Nella prima parte dell’articolo (che puoi leggere cliccando qui) abbiamo conosciuto la Teoria dell’Equilibrio del prof. Nash (premio nobel per l’economia nel 1994) e le sue implicazioni sistemiche.

In questa seconda parte facciamo alcune considerazioni cibernetiche e valutiamo le implicazioni sistemiche dei gruppi cooperativi, con considerazioni che entrano nella sfera del management delle organizzazioni.

CYBERNERTIC WAY

Abbiamo visto che nei sistemi non cooperativi ideali, il gruppo è governato da dinamiche causa-effetto con influenze sistemiche dovute all’interazione fisica. 

Se nel gruppo, pur non cooperativo, esiste però una relazione basata sulla consapevolezza e l’esigenza di appartenere al gruppo, si materializza il primo obiettivo sistemico: L’ESISTENZA. 

L’agire delle singole parti viene influenzato dalla necessità di esistenza del gruppo stesso, creando di fatto, un primo grande anello di feedback negativo, che ha un effetto di modulazione dinamica sulle azioni delle singole parti, che tende a selezionare i comportamenti che favoriscono l’esistenza del gruppo. 

Per cui alcune classi di comportamenti, sebbene molto produttive sul fronte personale, vengono inibite o smorzate dall’anello di feedback creato dalla relazione con il gruppo, poiché possono minarne la stabilità e la sua stessa esistenza, creando tensioni interne e disgregazioni.

La complessità aumenta se il gruppo oltre all’esistenza, ha uno scopo, (multiminded)  una funzione, un obiettivo da raggiungere, tale per cui il singolo tenderà a scegliere azioni che oltre a non danneggiare l’esistenza del sistema, saranno indirizzate a raggiungere il proprio obiettivo personale e contemporaneamente l’obiettivo di gruppo, con un triplo anello di feedback negativo.

 
 

Il gruppo diventa un vero e proprio “organismo” composto di entità che hanno come prima necessità quella di esistere singolarmente, di esistere come gruppo, di asservire uno scopo personale e di raggiungere un obiettivo di gruppo.

Il terzo anello di feedback, si genera dallo scopo di gruppo e interferisce con quello personale, al punto che l’asservimento del bene comune può compromettere l’obiettivo personale o comunque non massimizzarlo, poiché massimizzare l’obiettivo del gruppo significa trovare la migliore configurazione delle parti a prescindere dagli obiettivi dei singoli elementi.

Questo fatto genera una resistenza sistemica nel raggiungimento dell’obiettivo di gruppo, poiché la rinuncia di una parte degli obiettivi personali in favore del bene comune, è motivo di innesco di competizioni e tensioni interne. 

Minimizzare questa resistenza è la chiave per riuscire a mantenere un omeostasi aziendale orientata al risultato.

Nei gruppi NON collaborativi più evoluti (multiminded), il terzo livello di feedback (strategic), sviluppa dinamiche che si basano esclusivamente su meccanismi strategici di scelta che sono il frutto di considerazioni individuali non condivise, secondo lo schema relazionale “uno a molti”.

Siamo nella situazione dell’Equilibrio di Nash in cui la mancanza di condivisione dell’informazione non permette di minimizzare questa resistenza oltre un certo limite.

GRUPPI COLLABORATIVI:  BEYOND COMPETITION

Una differenza sostanziale si sviluppa nei gruppi cooperativi dove, a livello sistemico, per cooperazione si intende una volontà estrinseca delle parti di modificare i propri comportamenti e obiettivi, al fine di permettere il raggiungimento dell’obiettivo comune.

In accordo con la teoria del prof Ackoff 1972, i gruppi collaborativi hanno uno scopo di gruppo e possono raggiungere lo stesso obiettivo in modi e ambienti differenti.

In questa situazione le singole parti, oltre ad essere consapevoli di far parte di un sistema che ha uno scopo, hanno la possibilità di scegliere di modificare la propria struttura in base all’obiettivo comune, e minimizzare le resistenze che si generano dall’interferenza tra obiettivi personali e di gruppo.

A livello cibernetico si genera un feedback la cui informazione viene condivisa con tutte le parti del sistema secondo lo schema relazionale “molti a molti”.

Questo aumento di informazione condivisa determina una struttura cognitiva che Peter Senge nel 1990 definiva “organizzazione che apprende” intuendo già allora le straordinarie possibilità dei sistemi cooperativi.

Nel film “A beautiful mind”  il passaggio da relazione NON collaborativa a collaborativa, si nota nell’assunto secondo il quale per riuscire a ottenere il massimo risultato dal gruppo, è necessario cambiare obiettivo e collaborare, cioè rendersi conto che competere per la riuscita del singolo (che esce con la ragazza bionda), ha effetti negativi  per il gruppo stesso (si sviluppano contrasti e tensioni interne). 

La soluzione migliore è quella condivisa, evitare di puntare alla ragazza bionda e dividersi sulle ragazze meno interessanti in modo tale che tutti gli elementi possano raggiungere un obiettivo personale ridotto, ma in linea con la necessità di esistenza del gruppo e l’obiettivo individuale di uscire con le ragazze. 

Una soluzione del genere deve essere necessariamente collaborativa, poiché in quella situazione, l’attrazione fisica è l’unica forza dominante che determina la scelta di un azione piuttosto che un’altra.

In una relazione NON collaborativa tutti competerebbero per uscire con la ragazza bionda, per cui la scelta strategica di convergere verso ragazze meno interessanti deve necessariamente scaturire per un accordo consapevole tra le parti. 

E’ questo, con buona probabilità, il motivo per il quale il dr. Nash non era in accordo con la sceneggiatura del film: l’Equilibrio di Nash si basa su un assunzione esclusivamente di tipo NON collaborativo, mentre Ron Howard ha ovviamente cercato una situazione cinematografica che potesse rendere interessante la questione al grande pubblico.

 

Bibliografia:

  • Senge Peter 1990 – “The Fifth Discipline: The Art and Practice of the Learning Organization”
  • Nash, John F. 1950. “Equilibrium Points in N-Person Games. Proceedings of the National Academy of Sciences 36 (1): 48–49.”
  • Stafford Beer 1994 – “Beyond Dispute: The Invention of Team Syntegrity”
  • Ackoff 1972, “On Purposeful Systems: An Interdisciplinary Analysis of Individual and Social Behavior as a System of Purposeful Events.”
  • 2006 Jamshid Gharajedaghi – Systemsthinking