MIGRANTI O VIAGGIATORI?   PARTE SECONDA

ROSA CLEMENTE – CASE HISTORY

A dispetto delle affermazioni a ruota libera, e un po’ azzardate, del ministro Poletti dello scorso dicembre, secondo il quale non ci dovremmo preoccupare se alcuni giovani italiani vanno all’estero, perché evidentemente non meritevoli di rimanere, proseguiamo nella narrazione di belle storie di giovani che si sono realizzati professionalmente, scegliendo di essere cittadini del mondo, il che può implicare anche il ritorno in Italia.
E’ il caso di Rosa Clemente, di cui raccontiamo di seguito la storia.

 

“Giovani italiani vanno all’estero? Alcuni meglio non averli tra i piedi”, questa in estrema sintesi la “provocazione” dello scorso mese di dicembre 2016 del ministro Giuliano Poletti, rilanciata da agenzie di stampa e dai social, che ha naturalmente suscitato grandi polemiche e critiche. Al di là dell’immediato dietrofront, restano alcune affermazioni che sembrano veri e propri macigni.
Sentiamo, quindi, cosa ha da dirci in merito alla sua “fuga” all’estero – con ritorno – Rosa Clemente, partendo proprio dalla narrazione del suo percorso personale, formativo e professionale.

Una formazione nelle relazioni umane
“Sin da piccola era chiaro che da ‘grande’ avrei intrapreso un percorso nell’ambito delle scienze umanistiche”, ricorda Rosa, “la propensione alla cura dell’altro e l’attenzione alla relazione sono stati e sono tutt’ora punti centrali del mio percorso formativo e professionale. Una laurea triennale in Scienze della Formazione presso l’Università degli Studi di Bari e la specialistica in Formazione degli adulti e consulenza nelle organizzazioni presso l’Università degli Studi di Milano Bicocca. Queste le basi formative del percorso che mi ha permesso di lavorare nelle risorse umane, per me una vera passione!”.

L’approdo dalla Puglia a Milano come sfida “globale”
Ed è proprio l’approdo a Milano per la laurea specialistica che ha rappresentato per Rosa la realizzazione di un grande desiderio, quello di iniziare una vita autonoma, lontana dalla famiglia – che tanto amava – ma dalle quale aveva bisogno di staccarsi per iniziare un percorso di ricerca di se stessa. Il trasferimento, avvenuto il giorno dopo il conseguimento del titolo di laurea triennale, a dimostrazione di quanto Rosa sentisse stretto il contesto che la circondava, è stato vissuto senza paure, con tanta tanta voglia di mettersi alla prova: a Bari si era laureata con 110 e lode, ma aveva bisogno di capire se anche a Milano sarebbe riuscita a raggiungere gli stessi risultati.
Tra i tanti aspetti positivi di Milano, Rosa cita l’amicizia perché, sostiene, “ho conosciuto persone provenienti da tutta Europa, con esperienze tanto diverse dalla mia, che mi hanno spinta a rivalutare il mio concetto di “normalità” per aprirmi ad una nuova consapevolezza di diversità e accettazione delle differenze. Sia in università sia in ambito lavorativo sono nate delle amicizie che tutt’ora sono molto importanti per me.” Un secondo aspetto di arricchimento è stata l’acquisizione di competenze. “La necessità di comunicare con persone tanto diverse da me”, sostiene Rosa, “mi ha portata a spingermi ‘out of the box’ e, indirettamente, a lavorare su quelle competenze che anche in ambito lavorativo e in un curriculum fanno la differenza, cioè la conoscenza dell’inglese, la capacità di essere flessibili e adattabili alle situazioni, la capacità di relazionarsi e stare in team modulando la comunicazione a seconda dei contesti di riferimento.”
Ma Milano per Rosa ha rappresentato anche l’approccio con il mondo del lavoro, a partire dai primi “lavoretti” da promoter, educatrice, ma, soprattutto, il suo primo stage nell’ambito delle Risorse Umane – il suo sogno – e il primo vero lavoro come HR Generalist in Connexia, agenzia di comunicazione di successo e molto conosciuta.
Ma è anche dal punto di vista delle emozioni che Rosa ha cominciato a compiere il grande salto, che la porterà poi ad ulteriori spostamenti. Dice Rosa “Nel bene e nel male Milano mi faceva sentire viva, ogni giorno in modo diverso, niente era scontato perchè ero io l’artefice del mio destino e solo io, con le mie scelte, potevo cambiarlo. Quell’impagabile sensazione di essere nel posto giusto, al momento giusto mi dava grande soddisfazione. Milano mi ha travolta con la sua frenesia, la sua organizzazione e le mille possibilità che offriva, è stata la mia seconda casa per tre anni, prima che l’improvvisa scomparsa di mia madre mi riportasse al sud, a Molfetta, per scelta, per una pausa che è durata circa otto mesi.”

Da Milano all’Inghilterra, una mobilità “naturale”
A un certo punto di questo percorso, pur in una situazione difficile e dolorosa per tutta la sua famiglia, qualcosa è di nuovo cambiato. Vediamo perché, ascoltando ancora una volta le parole di Rosa.  “Era il 2012, ero tornata a vivere in Puglia e il mio percorso professionale era fermo da otto mesi. Le chiamate per dei colloqui non arrivavano e purtroppo molto spesso si trattava di truffe. Di qui, a questo punto, la voglia – e la necessità – di affrontare una sfida ancora più grande: lasciare l’Italia e vivere all’estero, ad Exeter, nel sud-ovest dell’Inghilterra, inizialmente con un contratto di stage tramite il Bando Leonardo da Vinci della Regione Puglia,  e poi con un contratto di assunzione a tempo indeterminato arrivato dopo soli tre mesi. Rosa era entrata a far parte di un’azienda nell’ambito della consulenza Blue Arrow, specializzata nei servizi di ricerca di personale per clienti del settore pubblico e privato, iniziando con uno stage come supporto consulente, occupandosi di attività amministrative e di segreteria, per diventare poi in pochi mesi Recruitment Consultant e avere in gestione un pacchetto clienti in ambito Healthcare ed Education.

La scoperta della valorizzazione del “potenziale”
In Inghilterra Rosa ha compreso quanto fosse importante il concetto di potenziale. Nel primo periodo, pur non parlando perfettamente la lingua, il  suo team e il suo responsabile hanno creduto in lei, lavorando, appunto, sul suo potenziale, e spingendola a raggiungere obiettivi per lei stessa inimmaginabili. “In ambito lavorativo ho trovato struttura, semplicità e chiarezza delle procedure,  rispetto delle regole, work-life balance e professionalità”, ricorda ancora Rosa, “di giorno ero un HR che intervistava candidati provenienti da tutto il mondo, nel tempo libero davo lezioni d’italiano a studenti inglesi. Con una collega inglese avevo anche aperto una mia società con l’obiettivo di facilitare il transito di giovani italiani in UK per motivi di studio e/o lavoro. Confrontandomi con altri stranieri (non solo italiani ma, soprattutto, spagnoli e polacchi) mi sono resa conto di quanto la mia esperienza fosse la normalità in un paese che, almeno nel pre-Brexit, ha sempre mostrato grande apertura verso l’esterno. Non è sempre stato tutto semplice, anzi. Credo che l’integrazione non passi solo attraverso l’apertura di chi accoglie, ma dipenda tanto anche da quanto lo straniero si sforzi di integrarsi accettando la diversità e qui mi sono tornate utili le capacità di flessibilità e adattabilità apprese durante l’esperienza milanese.

Gli italiani all’estero, un arricchimento per il paese di destinazione
Secondo l’esperienza di Rosa, i lavoratori italiani all’estero sono persone spesso costrette a vivere lontane dal loro paese e dalle loro famiglie perchè in Italia non sono riuscite a collocarsi professionalmente e, dunque, cercano una “via di fuga”. Senza però generalizzare, solitamente si tratta di laureati, giovani, ma non solo, che sopperiscono alle lacune del mercato del lavoro di destinazione (in questo caso UK), portando competenze spesso carenti in ambito medico, ingegneristico, accademico, quindi molto specialistico. Si tratta di persone con un’altissima motivazione che, proprio a fronte di tanti sacrifici e rinunce, sono focalizzate sul raggiungimento degli obiettivi.
E alla luce di questa esperienza, Rosa sostiene che, potendo rivedere quel percorso, probabilmente avrebbe lasciato la sua città, Molfetta, molto prima, per vivere anche in altre città italiane, ma soprattutto le sarebbe piaciuto sperimentarsi in altre nazioni all’estero.

 

Continuare a correre, ma nel proprio paese
A un certo punto la decisione di tornare in Italia e di affrontare nuove sfide nel paese d’origine. Perché? Arrivata a 30 anni Rosa ha deciso di cominciare a pensare al suo futuro e ai  passi successi e sebbene l’Inghilterra le abbia regalato anni meravigliosi e importanti dal punto di vista professionale, e non solo, nel mese di ottobre del 2014, durante l’half-marathon di Exeter, proprio mentre correva, ha capito che era il momento di tornare a casa e di provare a mettere a frutto tutto ciò che aveva imparato fino ad allora.
Non avrebbe smesso di correre ma lo avrebbe fatto nel suo paese, dove di lì a poco tempo è arrivata l’opportunità professionale per la quale molto probabilmente non sarebbe neppure stata contattata se  non avesse vissuto all’estero.
Un colloquio presso la multinazionale in cui oggi lavora come Recruitment Manager Italy, un’azienda di e-commerce con circa 4.000 dipendenti, quotata in borsa e con uffici in tutto il mondo. Oggi Rosa gestisce un team di otto persone e nonostante il perimetro di riferimento delle sue responsabilità sia l’Italia, lavora su progetti globali e collabora con colleghi in UK, US e Asia Pacific. Un lavoro sfidante, all’interno di un’azienda italiana con respiro internazionale che, proprio per il suo core business (digital) è in costante evoluzione e crescita. Le opportunità non mancano, tant’è vero che proprio in questo periodo è in trasferta a New York per un progetto speciale, il cui obiettivo è quello di contribuire alla condivisione delle best practice tra i vari uffici locali. E naturalmente l’intervista è avvenuta in maniera tutta digitale.

Andare è fondamentale, ma tornare è ancora più bello: gli insegnamenti di questi anni
Sostiene Rosa “Ho imparato a guardare sempre avanti, a non arrendermi davanti alle difficoltà e a non considerare una persona solo per la sua dimensione lavorativa; dietro ogni professionista c’è sempre una persona, che va rispettata per quello che è, senza essere giudicata.”
E continua: “contestando una delle affermazioni del Ministro Poletti del mese di dicembre ‘Non esistono migliori o peggiori’, ricordo che pur essendo tutti diversi, siamo tutti ugualmente meritevoli di avere delle opportunità che valorizzino le nostre qualità, nel presente, ma anche in potenziale. Ho imparato che ‘andare’ è fondamentale, ma che tornare è ancor più bello se ci sono delle opportunità che ti permettono di vivere nella tua terra, contribuendo concretamente al suo sviluppo”.
E per concludere, Rosa ci dice: “Il mio progetto? Restare in Italia continuando a lavorare nel settore che amo, ma mantenedo gli occhi aperti sul mondo.”