La sinistra del XXI secolo deve puntare a combattere la centralità del lavoro nella vita contemporanea: fondamentalmente, la scelta è tra la celebrazione del lavoro e della classe operaia, e l’abolizione di entrambi. La prima posizione trova la sua principale espressione nella tendenza, tipicamente folk politics, a dare valore al lavoro manuale e artigianale. La seconda è la sola e autentica alternativa postcapitalista: il lavoro deve essere rifiutato e ridotto per permettere lo sviluppo della nostra libertà sintetica. Quindi, nel medio e lungo periodo, è necessario conseguire quattro obiettivi essenziali:

 

  • PIENA AUTOMAZIONE. Le macchine produrranno tutti i beni e i servizi necessari alla società, liberando da questo peso gli esseri umani. Tendenza già in atto, si tratta quindi di promuoverne l’accelerazione e contrastare la tendenza a scarsi investimenti privati: perché comprare nuovi macchinari quando dei lavoratori sottopagati possono svolgere gli stessi incarichi con meno spesa? Si tratta quindi di richiedere maggiori investimenti statali anche sulla ricerca all’innovazione non solo per accrescere le capacità dei lavoratori ma per la loro sostituzione. Sarà necessario tener conto del fatto che il capitalismo pretende comunque il profitto e preferirà il lavoro umano se questo è più economico rispetto a nuovi investimenti. Dovrà quindi essere previsto l’aumento di salari minimi ed incentivi per la sostituzione dei lavoratori umani. La piena automazione dovrebbe anche essere perseguita per quello che riguarda i cosiddetti lavori domestici. La piena automazione è quindi una rivendicazione che mira a ridurre il più possibile la quantità di lavoro umano necessaria.

 

  • RIDUZIONE DELLA SETTIMANA LAVORATIVA. Diversi sondaggi registrano come la maggioranza dei lavoratori sia favorevole ad una settimana lavorativa più corta. Questa può quindi essere una rivendicazione che, tra le altre cose, potrebbe dare più forza alle organizzazioni della sinistra.

 

  • REDDITO BASE UNIVERSALE. Deve essere tale da permettere la sopravvivenza; deve essere disponibile a tutti e supplementare al welfare. Quali ostacoli si frappongono all’istituzione di un reddito base? Il problema di trovare i fondi per finanziare una simile misura sembra insormontabile: servirebbe tagliare quei programmi alternativi che un reddito base renderebbe ridondanti, aumentare la tassazione sui ricchi, e poi imposte di successione, tasse sul consumo, carbon tax, taglio della spesa militare, taglio dei sussidi all’industria e all’agricoltura, e una stretta sull’evasione fiscale.

 

  • RIFIUTO DELL’ETICA DEL LAVORO. Uno dei problemi più grandi per la costruzione di una società post-lavoro, è quello di superare la pressione sociale che porta a interiorizzare l’etica del lavoro. Lasciarsi alle spalle l’etica del lavoro sarà dunque un obiettivo ineludibile per qualsiasi futuro tentativo di costruire un mondo post-lavoro. Per quanto degradante, sottopagato o scomodo esso sia, il lavoro viene comunque considerato come un bene in sé. Il fatto che tante persone non riescano neppure a immaginare una vita che abbia significato al di fuori del proprio impiego dimostra quanto in profondità l’etica del lavoro abbia plasmato la nostra psiche

 

Concludendo (si fa per dire) il nostro “futuro senza lavoro” ha buone possibilità di essere considerato una protopia: non è assolutista anzi prevede una gradualità nell’attuazione e, portando avanti uno studio accurato, ha anche buone possibilità’ di non andare contro i principi precauzionali. Si tratta in sostanza di costruire un mondo nuovo ed è quindi possibile sorgano nuovi problemi.

In effetti alcuni ostacoli possono essere facilmente prevedibili: per la piena automazione sarà necessario vincere la ritrosia della classe imprenditoriale per importanti investimenti soprattutto nella ricerca di base; sarà anche difficile vincere le resistenze sia per la riduzione della settimana lavorativa sia per il reddito base universale.

L’ostacolo più difficile da affrontare resta però quello riguardante l’etica del lavoro. Si tratta in questo caso di una vera rivoluzione culturale. Su questo argomento vale la pena di guardare al passato e cercare di utilizzare le metodologie, purtroppo vincenti, degli avversari.

Mi riferisco alla Mont Pelerin Society. Nel 1947 Friedrich von Hayek fondò la Mont Pelerin Society con l’intento di aggregare varie personalità del mondo intellettuale al fine di ridiscutere il liberalismo classico, quindi si parlò di neoliberismo. Come ha sostenuto Milton Friedman, uno degli aderenti alla società fondata da Hayek, il periodo storico, caratterizzato dalla forte ascesa da parte degli statalismi un po’ ovunque nel mondo, fece vedere agli occhi di tutti la Mont Pelerin Society come baluardo dell’ideologia liberale, punto di incontro annuale dei sostenitori del libero mercato.(lib. da Wikipedia). Si considera questo avvenimento come nascita del cosiddetto neoliberismo e  si considera il neoliberismo come nettamente opposto al concetto di economia keynesiana (in cui vi è correzione da parte statale del sistema economico con opportune misure di politica industriale a sostegno dell’interesse pubblico).

Da cui poi Scuola di Chicago, i cosiddetti Chicago boys, il fondatore della scuola Milton Friedman, e Sebastian Piñera e quindi Pinochet e poi Margaret Thatcher e Reaganomics, Alberto Fujimori e altri governi dittatoriali sudamericani. Tutto il male possibile, naturalmente.

Si tratterebbe quindi di costruire una Mont Pelerin Society, con esponenti di gran peso, non politici, dedicata al “futuro senza lavoro”

 

Cosa aspettarsi dopo

Trascorrere del tempo con la famiglia, creare, socializzare, aiutarsi a vicenda, proteggere il nostro pianeta… Queste sono attività in cui solo gli umani sono bravi, non le macchine. Le macchine sono brave a ripetere instancabilmente i processi e quindi a creare valore, che poi siamo in grado di condividere equamente tra di noi. Ciò significa che potremmo fare affidamento su tecnologie autonome per fornire la ricchezza e il cibo di cui abbiamo bisogno. Nel frattempo, potremmo realizzarci, concentrandoci su ciò che ci dà energia, ciò che ci rende umani. Questo potrebbe essere il fondamento di una nuova società, più equa, appagante e umana.  Ad esempio, è necessario analizzare più a fondo i meccanismi di trasformazione, consentendo la consegna sicura di una tale società. Dovremmo anche capire quali potrebbero essere le regole e le strutture. C’è molto lavoro da fare nella pianificazione per accelerare il successo umano con IA! Viviamo in un mondo eccitante, in un momento affascinante, in cui il progresso tecnologico è esponenziale e migliora continuamente le nostre vite. Sorprendentemente, potrebbe essere la tecnologia a farci riscoprire ciò che ci rende umani. La rivoluzione dell’AI in corso riguarderà principalmente proprio questo. Si tratterà di reimparare a vivere in armonia con il nostro pianeta e con le altre persone. Un futuro molto luminoso, se ci diamo la possibilità di coglierlo.

 

Bibliografia

> BASIC INCOME, Parijs, Philippe Van. Basic Income (p.iii). Harvard University Press.

> BULLSHIT JOBS, David Graeber, Penguin Books Ltd.

> IL CAPITALE NEL XXI SECOLO, Piketty Thomas,Bompiani

> DESTRA E SINISTRA, Bobbio, Norberto. Donzelli Editore.

> La fine del lavoro, Rifkin, Jeremy. MONDADORI.

> Fisica del futuro, Codice Edizioni.

> HYPERAUTOMATION, Bornet, Pascal; Barkin, Ian; Wirtz, Jochen.

> Inventare il futuro, Alex Williams, Nick Srnicek. Produzioni Nero.

> Il lavoro nel XXI secolo, De Masi, Domenico. Einaudi.

> IL REDDITO MINIMO UNIVERSALE, Van Parijs, Philippe; Vanderborght, Yannick. Egea.

> Smart working La rivoluzione del lavoro intelligente, Marsilio