Da femminista storica non ortodossa preferisco la specie animale-non umana e quella strettamente vegetale agli esseri “umani” di genere maschile (quelli che finiscono in O”).

Per principio, però prendo in considerazione le genialità, i talenti e le potenzialità che si presentano in qualsiasi forma o attributo sessuale.

Posso confessare senza nessun tornaconto personale che nella mia lunga vita le figure maschili di cui “tengo ricordo” sono tante. Sono uomini difettosi, pieni di virtù nascoste, rimosse nella continua ricerca di una virilità esplicitamente malata e distruttiva, ma i cui gesti di tenerezza, di condivisione leale, di stima e di affetto li scagionano da retaggi culturali impressi loro a fuoco da secoli di prevaricazioni ed egoismi.

 

Guglielmo (Cancro)

Mio nonno era un uomo piccolo, con occhi chiari e una forma di generosità poetica. Era un giocatore di carte compulsivo, monarchico al referendum del 1946 e la leggenda lo vuole dilapidatore di fortune in lussi e donne.  

Il suo grande cuore, però, lo spingeva all’accoglienza che si esplicitava nell’aggiungere un piatto a tavola per chiunque bussasse alla porta, amico o estraneo che fosse. 

Ho abitato nella casa dei nonni da quando sono nata, ho dormito nel loro letto, mangiato il loro cibo, goduto del loro immenso giardino. Tornando a tarda notte dalla sala da gioco, situata in strada accanto al gran palazzo avito, Guglielmo posava la giacca sullo schienale della sedia accanto al letto.

Il mattino seguente appena sveglia affondavo la mano nella tasca di quella giacca e vi trovavo un sacchetto pieno di confettini bianchi e oblunghi   con il cuore di cannella.

Ogni notte al suo ritorno, ogni mattina al mio risveglio. non li ha dimenticati una sola notte. Li ho trovati nella sua tasca ogni mattina.

 

 

Giovanni detto Giannino (Gemelli)

Prima di morire a 72 anni mio padre, uscendo da un coma epatico di alcuni giorni, mi sorride augurandomi di essere felice.

Il nostro è stato un amore inacidito, scontroso, infelice. Fino a quando, io adulta e lui vecchio, insieme abbiamo fatto i conti con le nostre   incomprensioni: lui con i suoi sensi di colpa per avermi abbandonata, io per avergli consentito di non amarmi.  Ci siamo ritrovati orgogliosi del nostro ” ritorno a Itaca”, votando per il partito comunista, parlando di politica e cultura, ridendo di noi finalmente complici e non più nemici. Abbiamo imparato che l’affetto bisogna guadagnarselo, combattendo anche contro noi stessi. Morendo mi ha sorriso nel dire” Voglio che tu sia felice”.

 

Alfredo (Vergine)

Il nostro fu un incontro di “mutuo soccorso”, tanto ci sentivamo disastrati e infelici.

La conoscenza è stata lenta, venuti fuori io da un aborto e lui da un amore sgarrupato.

Ci siamo scambiati pensieri, timide emozioni, abbiamo ascoltato musica  e scoperto amici.

Abbiamo dovuto reinventarci giorno per giorno.  Purificato i nostri cervelli e le nostre pulsioni.

Ci siamo amati come per una gara di sopravvivenza. Personalità diverse, con basi culturali adiacenti, espresse con complicità e rispetto, tenerezza e amore inesauribile.

Il suo elaborato senso critico nasceva da estese zone del sapere.  La sua curiosità era incontrastata, e la trasmetteva con grazia e generosità a chi gli stava accanto.

Era un uomo cortese travestito da orso, un “genio” inconsapevole del proprio talento.

 

 

Mario (Pesci)

Aveva 43 anni quando il suo cuore è scoppiato in un giorno d’estate del 1979.

Mario, fratello putativo, stava emergendo come avvocato, ne aveva fatto di lavoro fino ad allora! il suo carattere entusiasta e gentile aveva esultato per una causa da seguire in Germania.

Mario era il fratello maggiore di Alfredo. Erano legati da una condivisione forte dei principi basilari del vivere. Mario era la forza naturale, raggio di sole e risate scroscianti.

Alfredo timido, inquieto, assorbito da pensieri cosmici, si ritrovavano sulle scelte letterarie, e sulla gioia del gioco. Li univa il senso dell’ironia, per un verso partenopeo e dall’altro ebraico, essendo di famiglia marrana, che dalla Sicilia si era convertita al cristianesimo qualche secolo prima.

La morte di Mario ha sconvolto il Pianeta, diventando la sua assenza un peso insostenibile.

 

 

Antonio (Gemelli)

Antonio ha 92 anni, ha tanto abusato del suo corpo da averlo costretto all’immobilità.

Antonio è fatto della stessa materia di cui sono fatti gli eroi.  Le sue spalle accoglienti rivestono un ‘anima lieve da Grande Padre.  Mio amato mentore costruttore di sogni, raccontatore di storie nel vento soave della sua scrittura. Si è intrufolato nelle pagine della mia vita, rendendola degna di essere vissuta.

Oggi tanto mi dice di voler tornare a Napoli, per ritrovare i luoghi della bellezza,  risentire il sapore delle mie polpette rosse di pomodoro,  ammirare  la mia raggiunta vecchiezza.

Poter soprattutto dormire nel mio letto, accanto a me in un abbraccio consolatorio.

In un mutamento infinito che fa ora di me non più la figlia ma l’Antica Madre.

 

 

Filippo (Gemelli)

Per anni a giugno è venuto a festeggiare il suo compleanno da me, in una forma di inossidata scaramanzia.

Piacevolissime lunghe conversazioni notturne, lettore instancabile e consigliere acuto. Scambi di volumi e pareri, a volte in contrasto su temi leggeri, su persone e cose. Ma mai sulla passione per i nostri cani, per i miei labrador biondi e il suo irruento magnifico bracco. 

Amico fedele, lo é stato anche quando sono rimasta sola, non lasciandomi mai fuori dalla sua vita.

 

 

Lucio (Scorpione)

Scorgevo una luce balenargli negli occhi quando spiegava le sue ricerche di biologia marina alla Stazione Zoologica nella Villa Comunale di Napoli. Uomo colto, ricercatore acuto, direttore dell’Anthon Dorn per molti anni, non ha mai rivestito panni di pretenziosa seriosità e in curabile protervia. Autoironico scienziato sempre sul punto di guadagnare un Nobel, mi ha costretta ad amare il mondo della scienza, tanto erano interessanti i suoi resoconti dei lavori in laboratorio.

E così intriganti per me che a volte si coloravano di una luce di mistica e poetica sensualità.

 

 

Ciro (Leone)

“Compagno”, parola amata, consacrata, perduta.

Ciro è la lotta politica, la condivisione umana e intellettuale. È l’amorevolezza e la passione.

È il ritrovarsi, avvolti dal fumo delle stanze anguste delle sezioni del PCI, ad ascoltare il suono di parole evocatrici, pronunciate dai compagni migliori, stimati, amati.

 Ma è anche le visite improvvise con dentro le braccia frutti e sorrisi dolcissimi.

Perché Ciro è “L’ arte dell’incontro”, dello stare assieme.

Ci accomuna  il senso di delusione nella consapevolezza di non essere riusciti a cambiare il mondo, come ci eravamo  ripromessi in un sogno  di grandiosa utopia.

Oggi ci siamo ritrovati a cercare in una Madre Natura violentata e indifesa, che pur ci accoglie benevola, l’ultima ragione di vita.

 

 

Marco (Sagittario)

Ha guarito le mie fratture, facendomi riscoprire la forza vitale in un corpo “dismesso”.

Ha rafforzato le mie ossa, rassodato i miei muscoli e così facendo ha rimesso a nuovo il mio cuore malato.

Scoprire in tarda età il concerto armonico tra cervello e corpo è stata una epifania.

Marco mi ha insegnato, col suo delicatissimo talento, la connessione naturale, direi automatica, persino animale, tra la spinta propulsiva al  movimento e la fermezza  del pensiero.

Ho capito che la mente è orfana della cognizione dello spazio senza la percezione fisica del proprio corpo.

Ringrazio Marco per avermi dato la possibilità di concepire questo enorme principio teoretico.

E lo ringrazio anche per aver ridato al muscolo cardiaco il suo giusto battito.