Recentemente è stato pubblicato Processo alla complessità

http://www.ibs.it/code/9788894014303/processo-alla-complessita.html (a cura di Giuseppe Sapienza) per i tipi di Lettere da QALAT, dove viene ospitato un mio articolo, di cui riportiamo qui l’incipit.  

 

 

Saperci fare con la complessità: verso le pratiche 

Gli dei ci creano tante sorprese: l’atteso non si compie e all’inatteso un dio apre la via.

                                                              Euripide

 

Gregory Bateson soleva dire che se dai un calcio a una palla da biliardo su un pavimento perfettamente liscio sai benissimo dove va a finire. Ma se invece dai un calcio a un cane, non sai affatto come va a finire: il cane può scappare, rifugiarsi guaendo in un’altra stanza, oppure morderti. Ciò accade perché il sistema calcio-palla da biliardo è un sistema non complesso, mentre invece il sistema uomo-calcio-cane è complesso (e lo sono anche sia l’uomo che il cane). Questo piccolo esempio racchiude in sé ed esprime in modo per l’appunto esemplare tutte le caratteristiche chiave della complessità. Ma spieghiamo un po’ meglio1.

 

La complessità  

Il termine è entrato in voga a partire dagli anni ‘70 e la nascita della problematica ad esso riferibile viene spesso ricondotta alla pubblicazione di un paper del premio Nobel per la fisica  P.W. Anderson dal titolo More is differen2, cui andrebbe ascritta secondo alcuni la cosiddetta “fine del riduzionismo”. In questo paper Anderson, già a partire dal titolo stesso, evidenziava come in moltissime situazioni non sia possibile dedurre le caratteristiche di un sistema a partire dai suoi elementi di base. Per esempio, non è possibile stabilire se Mario andrà stasera al cinema a partire dalla conoscenza della sua composizione atomica o molecolare. In altri termini spesso e volentieri il comportamento dell’unità considerata nel suo complesso non è calcolabile a partire dai suoi “pezzi” e presenta anzi caratteristiche del tutto nuove e imprevedibili. 

Per dirla con le parole stesse di Anderson: «L’intero diviene non solo qualcosa di più, ma anche di molto diverso dalla somma delle parti»3. E, come dicevamo, mostrando proprietà completamente diverse. Si pensi per esempio alla liquidità dell’acqua: è una proprietà che non deriva affatto dalle molecole d’acqua, che raggruppate in piccoli numeri non sono per nulla liquide, ma è una proprietà nuova che appare mediante un brusco cambiamento del sistema a seguito di una sufficiente concentrazione di molecole; tale proprietà, secondo la teoria dei sistemi complessi, prende il nome di “proprietà emergente”. 

Dopo il citato articolo di Anderson la teoria della complessità si è sviluppata ad opera di molti scienziati e ricercatori. Tra i più significativi possiamo ricordare I. Prigogine e I. Stengers, che pubblicarono nel 1979 La Nuova Allenza4, dove indagarono sull’importanza del tempo e in particolare dell’irreversibilità nel comportamento dei sistemi complessi; possiamo poi ricordare il matematico René Thom con la sua teoria delle catastrofi; i biologi H. R. Maturana e F. Varela, che si occuparono dei modi in cui i sistemi viventi sono “autopoietici”, ovvero mantengono la propria unità5; il filosofo Edgar Morin, che ha elaborato una sorta di sistematizzazione della teoria della complessità; il filosofo E. Làszlò, che ha cercato di elaborare leggi che spieghino le dinamiche dei sistemi sociali, il sociologo Niklas Luhmann e numerosi “precursori” o “padri fondatori” come Gregory Bateson e Paul Watzlawick, il fisico R. Laughlin e tanti, tantissimi altri. Al di là dei nomi di riferimento, la teoria della complessità, o per meglio dire la riflessione sui fenomeni legati alla complessità, comprende un ambito molto vasto di fenomeni sia fisici che biologici e sociali. In generale, come accennato prima, le questioni intorno a cui ruota sono riassumibili in alcuni termini chiave quali autorganizzazione, emergenza, imprevedibilità, incertezza, retroazione, le quali, tutte insieme, vanno a perimetrare un campo di ricerca di frontiera trasversale a molte discipline, un campo che sta tra l’infinitamente piccolo (atomi e particelle) e l’infinitamente grande (il cosmo e le galassie) denominato dal già citato Laughlin the middle way, ovvero quella “terra di mezzo” in cui ritroviamo tanto i superfluidi come le aziende, le società degli insetti come i mercati, la meteorologia e le transizioni di fase (l’acqua che diventa liquida), gli organismi viventi e i processi cognitivi. 

Linearità e non-linearità. Nella teoria dei sistemi un problema è lineare qualora scomponibile in una somma di sotto-problemi indipendenti tra loro. Se invece le componenti di un problema interagiscono tra loro in modo tale da rendere impossibile la loro separazione per risolvere il problema fase per fase, allora si parla di non-linearità. Un altro modo per affermare la stessa cosa, forse un poco più rigoroso, è affermare che è lineare un sistema che risponde in modo direttamente proporzionale alle sollecitazioni ricevute (come accade per il sistema calcio-palla da biliardo): si dice in questi casi che siamo in un ambito in cui vige il principio di sovrapposizione degli effetti, per cui se all’input  A1 il sistema dà la risposta R1 e all’input A2 dà la risposta R2, allora all’input A1+A2 esso risponderà con R1+R2.

Riduzionismo lineare. Detto questo, va ricordato che i sistemi e i problemi della “terra di mezzo” che comprende i fenomeni per noi solitamente osservabili (e pertanto rilevanti) sono essenzialmente non-lineari. E in generale lo sono tutti i sistemi e i problemi che comprendono un ruolo attivo da parte di persone e gruppi di persone, organizzazioni e società. Tuttavia, per semplificare le indagini e soprattutto a scopo operativo, anche in presenza di sistemi non-lineari, ovvero complessi, si cerca spesso di ricorrere in prima istanza a ipotesi di linearità. Si assumono pertanto in prima approssimazione gli effetti della non-linearità come trascurabili e si utilizzano modelli di comprensione e logiche di intervento che considerano il sistema come se fosse lineare. Va sottolineato che questo approccio si rivela utile in numerosissimi casi e che si può operare con successo con logiche lineari in moltissime situazioni, anzi, in generale, nel passato, gli interventi di pianificazione, per esempio urbana, sociale o organizzativa, erano effettuati mediante semplificazioni lineari. 

Il punto è che la “linearizzazione” dei sistemi complessi riesce ad essere efficace solo in certe situazioni, vale a dire quelle di relativa stabilità di molte variabili. E l’aumento della velocità delle interazioni, tipiche della nostra epoca ipermoderna, fa sì che in molte situazioni la semplificazione lineare tenda a rendimenti decrescenti. 

Dalla non-linearità all’emergenza. Come accennato poco sopra, dalla non-linearità di un sistema scaturisce la sua attitudine a esibire proprietà inspiegabili e incalcolabili a partire dai dati che costituiscono e dalle leggi che governano le singole componenti stesse. In altri termini la non prevedibilità lineare del sistema comporta che esso si comporti in un modo che, sotto il punto di vista della linearità, si configura come essenzialmente nuovo. Questa caratteristica, detta proprietà emergente, è facilmente osservabile in una enorme quantità di eventi tanto a livello biologico come fisico. Va detto tuttavia, che è più facilmente frequente osservare il fenomeno della proprietà emergente nei sistemi sociali. Per esempio, il termitaio è una proprietà emergente rispetto alle termiti, così come la tragedia classica è una proprietà emergente del sistema sociale della Grecia antica. Insistiamo su questo elemento perché riteniamo sia quello che più di ogni altro descrive e/o determina i sistemi complessi. 

 

  1. Chi scrive è un consulente filosofico e aziendale e ha esperienza sia teorica che operativa di filosofia, coaching, comunicazione e change management: le esperienze ne influenzano la visione.
  2. P.W. Anderson, More is Different. Broken symmetry and the nature of the hierarchical structure of science, «Science», vol. 177, n ° 4047 (04/08/1972), pp. 393-396 (vedi anche: https://www.tkm.kit.edu/downloads/TKM1_2011_more_is_different_PWA.pdf) 
  3. Ivi, p. 394
  4. I. Prigogine, I. Stengers, La Nouvelle alliance. Métamorphose de la science, Gallimard, Paris 1979
  5. H. R. Maturana e F. Varela, Autopoiesi e cognizione. La realizzazione del vivente, Marsilio, Venezia, 1985