Numero 62 Registrazione al tribunale di Roma N° 3/2004 del 14/01/2004

Intelligenza Strategica:
un modo per affrontare la complessità?

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di Paola De Vecchi Galbiati

 



Il 19 marzo a Firenze si è tenuto un convegno dal titolo “L’Intelligenza Strategica per lo sviluppo della Società della Conoscenza”, nel corso del quale sono stati investigati molteplici aspetti della società, dell’individuo e delle organizzazioni in cui vive e lavora.

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È stato interessante notare come i contributi, realizzati da persone differenti per provenienza, età, esperienza e formazione avessero in comune il senso di urgenza di ideare, progettare e costruire modelli di gestione della complessità improntati sull’interdisciplinarietà, sulla cooperazione tra individui, sulla collaborazione tra impresa, università ed enti pubblici, sulla condivisione della conoscenza.

Gli interventi di psichiatri, filosofi, ingegneri, professori, giornalisti e imprenditori hanno dato modo di realizzare una visione dei contesti economico, sociale e ambientale molto ampia. In estrema sintesi? Viviamo in un’epoca “realisticamente complessa”.

E come descriviamo la complessità? La complessità va gestita o semplicemente accettata, adattandosi di volta in volta ai cambiamenti che richiede?

È aprendo il diaframma che possiamo mettere a fuoco; e forse è solo aprendo la nostra mente che possiamo comprendere la complessità di ciò che ci circonda e adattarci al cambiamento.

A partire dal funzionamento del nostro cervello, sino ad arrivare all’importanza di relazioni interpersonali che vadano oltre le strutture gerarchiche e i processi predefiniti, sono state fatte riflessioni sul fatto che più conosciamo noi stessi, più siamo in grado di raffinare i modelli che ci descrivono.
Maggiore è la possibilità di attingere ad informazioni aggiornate ed accreditate, maggiore è il nostro senso di inadeguatezza e pressante resta la necessità di prendere decisioni.

In una società che si complica progressivamente, in un ambiente in cui gli effetti delle nostre azioni si rivelano in tempi rapidi, diventa difficile pensare che non servano dei nuovi paradigmi: nelle imprese come nella scuola, nella gestione delle organizzazioni come nella gestione ambientale… bisogna forse ricreare un equilibrio tra i nuovi elementi che abbiamo incluso nel ‘nostro mondo’?

È a questo punto che entra in gioco il tema dell’intelligenza strategica… Come potremmo definirla?
L’intelligenza strategica è "vedere che direzione, che forma, che posizione prenderanno cose, persone, idee" e contemporaneamente "fare in modo che le azioni che si compiono oggi abbiano sul futuro l'influenza che ci aspettiamo debbano avere".

È una definizione un po' macchinosa la mia, ma pone in relazione due elementi che spesso è difficile tenere insieme e sono: la capacità previsionale e la scelta di tattiche adeguate.
La sfida credo sia nel riuscire a mantenere equilibrio tra le decisioni del medio lungo termine e le azioni da svolgere nel breve termine.

Questa è spesso la principale angoscia della piccola e media impresa, così come del lavoratore precario o sommerso... prendere decisioni in un'epoca di incertezza, in cui la complessità sembra avere il sopravvento sulla nostra capacità di rappresentarla.

C'è quindi - come sottolineava Paolo Manzelli, organizzatore del convegno  - la necessità di individuare ed elaborare modelli di sviluppo che garantiscano una rappresentazione dell'economia e della società più confacente alla realtà di una crisi non ancora conclusa e che forse non ha ancora mostrato tutta la sua forza dirompente.

Esistono già esempi di successo sia per le aziende che per intere comunità: Slow Food e Transition Towns, ma ne esistono molte  altre in differenti settori.

Tutti questi casi di studio hanno in comune un aspetto: quello di aver "allargato" il proprio campo visivo", di aver analizzato la propria catena del valore e di averla rimodellata sulla base di 'vecchi' principi di collaborazione e cooperazione, imparando a valutare la Fattibilità di un’idea insieme alla sua Sostenibilità.

 

 

Paola De Vecchi Galbiati, Managing Consultant, Co-Founder at Call to Change.
Il mio ruolo principale è quello di "facilitare" la gestione delle imprese attraverso il miglioramento della redditività in accordo con la loro visione strategica. Attraverso la definizione e il controllo costante degli indicatori chiave delle performance le aziende clienti vengono messe in condizioni di definire e misurare le proprie performance, economiche, di processo e relazionali.
Sul piano operativo, le aziende clienti vengono aiutate nell’organizzazione interna ed esterna, con il pieno coinvolgimento del personale, dei processi e delle tecnologie disponibili.
Competenze chiavi:

  • Business Coaching:
    • Strategic Planning
    • Change Management
    • Project Management
  • Marketing & Design development:
    • Portfolio & Business Process Re-engineering
    • New Product and New Services Design&Development
  • Information & Communications Technologies:
    • ERP Project Implementation
    • Internet PR /Web Programme Management
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pdevecchig@gmail.com