Il mese di settembre e’ un mese particolare per New York. Inizia con Labor Day e la ripresa delle scuole -e del gran traffico; prosegue con l’anniversario dell’attentato alle Torri Gemelle e si conclude con l’Assemblea Generale delle Nazioni Unite,  che quest’anno, oltre alla solita pletora di capi di Stato e delegazioni da tutto il mondo, vedrà anche la visita del Santo Padre. Come se non bastasse fanno da corollario anche il concerto di Madonna e il minacciato sciopero di centinaia di autisti dei bus scolastici.

E’ il caso di dire che, più in generale, di settimana in settimana, di mese in mese, una diversa catastrofe e’ dietro l’angolo. Il clima ci mette la sua: oltre 17 le bufere di neve l’anno scorso, per non parlare di Sandy a Ottobre 2012. Ed e’ interessante osservare gli sforzi dell’amministrazione per cercare di prepararsi ed evitare il peggio.

I vari rischi sono elencati con dovizia sul NYCEM – New York City Office for Emergency Management – e le informazioni e strategie per fronteggiare  crolli, esplosioni, epidemie, incendi, terremoti, alluvioni, attacchi terroristici, bufere, black out, dispersione di agenti chimici e radiazioni, o semplicemente forte freddo e estremo caldo, sono a disposizione di tutti, privati cittadini in primis per cercare di arrivare preparati all’inevitabile e contenere i danni. Ma ancor più interessante per i toni e gli approfondimenti teorici e’ il materiale disponibile sul sito del New York City Health and Mental Hygiene Department rivolto a professionisti e autorità locali, dove senza mezzi termini si parla di “managing chaos” più che di emergenze.

 

 

 

Al di là delle cause, qualsiasi sia l’evento, il risultato e’ caos.

Il compito di un buon amministratore e’ di riuscire ad incanalare il caos in rivoli governabili e di ridurre la percentuale di imponderabile. In particolare diverte l’accenno degli autori all’ipotesi dello stagista che finisce con il coordinare un centro di raccolta o del coordinatore che si  trova invece bloccato in ufficio a redigere rapporti o a soddisfare le richieste del Governatore o del politico di turno invece di intervenire sul campo: Watch for the Governor!

Il tono e’ leggero ma il tema e’ dei più seri. Fronteggiare l’emergenza sembra essere diventata la norma e contenere il caos la sua regola.

Di questi giorni la notizia di ettari di bosco e abitazioni in fiamme in California: due volte l’equivalente di Manhattan e’ andato in cenere. Di non molto tempo fa l’attacco ai server della Sony e di questa estate quello a Ashely Madison, sito di incontri extraconiugali per persone sposate, che ha fatto notizia per una serie di suicidi legati alla minaccia degli hacker di divulgare i nominativi degli iscritti. Per mesi la Sony si e’ isolata dalla rete, tornando a utilizzare fax e messaggi epistolari consegnati a mano da corrieri.

Di questi giorni la frustrazione del Presidente Obama di fronte all’ammissione da parte del Pentagono di vulnerabilità di fronte alla minaccia di cyber attacchi da parte di Iran e Cina. In un discorso alle truppe riunite a Ford Meade, in Maryland, sede del US Cyber Command, il Presidente ha ammesso che i progressi nella difesa sono minimi rispetto agli enormi e costanti balzi in avanti dell’offensiva informatica di cui gli Stati Uniti sono potenziali vittime. E’ stato valutato che un attacco massiccio al sistema informatico americano metterebbe in ginocchio il Paese più di qualsiasi cataclisma.

E non e’ un caso che proprio i problemi legati alla creazione di un server privato e alla gestione della posta elettronica attraverso canali non protetti stia costando a Hillary Clinton la candidatura alla Presidenza degli Stati Uniti.

L’enorme dipendenza dalla rete a tutti i livelli ha in nuce il seme del caos a cui gli stessi strumenti informatici cercano di portare ordine.

La Federal Emergency Management Agency FEMA, resa nota ai più in occasione dell’uragano Katrina, ha pagine dedicate al cyberattack e ne analizza il prima, il durante e il dopo nella speranza di offrire ai più gli strumenti per riconoscere ogni eventuale intrusione ed evitare di infettare  altri computer o sistemi più complessi. Anche il minimo attacco puo’ essere foriero di caos e danni irreparabili.

L’America si prepara a governare il caos, mentre l’Europa erige muri di filo spinato per contenerlo.

Interessante la metafora del Presidente Obama che parlando della tragedia dei rifugiati siriani ha detto che non basta dare soccorso a quanti il fiume ci porta sotto casa, ma bisogna andare a monte, per porre termine al massacro che si compie alla fonte.