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Dialogo fra Logica ed Esperienza

Inserito da Raffaele Rizzo | Gen 9, 2014 | Caos Management N.084

Labirinto aperto

Inserito da Raffaele Rizzo | Gen 23, 2017 | Caos Management N.110 |

Che la terra ti sia lieve!!!

 

Dalla  bacheca di Unda Iulia (Facebook), che così ricorda il patafisico Raffaele Rizzo.

 

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Per gli amici patafisici, una “lectio alumnalis” di Raffaele Rizzo

Una Lectio alumnalis UE (rev apr 2013) [ t =15’] [^]3

su: Cos’è la ’patafisica vista da un ’patafisico. ]

Con due Limerick sullo stuzzicadenti di Jarry e altri versi sul morire patafisico

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(Entro distribuendo volantini – bianchi su entrambi i lati – seggo sventolando uno dei volantini).

La ‘Patafisica non comincia e non finisce mai. La parola si apostrofa per indicarne la scienza inclusiva. Ma allora che cos’è? La definizione più nota fu del suo fondatore Jarry. Definizione così abusata da diventare, paradossalmente, anch’essa un patafisico luogo comune.

Il mio fornitore di arance, diceva, mostrandomi un lembo del giornale con cui stava incartando: leggete qua che ci sta scritto: “La ’patafisica è la scienza delle soluzioni immaginarie; è la scienza del particolare e delle leggi che governano le eccezioni”. “Ma assaggiate ’sti tarocchi, professò; ca chiste pure so’ eccezionale!”

La ‘Patafisica scopre microverità delle quali non sa che fare e ce le consegna ancora pungenti e scoppiettanti, prive di ogni ermeneutica. ‘Patafisica è una crisi logica senza vie di uscita. Un pozzo nero nel quale può entrare solo il poeta patafisico, riuscendone contaminato. ‘Patafisica non è la Metafisica, la quale spiega la realtà a partire dall’esperienza; essa va oltre, superando la Metafisica stessa. A detta del mio mandarinaio: “Professò, comm’’a penz’io, ’a patafisica, s’’a fa durmenne, â metafisica!”.

Essa è antiautoritaria, ama il nonsense: è sulfurea e variegata. Il paradossale, l’inverosimile, il gioco linguistico, sono territori propri della ’patafisica, annidata in ognuna delle cento soluzioni per ogni problema inesistente. Essa è l’ossimoro nel momento di implodere, la tautologia che, all’opposto, esplode e fa volare i due termini. La sineddoche che perde i pezzi e la metonimia che li ritrova. L’ironia feroce e fuggitiva, ma anche la tolleranza … tre e quattordici. Patafisico è chi si chiude nel bagno per spiare, dal buco della serratura, quelli che stanno fuori. La ’patafisica non eleva l’ipotetico a scienza, ma pone opzioni a confronto sotto l’ombrello del paradosso. Come quella volta che, essendomi passato finalmente un forte mal di schiena che mi aveva tormentato per una settimana, con grande gioia affermai: “Il mal di schiena? Ormai ce l’ho alle spalle!”. E quello, prontamente, ritornò!

Dunque, essa è una caduta del rapporto fra significante e significato. L’inusitato che si fa … usitato. Una frattura e un improvviso salto all’indietro del percorso logico. Un salto nel buio/illuminato, il nero e il bianco, come mostra il mio cane salta/logica, anch’esso patafisico, dal grazioso nome di Ububù. (attiva Ububù che fa pochi passi abbaiando ed effettuando il salto logico).

Lo stesso salto logico che commette un acaro – fino a pochi anni fa sconosciuto ai più – ma che ora pare si annidi in ogni piega della nostra vita quotidiana. Io almeno ho avuto la fortuna di trovarne uno patafisico, di nome Acarino, che ha imparato dal cane ad effettuare il salto logico ex abrupto. A voi è richiesto di immaginare un rullo di tamburi che accompagni l’azione.

Tuttavia sbaglia chi pensa che bisogna andare lontano per incontrare la ’Patafisica. Non è così ! Ne siamo circondati in ogni momento della vita quotidiana. Essa può presentarsi intra res acta, come dire, a ’ntrasatta! E, come abbiamo visto, si nasconde anche nei tarocchi raddoppiandone i significati. Ma vediamo alcuni esempi di ’patafisica applicata e “logica taroccata”.

1 Il primo esempio ci è dato dal sorriditore patafisico, pensato per coloro che sono sempre tristi e disfattisti. Uno strumento per indurre al sorriso quei cittadini perennemente critici verso il proprio governo.

Il sorriditore, in argento 800, si compone di due ganci grandi: (mostra l’oggetto) collegati, a mezzo di una catenella, a due ganci piccoli. I ganci grandi vanno sistemati intorno alle orecchie, quelli piccoli ai due angoli della bocca che vengono tirati su. Si induce così un simpatico sorriso patafisico in chi è invischiato nella mestizia. Ed ecco come funziona: (indossa il sorriditore, distribuisce qualche stucchevole sorriso, poi lo toglie).

Un equivalente/opposto del sorriditore è il malinconizzatore, per correggere le esagerazioni ridanciane di quegli idioti sempre lieti e sorridenti. Si tratta di due sfere che tirano, questa volta in giù gli angoli della bocca. (Ne mostra gli effetti).

Ma a proposito di stanchezza, ecco un oggetto che la stanchezza non la conosce. È la patafisica macchina da movida urbana. Essa fu presentata a un festival della movida, dove vinse il premio per macchina in azione senza autista. Arrivava in pista da sola e si scatenava in una serie di movimenti cadenzati. Ma guardiamola e domandiamoci se essa sia patafisica o semplicemente kitsch.(Mostra la macchina).

Ma dopo la ’patafisica strumentale entriamo nel campo della ‘patafisica culturale

2 Un esempio di ‘patafisica culturale lo riscontriamo nella poesia di un mio vecchio amico, ormai smarrito nel tempo. Un uomo di modesta cultura e di tenera semplicità, il quale declamava questi suoi versi in napoletano, su perfida e insistente richiesta di noi amici. Il titolo è: Aria fresca d’’e cinche d’’a matina. Purtroppo ricordo solo la prima strofa del carmetto, che fa così:

Aria fresca d’’e cinche d’’a matina

che faie

te cerco e nun te trovo

ma tu addò staie

pecché nun staie cu me

aria fresca d’’e cinche d’’a matina ?

Il poeta attribuiva forma umana – forse in un torrido agosto – all’aria fresca del mattino. Ignorava di aver coniugato una sorta di stupore universale tardo/ungarettiano con un palpito di naturalità terrena di stampo montaliano.

3 E come definire – altro esempio – la risposta data da quell’uomo al bigliettaio del tram (San Giovanni a Teduccio inizio anni settanta), alla domanda se conoscesse la lingua inglese, in quanto si era dichiarato ascoltatore di …”Radio Londra”? Per far colpo sui passeggeri, infatti, manovrava una delle prime radioline a transistor apparse in quegli anni. Ma ne riceveva solo gracchiamenti, altro che inglese. Come definirla allora, se non una forma di alta ‘patafisica partenopea, se la risposta fu, come fu, questa: ”L’inglese?! Nun c’è bisogno r’’o ccanoscere; chella ’a nutizia, sì è bona o malamente, se capisce ’a comm’’a dice?!”.

4 E Totò, non è forse un sublime patafisico, quando dice: Ognuno ha la faccia che ha, ma qualche volta si esagera oppure: Era un uomo così antipatico che alla sua morte i parenti chiesero il bis. E infine: ”Lei è un cretino, s’informi!”?

5 Di un altro episodio, certamente patafisico, fui protagonista al matrimonio di due amici. Lui sessantacinquenne, lei sui sessanta. Dopo trenta anni di felice convivenza, avevano deciso di sposarsi. Fu una bella festa, con le ovvie spiritosaggini dei malevoli amici. Uno di questi – forse chi vi parla – quando gli sposini uscirono dal Comune, fra i lanci di riso e di confetti, rivolto allo sposo, e parafrasando un classico grido popolare, così lo apostrofò – con la sua perfida logica patafisica -: “Te l’he pigliata comme l’ha fatta ’a nonna!”.

6 E fu gesto patafisico anche quello compiuto il giorno che mi misi a fare volantinaggio per strada. Ma sui volantini non c’era scritto niente: niente davanti, niente di dietro. Allora ci fu chi procedeva perplesso, chi girava e rigirava il foglio e chi tornava chiedendomi quello buono, perché questo…guardi lei! E io allora gliene davo un altro. Uno dei volantinati mi fregò; restituendo il foglio affermò di non saper leggere. Un giovane, con fare provocatorio, verso me provocatore, sostenne di essere normalmente interessato solo alle figure che nel volantino non c’erano. Ed io allora: “Sei superficiale, se guardi bene, oltre alle non/parole ci sono anche le non/figure”. Tenne il foglio accettando la sfida logica.

7 Restando in tema, ecco un’altra piccola storia di morte patafisica. Il racconto è di un amico pesarese, il cui nonno, in vita era stato un fervente anticlericale. La moglie aveva tentato di tutto, senza mai riuscire a portarlo una volta in chiesa. Alla fine dei suoi giorni Umberto era disteso sul letto di morte circondato dai parenti. Per un attimo la moglie si era assentata, ma ricomparve subito. Dietro di lei: il prete! Umberto lo vide e raccogliendo la poca energia che gli era rimasta, giusto prima di spirare, sussurrò: ”Vi prego, mandate via quell’uomo, non mi rovinate la giornata!”.

8 Ma ora vorrei invitare anche voi a fare un piccolo esperimento. Tornando a casa, procuratevi una gallina. Aspettate che deponga un uovo, poi prendetela, col suo uovo e lasciate entrambi al freddo e senza mangime fino a che, quale vostro contributo alla Patafisica, non avrete scoperto se è morto prima l’uovo o la gallina.

9 Infine due limerick e sette strofette in settenari fornendo ulteriori elementi in forma poetica ai nostri studi. Lo faccio partendo sempre da Jarry, che sul letto di morte, a chi gli domandava se avesse da esprimere un ultimo desiderio, fra un po’ sentirete cosa chiese.

10 Seguono ora i gesti, patafisici, di alcuni uomini celebri, nel momento della dipartita, i quali ci fanno pensare che: Morire da patafisici è un po’ non morire.

L’estremo desiderio di Jarry,

che dal letto di morte profferì

volto a quanti presenti,

fu uno stuzzicadenti.

L’estremo desiderio di Jarry.

Ma il dubbio non risolto quel mattino,

fu se lui vide, giunto al lumicino,

nell’avvampar del fuoco,

più che il tormento, il cuoco

e per questo richiese lo stecchino!

Si sa invece che Svevo,

con i nipoti intorno

disse: “Lasciar vi devo:

guardate, ché non torno,

come si va a morire!”.

Avvolto in una sciarpa,

davanti al letto, sghembo,

viene trovato morto,

Artaud, con una scarpa

tenuta stretta in grembo.

E Gemito che fece,

quand’era sul finire,

nel casino di un pianto,

di un grido e di una prece?

Disse: ”E fatemi dormire!”.

Mentre a Duchamp lo coglie,

una morte indolore,

ma gli va il riso storto:

ridendo con la moglie,

ride più forte … e muore.

E Pessoa, cosa chiede,

negli attimi fatali,

al filosofo Mora

che accanto al letto siede ?

Chiede un paio di occhiali.

E il purista Basilio*, * (Puoti – purista della lingua italiana)

quando morte lo scuote,

sussurra: ”Addio, me n’ vado”;

poi soggiungendo: “Pure

me n’ vo, dire si puote”.

E, Goethe, per finire:

che chiede, nel morire,

quando già lo conduce

Sora Morte al di là?:

“…Più luce … un po’ più luce!”.

E va! . . .

… e allora – ma restando di qua – anche il vostro patafisico, se ne va ! Ma si può dire pure sen va!

raffaele ’rizzo patafisico in Napoli, Bergamo col grado di coordinatore

severissimo di patapruriti oratori e astrattofilologo posteriore

 

 

“Il labirinto aperto. Dissonanze Poetiche” di Raffaele Rizzo.

“La musica nelle società interculturale” di Giusy Negro, Raffaele Rizzo.