisogna fare per uscire dalle difficoltà e raggiungere la meta. Infine si aggiungono le visualizzazioni dei punti salienti.

Facciamo qualche esempio. Dante parte dal dato secondo cui il passaggio dalla gioventù alla mezza età costituisce un momento di crisi, di sbandamento, di ricerca di identità e di significato. Rappresenta questa situazione con la narrazione di se stesso smarrito in una foresta, minacciato da tre belve, sostenuto da tre donne, accompagnato da una guida saggia. Da questa narrazione derivano le innumerevoli illustrazioni, da Botticelli a Gustave Doré.

A volte la narrazione precede le visualizzazioni. Altre volte le visualizzazioni suggeriscono la narrazione. Quando Catone mostra in senato i fichi freschi, li usa per raccontare che provengono da Cartagine, che Cartagine è una minaccia troppo vicina a Roma, e quindi va distrutta.

Le visualizzazioni possono evidenziare o nascondere dati e informazioni. Nella cartografia geografica per esempio possiamo mostrare o nascondere vegetazione, rilievi, reti di circolazione, caratteristiche geologiche: basta fare qualche prova con Google Maps confrontando le visualizzazioni grafiche e quelle satellitari.

I fogli di calcolo come Excel o Calc mettono a disposizione vari tipi di grafici, che servono a visualizzare narrazioni diverse. Per esempio il grafico a barre (visualizzazione) si presta a visualizzare l’importanza di alcuni elementi di fronte ad altri, secondo il principio di Pareto, per cui pochi elementi producono la maggior parte degli effetti (interpretazione narrativa). Il rapporto fra la testa (le barre più alte che rappresentano i blockbuster, i campioni d’incassi) e la coda (tutte le altre voci che rappresentano quantità trascurabili) serve a visualizzare la teoria della “coda lunga” (long tail), secondo cui quando gli elementi secondari sono moltissimi rispetto ai pochi importanti, sono essi quelli che producono la maggior parte del fatturato, come accade per i prodotti di Amazon (http://www.umbertosantucci.it/atlante/coda-lunga/).


L’innovazione dirompente si rappresenta con curve anomale rispetto alle curve normali. Il grafico mostra come un elemento “altro” inizia in modo ridotto e poi esplode mettendo in crisi i leader di mercato, che continuano a insistere sui loro prodotti forti, e cambiando il mercato stesso, come è accaduto per i dispositivi di memoria, dagli hard disk ai chip, o al mercato della musica riprodotta, dai cdrom agli abbonamenti cloud tipo Spotify.

 

I vari esempi di grafici, da scegliere a seconda dei contenuti da visualizzare e delle storie da supportare, sono descritti e commentati nelle relative schede del mio Atlante di problem solving, nel settore “gestione a vista” e nel gruppo “Grafici” (http://www.umbertosantucci.it/atlante/gestione-a-vista/).

Nel sito “Storytelling with data” (http://www.storytellingwithdata.com/) si trovano articoli e tutorial su come realizzare grafici che abbiano senso e diventino storie emozionanti e motivanti. E’ il sito professionale di Cole Nussbaumer Knaflic, che per Apogeo ha pubblicato “Data Storytelling: generare valore dalla rappresentazione delle informazioni”, dove spiega come estrarre immagini significative e convincenti storie visive dai numeri di un data base o di un report, e raccomanda questa progressione metodologica:

·       Valutare l’importanza del contesto e del pubblico di riferimento.

·       Scegliere la forma grafica adatta a ogni situazione.

·       Riconoscere ed eliminare il rumore dai dati.

·       Portare l’attenzione sulle informazioni rilevanti.

·       Pensare come un designer progettando la visualizzazione dei dati.

·       Sfruttare la potenza dello storytelling per dare forza all’informazione.

Ecco una sintesi visiva del processo, tratta dal sito citato:

 

 

Un articolo di Ginevra Villa su Apogeonline presenta in sintesi il lavoro della Knaflic: https://www.apogeonline.com/articoli/storybizz-larte-di-narrare-per-il-business-ginevra-villa/.

Qui si trovano alcuni suggestivi esempi di grafici “narranti”: https://www.import.io/post/8-fantastic-examples-of-data-storytelling/.

In questo articolo (“Data storytelling: la decisione diventa emozionale”, https://www.lemondeinformatique.fr/actualites/lire-data-storytelling-la-prise-de-decision-devient-emotionnelle-66132.html) Kilian Bazin sottolinea come le storie siano potenti veicoli di informazioni, e il data storytelling sia l’arte di raccontare storie partendo da dati selezionati, invece di accumulare dati e indicatori difficili da comprendere in sintesi. E’ la moderna precisione della raccolta di dati che si fonde con l’antica arte di raccontare storie. Partendo dagli stessi dati, si possono raccontare storie diverse ad un azionista o ad uno stakeholder sociale, a un manager o ad un sindacalista. Il data storytelling è una gerarchizzazione di informazioni, per passare dall’effetto “dizionario”, esaustivo ma incomprensibile, all’effetto “romanzo”, semplice e gerarchizzato. Ed è più semplice prendere decisioni sull’onda delle emozioni, invece che sulla fredda analisi dei dati.

Noemi Borghese offre una spiritosa guida per evolvere dal reporting squirrel (lo scoiattolo confusionario che si incatasta con dati e informazioni caotici) all’analysis ninja che in poche mosse arriva al punto senza annoiare. http://www.ninjamarketing.it/2015/11/10/data-storytelling-come-si-raccontano-i-dati/
E ci ricorda che un report non è il racconto dettagliato di tutto quello che è accaduto, poteva accadere e probabilmente accadrà: un report è la forma che diamo a una serie di risultati conseguiti.