Teoria della trance rituale. Visione, possessione, estasi

Le trance rituali sono l’espressione dell’istituzionalizzazione degli Stati Modificati di Coscienza.

Questo saggio identifica e propone i tre maggiori paradigmi dell’istituzionalizzazione – visione, possessione, estasi – e procede dunque all’analisi dei modi e le modalità di ritualizzazione e istituzionalizzazione degli stati modificati di coscienza – iniziazione, terapia, liturgia e divinazione – che conducono alla tematizzazione della struttura della trance.

Cosa significa “istituzionalizzazione “? Significa vivere quel determinato comportamento con consapevolezza, cioè dandone una definizione precisa in quanto tale. Non già un processo implicito, bensì esplicito.

Iniziando con la discussione sulle precedenti etnografie che contribuiscono all’elaborazione di una nuova teoria generale della trance e son o allo stesso tempo il risultato di questa stessa teoria della trance – certamente non completamente formulata, benché molto sia stato fatto, mi sono basata sugli studi etnografici in merito ai culti zar effettuati dal Professor Palmisano Antonio in Etiopia, sulla base di molti anni di studio sul campo in Etiopia e in mezzo a molti altri contesti etnici, sociali, politici, culturali, sempre incentrati sulle trance rituali della visione, possessione ed estasi.

Fra gli eventi più spettacolari e affascinanti ai quali possa assistere un antropologo impegnato nella ricerca etnografica sul terreno vi sono sicuramente i culti di trance. Ma in cosa consiste una trance? La letteratura etnografica parla di stati modificati di coscienza, talvolta di stati alterati di coscienza; considera innanzitutto le cosiddette trance di possessione, spesso anche le trance di visione, più raramente le trance estatiche.

I lavori etnografici si concentrano sull’attore sociale, protagonista della trance, sulla sua prospettiva: agli occhi dell’etnografo questi pare “essere agito” da una estranea entità, spirito, forza, Divinità o altro, secondo le teorie locali e accademiche dello specifico culto in questione. L’antropologo intento al lavoro sul terreno si occupa poi degli altri partecipanti al rituale, di quanti sono presenti e in diversa misura fungono da co-attori. E infine focalizza l’attenzione sul professionista della trance rituale. Questi pare agire da medium, da interprete, più propriamente da traduttore. Il “signore degli spiriti”, come viene chiamato per esempio nei culti zar dell’Etiopia, traduce un mondo a un altro, ma soprattutto trasporta un uomo in un altro mondo, al di là dei limiti di questo, in una zona-limbo, che segue la vita e precede la morte.

L’analisi delle forme di ritualizzazione degli stati modificati di coscienza, ovvero l’analisi dei modi e delle modalità di istituzionalizzazione delle trance rituali, conduce così all’identificazione della struttura delle trance di visione, possessione e estasi. Le cerimonie di iniziazione possono essere una modalità della ritualizzazione di stati modificati di coscienza. Ci sono ovviamente iniziazioni senza trance, e queste sono degli apprendimenti di routine e ruoli sociali per i quali non viene riconosciuta l’opportunità, ovvero la funzionalità, dell’attivare [avviare, procurare, produrre, indurre, facilitare] il cambiamento dello stato di coscienza. Perché ci sia trance, nell’iniziazione questa deve essere considerata in prospettiva emica come una “necessità”, funzionale a uno specifico esito, il basculement della coscienza – nella terminologia di Lapassade –, ovvero il cambiamento di stato di coscienza.

Una significativa modificazione della coscienza, come può essere una allucinazione, provocabile per esempio attraverso sostanze allucinogene o altre e più sofisticate tecniche, viene realizzata in effetti durante specifici processi di iniziazione. L’iniziazione consiste dunque nell’apprendimento a passare dalla allucinazione alla visione. Molte delle comuni spezie da noi usate in cucina son o dei potenti allucinogeni. Purtroppo, la dose allucinogena è prossima a quella letale. Pertanto, è opportuno fare attenzione a come si usano.

Un’articolata e esaustiva etnografia della trance può difficilmente prescindere dall’identificazione e distinzione analitica delle quattro modalità di istituzionalizzazione della trance, ovvero le quattro forme di ritualizzazione degli stati modificati di coscienza: iniziazione, terapia, liturgia e divinazione. E le quattro modalità possono essere ritrovate in ognuna delle principali interpretazioni emiche della trance, indipendentemente dalle loro specificità: trance di visione, trance di possessione e trance di estasi. Generalmente, però, pochi lavori etnografici trattano di più di una o due di queste modalità di istituzionalizzazione di stati modificati di coscienza per una singola teoria della trance.