Sono stata invitata a scrivere sul ruolo che l’arte e gli artisti hanno nel contesto della vita quotidiana, nel sociale, nella politica, nel caos mondiale attuale, delle persone in generale e di noi tutti, per aumentare il concetto di bellezza. Pertanto, l’occasione colgo per far conoscere l’associazione di cui faccio parte, FIDAPA. FIDAPA (Federazione Italiana Donne Arti Professioni Affari) é un movimento di opinione e di pensiero, libero, indipendente e senza scopo di lucro. Quale migliore esempio di espressione di arte e bellezza, se non l’associazionismo, nella sua declinazione al femminile per di più?

Il nascere di un’iniziativa, di un’intesa fra gruppi di persone, alla luce di un comune ideale, ha sempre una sua ragione storica, prodotta dal corso degli avvenimenti, sostenuta da valide necessità sociali e quasi fatalmente imposta dal ritmo della vita civile.

Dalla stessa dialettica della storia nacquero, quindi, nella prima metà del nostro secolo, le associazioni femminili, allorché la donna, ormai chiamata alla ribalta dall’ intrattenibile corso degli eventi, tratta fuori dal mito del focolare domestico, avvertì ed affrontò una decisiva svolta nel suo antico destino.

Possiamo, dunque, affermare che due fattori ugualmente importanti sono alla base del costituirsi della nostra Associazione: primo, l’evoluzione dei tempi, che aveva offerto alle donne la possibilità di una preparazione adeguata e di una carriera professionale propria; secondo, le difficoltà e le esigenze di una società sconvolta dalla guerra, che avevano spinto le donne in attività lavorative fuori dall’ambito familiare.

Durante la prima guerra mondiale, infatti, gli uomini, impegnati nei più diversi servizi bellici, dovettero abbandonare i propri posti di lavoro, creando un vuoto produttivo che poté essere colmato reclutando donne capaci di sostituirli. La prova di serietà e di impegno che le donne seppero dare fu così convincente che, al cessare delle ostilità, il Governo degli Stati Uniti d’America ritenne opportuno non disperdere tanto utili e produttive energie. Esso, infatti, stanziò una cospicua cifra per l’organizzazione delle forze del lavoro femminile (YWCA), affidandone il reclutamento alla dott.ssa Lena Madesin Phillips, donna dalla personalità quanto mai interessante e complessa.

In America la dott.ssa Lena Madesin Phillips aveva fondato nel 1919 la Federation of Business and Professional Women (BPW), la federazione delle donne operanti nelle professioni e nel commercio, con le finalità di “potenziare il senso di responsabilità della donna lavoratrice; elevarne il livello di cultura e di preparazione; renderla idonea ad intraprendere qualsiasi carriera, senza discriminazione di sesso”.

Volendo propagandare la sua Associazione per estenderla anche in Europa, la Madesin Phillips intraprende i Good Will Tours, “i viaggi della buona volontà” e, con l’appoggio delle ambasciate americane, visita l’Inghilterra, la Francia, la Germania, l’Austria e l’Italia. Giunge a Roma nel 1928, l’incontro con il gruppo di socie della BPW fu organizzato da Maria Castellani per incarico della giornalista Ester Danesi Traversari. Lena Madesin Phillips fu ricevuta dal Governo Italiano ed accolta in Campidoglio con tutti gli onori di un personaggio importante. Fu così che la Presidente americana conobbe Maria Castellani e la invitò a partecipare al Congresso che si sarebbe svolto sul lago Michigan.

Nello stesso anno a Maria Castellani si offerse l’opportunità di un viaggio in Brasile ed in Argentina assieme al presidente della Previdenza Sociale ed al suo segretario generale, allo scopo di studiare i computer; trovandosi in America, ricordandosi dell’invito, partecipò al Congresso della BPW, dove venne accolta molto cordialmente da Lena Madesin Phillips che la omaggiò della tessera di socia, con l’incarico di fondare in Italia ed in altri Paesi un analogo movimento.

Tornata a Roma, entusiasta degli scopi di quella associazione, Maria Castellani inizia una fitta corrispondenza con Lena Madesin Phillips, che ammira moltissimo e ne condivide le idee; con l’appoggio della dott.ssa Adele Pertici Bassi, consigliera al Ministero delle Corporazioni, accesa sostenitrice dell’emancipazione della donna, riunisce nel suo salotto un gruppo di signore appartenenti a diversi campi di attività, donne autorevoli per competenza o per prestigio e fonda il Circolo Donne Professioniste e Artiste. L’8 gennaio 1929 nell’ Atheneum romano di via Condotti, viene discusso lo Statuto dell’Associazione ed eletta all’unanimità presidente della prima sezione d’Italia, la dott.ssa Adele Pertici Bassi. L’avvenimento fu riportato su tutta la stampa e ben presto da Roma l’Associazione si estese a Milano e Napoli. I tre circoli in seguito formarono l’Associazione Nazionale Professioniste e Artiste, di cui la dott.ssa Maria Castellani venne eletta Presidente.

A Nord e a Sud d’Italia velocemente sorsero nuove sezioni, Maria Castellani decise di riunirle nella Federazione Italiana Professioniste e Artiste, FIPA, il cui statuto e le cui finalità aderivano agli scopi della Federazione Americana. Il resto è storia. O, perlomeno, storia italiana. Nominata Attuaria dell’Ufficio Internazionale del Lavoro, Maria Castellani si trasferisce a Ginevra e viene coinvolta da Lena Madesin Phillips nell’organizzazione del I° Congresso Internazionale BPW, il cui regolamento prevedeva una rappresentante per ogni Nazione. Con le amiche elvetiche costituì un comitato per l’ospitalità, promosse l’interessamento degli ambienti governativi per la riuscita della manifestazione che si svolse dal 24 al 28 agosto 1930, in cui l’Italia partecipò con 31 delegate; Maria Castellani, in veste di Presidente della Federazione Italiana, e l’ispettrice del lavoro Angiola Maria Guidi, come rappresentante del Governo Italiano. In quel Congresso furono gettate le basi della IFBPW e all’Italia fu riconosciuto il titolo di “promotrice”. Risale a quel periodo l’incontro di Maria Castellani con S.E. Monsignor Roncalli, che era Nunzio Apostolico ad Ankara, il quale si avvalse delle di lei relazioni internazionali per fondare chiese cattoliche in Turchia.

Iscrittasi all’Albo dei Giornalisti di Roma, Maria Castellani fece parte della redazione della rivista Previdenza sociale, e nel 1932 ebbe il Premio Nazionale per le sue pubblicazioni, sia matematiche che tecniche delle Assicurazioni Sociali. In tutto, pubblicò più di 100 suoi studi e ricerche nel campo scientifico e attuariale, e, come corrispondente de Il Corriere della Sera, si interessò delle prime invenzioni dei computer. Fu di quel periodo il conseguimento della libera docenza, come professore di matematica dell’Università di Roma; ma già apparivano all’orizzonte i bagliori di un conflitto mondiale, si vociferava di mutamenti politici e per Maria Castellani quelli furono momenti critici; per le leggi razziali, nel 1940 viene sospesa dalle sue attività, sia nella Previdenza Sociale che presso l’Università, le furono anche invalidati i suoi titoli di studio, per cui fu costretta a prendere la sofferta decisione di trasferirsi in America.

Prima di partire convoca in casa della contessa d’Ancora, che l’aveva ospitata in quei gravi momenti, la dott.ssa Urania Pico, Vice Presidente della FIPA, per siglare l’atto di scioglimento della Federazione Italiana Professioniste e Artiste che già contava più di cento sezioni.

Negli Stati Uniti d’America fu chiamata a far parte dei professori dell’USAFI (delle forze armate) e decide di diventare cittadina americana. A guerra finita, nel 1946 Maria Castellani torna in Italia, viene reintegrata nelle sue cariche, sia nella Previdenza Sociale che presso le Università di Roma e di Ginevra. Si stabilisce a Roma e viene a conoscenza che l’Associazione era stata ricostituita il 14 febbraio 1945 per iniziativa di quindici valide professioniste, e denominata FIDAPA, Federazione Italiana Donne Arti Professioni Affari, con Presidente la prof.ssa Ines Insabato Joli e con Vice Presidente la sua fedele Urania Pico. Al suo ritorno negli USA, ebbe così la soddisfazione di portare alla Presidente della IFBPW Lena Madesin Phillips il saluto della Federazione Italiana.

Oggi la Fidapa BPW Italy si compone di circa 10.000 socie donne artiste, professioniste, manager, che vivono in sette distretti regionali, da nord a sud, e 300 sezioni. Circa 1.000 incontri vengono organizzati ogni anno per promuovere il ruolo della Donna a tutti i livelli della vita quotidiana, sociale, politica ed economica, e portare avanti la Missione dell’Associazione. Ogni biennio la Fidapa BPW Italy si dota di un tema nazionale, a cui si aggiunge il tema internazionale che viene scelto ogni 3 anni sulla base degli obiettivi e dell’agenda delle Nazioni Unite.

Il tema nazionale per il biennio corrente (2021-2023) é: 

Unite verso un fine comune: sostenere un’istruzione e formazione di qualità e promuovere l’equità, la coesione sociale e la cittadinanza attiva.

Il tema internazionale 2021-2024 é:

New actions through cooperation – Nuove azioni attraverso la cooperazione.

Poichè il filo conduttore di questo articolo è l’ Arte, è d’obbligo menzionare il logo adottato dalla Federazione, la Vittoria Alata. La Vittoria Alata, simbolo della città di Brescia, é una statua in bronzo, di dimensioni leggermente superiori al vero, che fu rinvenuta nel 1826 presso il Capitolium di Brixia e sin da allora ritenuta dalla maggior parte degli studiosi una Vittoria alata, opera di bronzisti romani del I secolo d.C.Dal 2003 gli storici dell’arte, in particolare il prof. Paolo Moreno (Università di Roma Tre), ritengono che la statua sia di ben diverse origini. Infatti, i recenti studi condotti, in particolare nell’ambito dell’iconografia e della resa stilistica del bronzo, recuperando isolate ipotesi del XIX secolo, ne hanno anticipato la datazione ed hanno attribuito la statua ad un’altra divinità. Numerosi elementi, seguiti con scrupolo indiziario, inducono a ritenerla una preziosissima opera originale greca della metà del III secolo a. C., raffigurante Afrodite, la dea della bellezza, intenta a rimirarsi in uno specchio, che tratteneva con entrambe le mani.

La statua sarebbe stata realizzata da abili bronzisti operanti ad Alessandria d’Egitto o a Rodi, e sarebbe l’esito della rielaborazione di modelli più antichi e molto celebri. Alcuni dettagli che la caratterizzano: il mantello che ricade all’esterno della gamba flessa e la spallina della veste scivolata a scoprire la spalla ed il seno destro, inducono ad identificarla con l’Afrodite descritta da Apollonio Rodio nelle “Argonautiche”. La statua, giunta poi a Roma come bottino di guerra, sarebbe stata trasformata in Vittoria con l’aggiunta delle ali e la modifica del braccio destro, non più impegnato a sostenere lo specchio, ma a indicare, con un cesello, l’incisione del nome del vincitore sullo scudo, trattenuto dalla mano sinistra ed appoggiato sulla gamba piegata. Così modificata, sarebbe stata poi donata alla città di Brixia, forse in occasione del conferimento del titolo onorifico di colonia civica Augusta prima dell’8 a. C.

Secondo un’altra ipotesi, anch’essa plausibile, l’imperatore Vespasiano, dopo aver ottenuto il comando dell’impero a seguito di uno scontro militare, avvenuto tra Brescia e Cremona, avrebbe fatto dono della Vittoria alla città. Oggi é custodita presso il Complesso Museale di Santa Giulia.