Un minidizionario di poco meno di venti voci per capire bene di che si tratta quando abbiamo a che fare con la complessità – e un poco anche cosa bisogna “farci”. Tratto dal contributo di Paolo Cervari al libro Processo alla Complessità (a c.d. Giuseppe Sapienza, LetteredaQALAT) dal titolo “Saperci fare con la complessità: verso le pratiche” di cui abbiamo pubblicato l’introduzione nel N°100 di Caos Management, il Minidizionario procede a una o due voce per volta, pubblicate su vari numeri di Caos Management. Buona lettura.

 

 

Insufficienza della descrizione univoca.

 “Un sistema è complesso quando mostra una pluralità di comportamenti che per essere descritti richiedono più modelli.”[1] E non solo nel senso che è meglio o si può descrivere la stessa cosa in molti modi e da diversi punti di vista, discorso che vale anche, come diceva Husserl, per un cubo, ma nel senso che una sola modalità di descrizione sarebbe in molti casi sviante e fonte di errore, e comunque limitata al solo scopo per cui viene effettuata e/o costruita. Inoltre, attuare una descrizione con più modelli è necessario perché in un sistema complesso “se cerchiamo informazione su un comportamento (…) perderemo informazione su altro”[2], cosa che condanna il ricercatore di conoscenza complessa all’incompletezza, il che implica che, in senso stretto e logico, è impossibile avere tutta l’informazione che il sistema può, da un punto di vista lineare, offrire.  Ciò comporta una visione della conoscenza come una sorta di configurazione di ciò che viene osservato in funzione di un equilibrio tra osservatore e il mondo – qualcosa di più simile a un dialogo continuo tra i due piuttosto che alla descrizione di un territorio mediante una mappa (vedi a questo proposito più sotto Accoppiamento strutturale).

 

Agire è capire e capire è agire.

 In virtù di quanto sopra sull’insufficienze della descrizione univoca, accade che quando facciamo una scelta di indagine e d’osservazione, quando cerchiamo in qualche modo di capire come stanno le cose, allora usciamo dalla nostra relativa incertezza facendo “collassare” una specifica possibilità di conoscenza, riconfiguriamo il sistema in funzione dei filtri cognitivi scelti e a seguito di questa nuova visione procediamo con nuove domande e nuove riconfigurazioni. A ciò s’aggiunga che spesso e volentieri (se non forse sempre) non solo l’osservazione modifica la nostra conoscenza dello stato del sistema, ma proprio il sistema stesso, anche su scala molto evidente, come quando, per esempio, si fa un’indagine di clima in un’organizzazione o si cerca di capire mediante interviste il sistema di credenze di un gruppo di indiani della profonda Amazzonia. In questo senso siamo davvero creatori di mondi  e comprendere equivale ad agire e viceversa, motivo per cui azione e descrizione viaggiano di pari passo e si condeterminano a vicenda.

 

Biforcazioni.

Spesso quando si parla di sistemi complessi si parla del celebre “effetto butterfly” per cui il battito d’ali di una farfalla che si trova per esempio a Tokyo può causare una tempesta a New York. Tuttavia, per quanto rilevante nella teoria della complessità, tale fenomeno ha a che vedere con ciò che viene chiamato “sensibilità alle condizioni iniziali”, ovvero con il fatto che le previsioni non sono linearizzabili a partire dai dati di partenza. E’ una questione che attiene ai sistemi caotici (ma non tutti i sistemi complessi sono caotici). Quando si parla di “biforcazioni” invece si ha di mira un fenomeno differente, anche se ha in comune con l’”effetto butterfly” la sproporzione tra cause ed effetti. Con “biforcazioni” alludiamo a un fenomeno del genere “sliding doors”: la ragazza entra o non entra nel vagone del metrò. C’è insomma un evento microscopico, casuale, proveniente da un più ampio, amplissimo sistema esterno (l’ambiente), il classico sasso sui binari lasciato lì da ragazzini che giocavano ai pirati, che genera una conseguenza di vastissima portata nel sistema osservato, e per di più irreversibile: da lì in poi non si può più tornare indietro. Come si può intuire, tutto questo si connette in modo forte a tutto ciò che a che vedere con la rilevanza della storicità.

[1] I. Licata, Complessità, un’introduzione semplice, :duepunti edizioni, 2011, p. 40

[2] Ibidem, p. 41

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