Sheena lyengar (docente di Management alla Columbia University) e Mark Lepper (docente di Psicologia a Stanford) nel 2000 eseguirono un interessante esperimento. Fingendosi dei venditori di marmellata in un supermercato offrirono i loro prodotti secondo un meccanismo ben definito per analizzare i comportamenti d’acquisto concreti. Più specificamente, l’esperimento consisteva nel presentare, alternativamente, un tavolo con 24 barattoli di marmellate diverse e un altro apparecchiato con sole 6 confezioni. In seguito, gli studiosi analizzarono le reazioni dei potenziali clienti, il numero di passanti e coloro che si fermavano ad assaggiare e a comprare la marmellata. L’esperimento all’inizio ebbe risultati a cui saremmo arrivati anche intuitivamente: il 60% dei clienti si fermava davanti al banchetto con i 24 barattoli, mentre solo il 40% era attratto da quello con 6 barattoli.
In altre parole, davanti a una maggiore possibilità di scelta, i consumatori mostrarono un’attenzione più alta. Ma in realtà, in entrambi i casi i clienti assaggiarono mediamente due gusti. Il numero di assaggi, cioè, non fu proporzionale all’interesse iniziale. Non solo: tra coloro che avevano mostrato interesse per la marmellata, nel caso dei 24 barattoli solo il 3% effettivamente acquistò il prodotto, mentre nel caso dei 6 barattoli fu acquistato da ben il 30%! Per tradurre il fenomeno in dati di vendita concreti, immaginiamo per un istante che cento clienti entrino nel centro commerciale e si mostrino interessati alle marmellate: al banchetto con 24 gusti si fermano 60 persone, ma ad acquistare sono 2 persone; al banchetto con 6 gusti si fermano 40 persone, ma ad acquistare sono 12 persone. Sembra incredibile ma il banchetto con meno scelta ha un potere di conversione alla vendita sei volte superiore a quello con più scelta! Da esperimenti di questo tipo è stato compreso uno dei principali meccanismi di psicologia dei consumi: una proposta costituita da molte scelte ci attira, ma oltre un certo limite finisce per disorientarci rendendo difficile il processo decisionale dell’acquisto.
*** Paolo IACCI, 1955, consulente e saggista, L’ età del paradosso. Perché chiediamo tutto e il contrario di tutto nelle imprese e nella società, Egea, 2019, estratto pp. 120-121.
Paolo Iacci, docente di gestione delle risorse umane all’università Statale di Milano, è presidente di Eca Italia, direttore scientifico del trimestrale ‘Direzione del Personale’ e direttore responsabile del web magazine ‘Hr On Line’. Ha pubblicato una quindicina di saggi su temi del lavoro e dell’organizzazione. Ultimi suoi titoli sono Dialogo sul lavoro e la felicità (con Umberto Galimberti, Egea, 2021) e Purpose e leadership ibrida (con Luca Solari, FrancoAngeli, 2022)
MA NON SOLO MARKETING (mf)
Trasferiamo le giuste considerazioni di Paolo Iacci, supportate dalla forza di esperimenti scientifici, dal mondo del marketing al contesto socio-politico. Viene da farsi qualche domanda. Non sarà anche per questo che gli ‘autocrati’, oggi in particolare spolvero sullo scenario internazionale, vantano una loro indubbia fascinosità tra chi preferisce essere ‘suddito’ che ‘cittadino’? Vado giù con l’accetta e so di rischiare il semplicismo, ma a me pare evidente che molte ragioni di tutto ciò siano riconducibili ad un processo logico certamente perverso per i risultati che produce, ma quanto mai allettante per la spensieratezza di vita che promette. E’ chiaro che i sudditi, una volta che hanno accettato di essere guidati da un autocrate, non devono più scegliere il cosa e il come più particolareggiati, e fondamentali, che necessariamente ne conseguono. La partecipazione democratica, l’essere ‘cittadini’, costa fatica: devi mantenerti informato, alimentare la competenza civica personale che garantisce la ‘cittadinanza’, fare continue scelte grandi e piccole di interesse comune, tenere attiva la convivenza in un dibattito anche pubblico informato e argomentato… Insomma: non devi mai spegnere cervello e pensiero. E il pensiero, se non è critico e quindi anche dissenso, non è pensiero: solo mimesi del pensiero comune dominante. L’autocrate (è una considerazione risaputa e non particolarmente originale) rappresenta un grande risparmio di tempo e di sforzo: è lui che pensa per te e tu, appunto da s-pensierato, devi solo obbedire. Magari con il vantaggio, poi, di lamentarti e colpevolizzare il destino ‘cinico e baro’. Ecco spiegato perché le democrazie sono sempre in bilico: pronte a lasciarsi abbindolare dall’uomo Alfa di turno (o dalla donna in ‘similmaschio’ oggi sempre più presente anche in posizioni di ‘prepotente potere’) e piegarsi a forme quanto meno ibride di regime. Forme nelle quali si mantiene (finché si mantiene) la forma, ma solo per coprire una sostanza volatilizzata. (Naturalmente ogni riferimento, al presente vicino e lontano, è voluto).
Il podcast che potete ascoltare, è elaborato dalla IA Notebook LM, costruito a partire dalla scrittura originale del suo autore umano. Lo consideriamo un complemento, non è una replica, è un’interpretazione!