La natura della crisi che l’Europa sta attraversando presenta due caratteristiche fondamentali interne:

  1. La separazione sempre più profonda dal suo alleato naturale, cui è legata dal dovere di riconoscenza per la salvezza dal nazifascismo, dovuta al conflitto commerciale in atto sui vari capitoli, ai finanziamenti alle imprese americane e al diverso trattamento che gli USA riservano ai prodotti europei rispetto a quelli interni o assimilati e dalla ingerenza negli affari interni legata alla possibilità di ascoltare e giudicare qualsiasi soggetto non sia omologato od omologabile nell’american way of life;
  2. il disordine che le sue componenti stanno vivendo per far fronte alla feroce crisi economica che  attraversano da una parte l’Inghilterra e la Spagna che uniscono il proprio destino a quello degli Stati Uniti e Francia, Germania e Russia che guardano altrove senza vedere, ed una esterna rispetto alle nuove potenze (Cina, India, Brasile, Vietnam e Indonesia) che pur facendo da sole, senza sollecitare alcun intervento straniero, ormai sono divenuti il punto più alto di attrazione degli investimenti diretti all’estero, a tutto svantaggio dei tradizionali mercati di investimento (U.E. – USA) e dei nuovi paesi con economia in transizione candidati all’allargamento o in attesa di candidatura.

 

Così come le Nazioni Unite da tempo hanno individuato i motivi di tale decadenza e nell’U.E. hanno dichiarato di fatto il superamento economico e giuridico degli antichi stati nazione, trasferendo alle strutture di base il compito di sopravvenire (comitati di quartiere, comuni, comunità montane, consorzi di comuni, contee e province regioni e macroregioni transfrontaliere) libere di associarsi fra loro in funzioni di una potenziale o di una attuale omogeneità territoriale o complementarietà economica e sociale, oltre che storica, culturale e cultuale, al fine di tentare di rinvenire un modello di sviluppo alternativo a quello ormai inefficace degli antichi stati che hanno perduto la loro possibilità di competere originalmente e nella speranza apprezzabile nell’agone internazionale dei beni e dei servizi frutto della mediatica società della conoscenza, di riuscire nell’impresa.

Il federalismo e la riscoperta del modello ateniese della democrazia diretta, che delega la realizzazione di programmi atti a ridurre il divario in termini di reddito e di qualità della vita fra i residenti nelle regioni più ricche dell’Alta Renania e quelle più deboli di cui all’obiettivo 1, si identifica con la constatazione che la programmazione dall’alto non riesce a coniugare le esigenze di recupero con l’inventiva e l’iniziativa dell’imprenditore privato.
Parlo di inventiva a ben veduta ragione, stante il fatto che il nostro paese per la tipicità della propria struttura produttiva: PMI con non più di 9 addetti, nel 94% dei casi delle aziende registrate, non è in grado di impiegare risorse umane nella innovazione tecnologica, al più e solo nella innovazione di processo e in quella di prodotto.
Avvenuto il rovesciamento della piramide, non resta che alle singole entità locali pubbliche e private concorrere alla progettazione e realizzazione del proprio futuro.
Mentre alla Comunità dell’Unione Europea spetta l’auspicabile sviluppo degli indirizzi di politica economica che in molti versi coincidono con quella estera e con quella del diritto internazional privato, all’operatore territoriale compete quello di connettere l’attività commerciale nel senso civilistico del termine con la propria identità e le proprie origini rappresentate dai giacimenti culturali e dalle relative memorie viventi: Archivi e Biblioteche.
Nonostante il fatto che il nocciolo duro della politica internazionale dell’Unione Europea si sia strutturato attorno alle questioni riguardanti la politica economica e commerciale (tesa a favorire il libero scambio) e le azioni di sostegno allo sviluppo economico, l’agenda contemporanea impone all’Unione Europea di ricoprire un ruolo più incisivo anche in altre arene politiche: l’arena della politica di sicurezza, da una parte, e, quella riguardante i problemi del dialogo interculturale, dall’altra.
La progressiva interconnessione fra queste diverse arene evidenzia la necessità di creare isituzioni e formare risorse umane in grado di far fronte con un’alta professionalità e con un adeguato bagaglio culturale, alle sfide proposte dal moltiplicarsi ed intensificarsi delle relazioni internazionali, riguardanti non solo gli scambi economici (nel cosiddetto mercato globale), ma anche i processi d’interazione fra culture diverse, al fine di addivenire ad uno sviluppo solidale equo e sostenibile.
Le figure così individuate si configurano come esperti per il Marketing d’area.
Tali soggetti si caratterizzerebbero per l’attenzione che verrebbero a dedicare, da una parte alle tematiche relative alla politica estera e di sicurezza comune (PESC), dell’Unione Europea, adottando come approccio allo studio delle Relazioni Internazionali (RI) quello noto come “foreign policy analysis” o come “comparative foreign policy”, sulla scorta anche di quanto contenuto negli archivi di Stato italiani. Gli aspetti delle RI che così emergono sono quelle relative alla c.d. “soft security” (issues non militari: politiche finanziarie, commerciali, ambientali, dell’immigrazione e del crimine organizzato internazionale) sia gli aspetti di strategia militare attinenti alla cooperazione della UE con la NATO.
D’altra parte una iniziativa di commercio internazionale diretta alla promozione della dieta prodotto mediterraneo che potesse finalmente connettere i giacimenti culturali e in particolare i valori fondanti contenuti negli archivi e nelle biblioteche, porrebbe al suo centro il tema del coordinamento balcanmeda delle politiche culturali dei tre subcontinenti che instano sul Mediterraneo e sul Mar Nero, nonché quello delle tecnologie dell’industria culturale e della comunicazione (dalle trasmissioni audiovisive satellitari a quelle della informazione e della comunicazione) applicate in special modo alle metodologie del c.d. E-learning ed alle possibili applicazioni dell’e-governance.
Nella società dell’informazione, della conoscenza, del prevalere del privato sul pubblico, del terrorismo globale che contrappone un soggetto privato alla maggiore potenza mondiale, abituata alla guerra ma non alla guerriglia, e soprattutto alla guerriglia che usa il suicidio quale strumento di gratificazione sociale e di accesso al Paradiso quale che ne sia la base religiosa da cui origina, la politica culturale può avere una posizione strategica nel guidare il cambiamento, ma anche nell’aprire nuove opportunità economiche ed occupazionali. Finalmente le Nazioni Unite, in particolare l’ILO e l’Ecosoc hanno compreso che uno sviluppo che tenga conto dei bisogni dei popoli e delle culture rappresenta  un necessario contrappeso ad un modello di crescita fondato su delle valenze esclusivamente economico-finanziarie.
Governare i processi di mutamento culturale che derivano non solo dall’intensificarsi dei contatti tra individui e gruppi con differenti culture ma anche dalla creazione di interazioni sociali di condivisione partecipativa e poi familiare fra gli individui e gruppi, proponendo dei modelli di interazione, di esistenza comune, di comune progettazione, basati sul valore delle origini (archivi e biblioteche, arti musive e lapidee come contenitore del messaggio) e quindi sul rispetto delle diversità e sull’accettazione delle differenze che in questo senso divengono punti di forza anziché di incompatibilità quindi fattori di omogeneità creativa e di complementarietà esistenziale, sull’esempio di società miste già esistenti come gli stessi USA, il Brasile, la Germania, il Sud Africa, la Gran Bretagna. Tale è la strada maestra per evitare nazionalismi e protezionismi economici e giuridici, preludio di qualsiasi tipo di fondamentalismo e di trionfalismo ed instaurare un regime pacifico e consustanziale di cooperazione internazionale, fondata sulla libera dimensione della attività economica che tiene conto della funzione economico-sociale che questa crea sulla gente e sull’ambiente, modificandolo con il proprio stesso esistere e con la tipologia di macchina e di lavoro (non gioco) proposto.
In questa prospettiva si muove da tempo, anche l’analisi delle grandi organizzazioni culturali multilaterali come il Consiglio d’Europa e l’Unesco, i quali sottolineano la necessità che le politiche culturali e la qualificazione delle risorse umane assumono un ruolo determinante nell’orientamento generale delle politiche per lo sviluppo.  Ciò è tanto più vero se si riflette sul ruolo centrale che nei processi di integrazione europea rivestono le politiche culturali e la qualificazione delle risorse umane, tendenti ad evitare tanto il fondamentalismo, quanto il fenomeno dell’omologazione (che anche sul piano economico del consumo, disorientano il consumatore e non determinano un risultato: ricordo il motto dell’azione studentesca: non comprate ameriKano che accompagnava le ballate di Joan Baez e quelle cult nostrane di Fabrizio de Andrè, tristemente caducato, per il mancato passaggio globale ma elitario alla gente che costituiva e costituisce la c.d. “maggioranza silenziosa”, mentre l’immaginazione conservava il potere eliminando persino il grande De Gaulle), specie nei rapporti con i Paesi terzi del Mediterraneo e con quelli dell’est europeo.
Certo le modalità con cui le due dimensioni – cultura e sviluppo – interagiscono vanno sempre più approfondite attraverso la chiarificazione degli obiettivi, l’analisi delle politiche e la dotazione di strumenti di intervento adeguati. E’ a questa esigenza che si vuol dare una risposta, nel tentativo di attuare il piano d’azione adottato dalla Conferenza Intergovernativa sulle Politiche Culturali per lo Sviluppo promossa dall’Unesco nel 1998 (noto come Piano d’Azione di Stoccolma).
Le attività di ricerca che trovano a fondamento gli archivi e le biblioteche, su qualsiasi supporto mediatico, hanno dunque la finalità di formare risorse umane per le politiche culturali territoriali, per la pace, la cooperazione e lo sviluppo locale, fornendo conoscenze e competenze in ordine alla definizione, attuazione e valutazione di tali politiche, oltre a sinergizzare la capacità di dialogo e di collaborazione operativa con altri centri di ricerca dei Paesi terzi. Questo permetterà di aumentare la possibilità d’integrazione regionale e di sensibilizzare gli operatori dei Paesi dell’area balcanico-danubiana e mediterranea verso l’esigenza di una cultura giuridica armonizzata sul piano dei diritti umani e civili, come pure sul piano del diritto commerciale, ambientale e di tutela dei consumatori e della società civile più in generale.
Tale programma consentirebbe, dunque, di mettere in relazione le dinamiche culturali e politiche con i fattori strutturali di ordine economico, demografico, energetico per comprendere e prospettare come dalla loro reciproca influenza si definiscono i possibili scenari geopolitici per l’Europa e il Mediterraneo del XXI secolo.
L’individuazione delle politiche richiede lo sviluppo di strumenti di supporto, quali un centro multimediale per la diffusione dell’aquis comunitario in materia di politica regionale e di PESC nonché operante sulle tematiche socio-culturali e sotico-geografiche e socio-politiche e giuridico-storiche relative alle relazioni internazionali anche alla luce delle norme di diritto commerciale internazionale.

I detti strumenti in sede applicativa consentirebbero di seguire tre principali direttrici nei programmi di ricerca:

  • la prima riguarda l’analisi comparata della politica commerciale e degli IDE, nonché di quella estera europea e statunitense nei riguardi dell’area mediterranea, meridionale e balcanico-danubiana;
  • la seconda riguarda l’analisi delle dinamiche socio-culturali e politiche che nell’area europea e mediterranea derivano dall’incontro con la Modernità e con la privatizzazione del terrorismo nel confronto con gli Stati, la crescita della società civile, l’acutizzarsi delle povertà morali e materiali nei vari paesi ed il suo ruolo nelle relazioni anche economiche internazionali;
  • una terza linea di ricerca va dedicata da un punto di vista interdisciplinare alle problematiche relative alla protezione del patrimonio culturale (pensiamo al Bardo di Tunisi) delle popolazioni mediterranee, anche attraverso l’elaborazione e il coordinamento di programmi di ricerca comunitari ed internazionali.

Le ricerche così identificate, una volta realizzate consentirebbero, sulla base dei risultati ottenuti, di perseguire finalità di integrazione culturale a diversi livelli e su molteplici issues, analizzando temi quali l’integrazione degli immigrati in Italia e nell’Unione Europea, la costruzione di una comune cittadinanza Europea e balcanico-mediterranea che si fondi su una visione culturale condivisa con i paesi dell’Europa centro-orientale e balcanica, il dialogo etico-politico e socio-culturale con la Russia e con i paesi del Sud del Mediterraneo, i rapporti  strategici e commerciali con gli Stati Uniti, le visioni dell’Europa e dell’Occidente diffuse nelle altre società, in quanto fattori che influenzano le relazioni internazionali anche commerciali e l’atteggiamento nei confronti dell’Italia e dell’Unione Europea.
Chiaramente, nello sviluppo dei programmi di ricerca questi obiettivi verrebbero perseguiti attraverso:

  • il coinvolgimento di strutture (archivi e biblioteche) appartenenti a diversi ambiti territoriali  e quindi culturali;
  • l’ottica comparativa tanto  negli studi analitici, quanto negli orientamenti progettuali;
  • la selezione di aree e temi di ricerca rilevanti per la promozione di politiche che favoriscano una maggiore integrazione politica, economica e culturale tra società diverse o all’interno delle medesime.

Occorre naturalmente dedicare uno sforzo originale e innovativo allo studio ed al dibattito attorno alle tematiche connesse alla cittadinanza europea e mediterranea comune e con lo sviluppo di modelli di società in grado di coniugare pluralismo interno, legislazione adeguata alle buone prassi del WTO  e dell’U.E., e,  condivisione di valori etico-politici fondamentali, quali i diritti dell’uomo e del lavoratore, il rispetto e la tutela attiva dell’ambiente, i diritti inalienabili e le libertà fondamentali, la prassi democratica.
A questo punto il soggetto esperto nell’ambito del marketing d’area che ha a fondamento della sua azione le risorse contenute negli archivi e nelle biblioteche, che costituiscono l’unico valore aggiunto che un’area può conferire ai propri prodotti, assume un ruolo determinante nell’ambito della regolazione del processo di internazionalizzazione dell’economia, vuoi nel territorio in cui ha sede l’azienda alla cui attività concorre, vuoi nelle diverse aree dove o per ragione di approvvigionamento, o per ragioni di espansione mercantile e/o produttiva si va a delocalizzare. L’approccio che tale nuovo soggetto deve a tale punto avere da un punto di vista metodologico sarebbe di tipo interdisciplinare e il soggetto nell’ambito della esplicazione delle proprie capacità e competenze dovrebbe applicare le diverse scienze sociali (sociologia, storia, antropologia, etnostoria, economia, scienza della politica) fra loro in uno con le discipline giuridiche, filosofiche, teologiche e tecnologiche. Il metodo interdisciplinare consentirebbe al nostro protagonista di perseguire due finalità permanenti dei programmi di ricerca, di investimento e di commercializzazione:

  • lo studio dei processi attraverso i  quali la dimensione culturale condiziona le dinamiche sociali, politiche, istituzionali e legislative nei diversi contesti;
  • l’analisi delle influenze che modernità e globalizzazione esercitano, a loro volta, sull’evoluzione socio-culturale e politica interna a ciascuna società, attraverso l’adesione o meno  ricettizia o contraddittoria degli stimoli proposti dalle culture eterodosse.

 

Ma la chiave di volta della nuova attività sta nel fatto che le imprese possono finalmente insieme ai diversi fattori produttivi mobilitarsi nel sociale, dove intervento sociale s’intende come sostituzione dello Stato, ormai impotente ed economicamente privo di risorse, nelle opere ospedaliere, in quelle scolastiche e nella ricerca scientifica, nella ricostruzione dell’ambiente, nella valorizzazione delle risorse naturali  e quindi nella prospettazione di iniziative atte a consentire una partecipazione alla competizione globale in atto nei vari continenti.
Le vicende in corso Cirio e Parmalat, confermano il fatto che il sistema Italia non dispone più di grandi imprese in grado di sostenere la concorrenza e la competizione internazionale
Solo il sistema delle piccole e medie imprese che dispone ormai di un proprio strumento di capitalizzazione borsistica può sostenere il confronto con il resto del mondo.
Ma tale confronto non può più essere figlio di ragioni di scambio puramente economicistiche, ma come giustamente sosteneva il Palomba e più di recente la Stefanut.  deve essere al servizio dell’essere umano, in maniera tale da soddisfare la totalità dei suoi bisogni e quindi di aiutarlo ad esprimere la totalità dei suoi valori.
Il punto di forza di tale proposta oltre che funzionale all’ambiente di cui è espressione viene a consistere nella definitiva consustanzialità con i giacimenti culturali.

Le biblioteche e gli archivi come strumento di Marketing Territoriale
La logica di valorizzazione integrata dei beni culturali

I Beni Culturali hanno svolto da sempre un ruolo strategico per l’Italia, non solo in qualità di importante risorsa da un punto di vista culturale, ma anche economico.
Naturalmente questo è in gran parte dovuto al fatto che il patrimonio storico, artistico e architettonico del nostro Paese non ha eguali nel mondo per consistenza numerica e valore culturale: 40.000 i castelli e le rocche, 95.000 le chiese, 30.000 le dimore storiche, migliaia le biblioteche e gli archivi, circa 3.800 i musei e 2.000 i siti archeologici.
Nonostante tale premessa, la gestione dei beni culturali italiani è ancora poco orientata ad una logica di valorizzazione integrata, al fine di rafforzare e creare nuove opportunità di sviluppo soprattutto a livello locale.
Parlare di valorizzazione integrata per lo sviluppo locale significa promuovere infrastrutture di base, servizi territoriali efficienti, strutture ricettive, di ristoro e per il tempo libero di buon livello e via dicendo.
In questo modo si creano i presupposti  per migliorare le condizioni di conoscenza e conservazione dei beni e delle risorse esistenti, nonché la fruizione delle stesse.

Il ruolo delle Biblioteche e degli archivi nel marketing territoriale
In tale scenario, assumono un ruolo di primo piano le bilbioteche e gli archivi, sia perchè rappresentano più di altri l’identità culturale a livello locale e non, sia perché sono diffusi in maniera capillare e proponderante su tutto il territorio nazionale.
Le tabelle di seguito riportate forniscono un quadro sintetico del numero e della distribuzione delle biblioteche e degli archivi italiani:

Distribuzione geografica

Archivi – valori assoluti

Nord

40

Sud

21

Centro

34

Totale

95

 

 

Distribuzione geografica

Biblioteche – valori assoluti

Italia settentrionale

6669

Italia centrale

2764

Italia meridionale

4032

Totale

13465

Fonte ISFOL: Associazione Economia per la Cultura, 1994.

Le biblioteche, così come gli archivi, possono costituire una leva importante per l’innovazione e la promozione del territorio, diventando veri e propri strumenti di marketing territoriale, valorizzando le risorse e i beni del territorio e della cultura locale.
Questa nuova prospettiva, orientata al marketing territoriale, richiede un cambiamento culturale significativo: è necessario un passaggio da una cultura che si esaurisce nel solo aspetto storico – artistico ad una che comprende un orientamento di carattere maggiormente manageriale e gestionale dei Beni culturali e nel caso specifico delle biblioteche e degli archivi.
In tale processo di forte cambiamento, il ruolo delle nuove tecnologie diventa strategico.
Nel corso degli ultimi anni – e ancor di più in quelli che verranno – le nuove tecnologie stanno rivoluzionando il rapporto tra i presidi culturali e la loro fruizione ed accessibilità rispetto al passato.
Il passaggio che si sta gradualmente concretizzando, o almento questo è l’intento a cui si aspira, è fondamentalmente da una forma istituzionale creata per accumulare esperienze, risorse e beni ad una struttura come luogo fortemente interattivo e di scambio, dove realizzare anche nuovi prodotti e servizi.
Nelle biblioteche e negli archivi si stanno appunto affiancando alla funzione di conservazione e mantenimento dei beni culturali esistenti, altre funzioni, quali la comunicazione con l’esterno e la creazione/l’offerta di nuovi prodotti e servizi nell’ottica di una piena valorizzazione del territorio e delle sue risorse.
Nella loro nuova veste di promotori del territorio, le biblioteche e gli archivi devono inserirsi nel panorama culturale a cui afferiscono, arricchendolo ed integrandolo, facilitando la creazione di nuove opportunità di leggere e far leggere il territorio e le risorse che lo caratterizzano.

Un esempio di biblioteca come strumento di marketing territoriale
Purtroppo in Italia,  non si è ancora diffuso questo nuovo ruolo delle biblioteche e degli archivi. Nonostante ciò si può cominciare ad intravedere alcuni tentativi in questa direzione.
Un esempio concreto in questo senso è rappresentato dal Comune di Roma che ha definito il nuovo Piano Programma 2003 e quello triennale 2003-2005, dove si evince una concezione delle Biblioteche più ampia rispetto al passato.
Il Comune di Roma riveste le biblioteche di un ruolo nuovo, in qualità di unità centrali locali ovvero dei “luoghi più identificativi dell’identità locali e corrispondono agli spazi urbani in cui il PRG individua le principali funzioni in grado di rivitalizzare i riqualificare i tessuti circostanti ..”.
In questa nuova funzione che dovranno svolgere le biblioteche, il Comune di Roma rivolge grande rilevanza alle azioni di comunicazione che le biblioteche stesse dovranno svolgere, in quanto dovranno “indirizzare una parte consistente delle proprie risorse per promuovere il prodotto territorio, prendendo atto di un principio di forte interazione che la Comunicazione Pubblica è chiamata ad assorbire, elaborare, esprimere ed immettere sulla scena sociale ed economica: un tessuto connettivo capace di leggere/far leggere il territorio nella molteplicità dei suoi aspetti e delle politiche espresse.
E’ in questo senso il fine dell’educazione dell’Istituzione (Biblioteca) sarà raggiunto attraverso un uso più consapevole di uno strumento al quale il dibattito odierno riconosce sempre maggiore importanza: il marketing territoriale”.
Lo Stato deve ormai occuparsi della sussidiarietà e quindi della contestualità, garantendola “Bonne governance” e cioè il rispetto dei diritti della persona, della separazione dei poteri, l’onestà intellettuale e fisica, la trasparenza nell’azione e il senso di responsabilità nel rispetto della legge, un efficace ed efficiente rispetto del diritto di proprietà e del diritto scaturente dagli atti privati e dai contratti, una normazione diretta a regolamentare il mercato atta a prevenire frodi, nonché comportamenti lesivi della concorrenza, ma atti a consentire lo sviluppo del sistema produttivo; istituzioni finanziario-fiscali e monetarie che assicurino la stabilità economica, nonché strumenti di partnariato sociale atti a realizzare adeguata previdenza sociale, una puntuale gestione del conflitto sociale, una costante ricerca di idonee soluzioni al continuo cambiamento delle relazioni economiche internazionali che vedono entrare in campo sempre nuovi protagonisti.
Le imprese e i soggetti pubblici e privati che hanno il compito invece di assicurare quel processo di crescita del Prodotto Interno Lordo, devono applicare il principio del fare per assicurare all’essere umano la necessaria qualità della vita. “Fare” vuol dire trasformare le idee in progetti concreti, affinché innovazione e sviluppo economico divengano un dato costante del nostro modo d’essere accompagnandosi tuttavia al mantenimento di quel modello di solidarismo che ha consentito comunque al nostro Paese di attraversare in maniera dignitosa la tragedia di due guerre mondiali.
L’attività delle nostre imprese, anche artigiane, deve essere una felice sintesi di tradizione e modernità, fantasia e concretezza e responsabilità sociale, da ciò discende che il nostro prodotto deve necessariamente essere figlio della nostra cultura materiale e generale. Il ruolo di promotore e diffusore di tale processo non può non essere che il mondo degli archivi e delle biblioteche, portante l’universo del nostro retaggio, che nella competizione globale è l’unico elemento che può fare la differenza; promuovendo l’acquisizione di quella impronta di originale e di nuovo nell’antico, all’interno del concetto di qualità sociale e di qualità totale che certamente supera di fatto e di diritto la proposta commerciale delle multinazionali.