Numero 65 Registrazione al tribunale di Roma N° 3/2004 del 14/01/2004

Imprenditore e manager per le MPMI
(Micro, Piccole e Medie Imprese)

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di Giuseppe Monti

 

Le micro, piccole e medie imprese italiane presentano tutte un problema di dimensione. L'assunto del "piccolo è bello", considerato fino a pochi anni fa un punto di forza del sistema imprenditoriale del nostro Paese, viene ora considerato una "criticità" se paragonato con le tendenze in atto su scala globale; si può dire che un mito è crollato, almeno in parte. Altro mito che deve crollare, e sta per crollare, è che le MPMI non possono utilizzare gli strumenti adoperati dalle grandi imprese.

Numerosi convegni e indagini sul futuro delle MPMI affrontano il tema del "saper crescere" come elemento distintivo ed imprescindibile della strategia di una piccola e media impresa. Frequentemente si ribadisce che è necessario che in una MPMI siano presenti i requisiti, le risorse e la cultura per l'elaborazione e lo sviluppo di una strategia in grado di differenziare l'azienda dalla concorrenza e fornire valore ai clienti.

Si parla molto di competitività, in realtà è proprio la strategia una delle leve principali della competitività; la strategia è uno strumento che insieme alla sperimentazione di nuovi modelli organizzativi può facilitare il cambiamento.
La pressione competitiva non è sempre avvertita dalla piccola impresa come un fattore critico di sopravvivenza perché essa, fino ad oggi, si è ritagliata una propria collocazione di nicchia con una gestione quotidiana finalizzata, in primis, alla sopravvivenza.

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La strategia di una MPMI non ha quasi mai un respiro di medio o lungo periodo: spesso è improntata alla quotidianità e l'approccio manageriale, se così si può dire, è di tipo reattivo.

E' necessario introdurre nella MPMI uno stile imprenditoriale orientato alla strategia e all'introduzione di nuovi modelli organizzativi in sintonia con i nuovi orientamenti della cultura d'impresa per avviare una fase di sperimentazione che aiuti a superare anche le attuali difficoltà di natura competitiva.

In Italia sono soprattutto le piccole e piccolissime imprese (microimprese) che devono trovare risposte efficaci in questa direzione. In generale, c'è la diffusa convinzione che esse non si possano permettere un management in grado di formulare strategie adeguate e avviare rilevanti cambiamenti organizzativi.

Una piccola impresa non può scegliere di sopravvivere, deve diventare competitiva e perciò ha la necessità di ritagliarsi una nicchia ecologica per i prodotti e i servizi offerti, con capacità competitive globali.

La maggioranza delle MPMI, in Italia, spesso, hanno un'organizzazione scarsamente strutturata dove il capo è la sola persona a conoscenza di tutti gli elementi chiave della gestione aziendale; molte volte tali elementi formano un insieme caotico di dati e informazioni, che, in presenza di buone capacità di sintesi, possono costituire un punto di forza.

In una piccola impresa le attività di chi è al vertice devono essere particolarmente efficaci.

Può essere utile porsi le seguenti domande:
a. Cosa riesce a fare veramente bene il massimo responsabile?
b. Cosa riesce a fare meglio di qualunque altro nell'azienda?
c. Tra le attività chiave, quali sono quelle di cui dovrebbe occuparsi?

Tra i compiti chiave vanno annoverati il rapporto con il personale dell'azienda; i rapporti con l'esterno, banche, mercato, grandi clienti, tecnologia.
Un'azienda che intenda muoversi in un'ottica competitiva globale deve necessariamente essere sempre informata sui propri mercati e sui cambiamenti che possono avere influenza sul proprio futuro. Essa ancora, in quanto a responsabilità e a competenze, deve necessariamente differenziarsi al proprio interno.

La domanda che un piccolo imprenditore dovrebbe porsi è:
come vanno gestiti e da chi i nostri processi interni. (vedi)

Per un piccolo imprenditore, perciò, è vitale avere un sistema di gestione e controllo delle informazioni che gli consenta di determinare se:

  • i processi, le attività producono i risultati desiderati;
  • viene attuata o meno un'oculata gestione finanziaria;
  • viene misurata la produttività delle proprie risorse umane;
  • l'attività commerciale è gestita correttamente (pochi grandi clienti possono costituire una minaccia, quindi l'azienda è vulnerabile).


In sostanza il modello di imprenditorialità istintiva come fonte primaria del successo delle PMI deve essere sostituito da un nuovo paradigma imprenditoriale o di management, basato su pratiche progettate e gestite con efficacia ed efficienza. In questo senso l'attuale modello gestionale prevalente nelle MPMI, di tipo empirico, basato su un problem solving reattivo, ha molta difficoltà a reggere.

Qual è allora il percorso del cambiamento da intraprendere, quali sono gli strumenti adatti per facilitare la transizione, senza indulgere a suggestioni di moda e a facili allarmismi? Non esistono scorciatoie, deve essere preferito un percorso di cambiamento fatto di piccoli passi, di lenta e meditata sperimentazione, con la verifica dei risultati di volta in volta raggiunti.

La civiltà del nuovo millennio si è spostata dalla terra al satellite. Le autostrade sono diventate “intelligenti” e su scala mondiale, per consentire la movimentazione non di persone e beni materiali ma di informazioni. Si creano realtà virtuali, si inizia a gestire il caos. Lo scenario tecnologico che si va prospettando in questi anni è fortemente caratterizzato dalla convergenza delle tecnologie dell’informazione con quelle delle telecomunicazioni. Tutto ciò pone le basi per un forte sviluppo e richiesta di nuove applicazioni, ma soprattutto di nuove figure in grado di capire e applicare rapidamente. Mentre rimangono validi alcuni valori che avevano rilevanza nel passato, come la capacità di approfondire e di conoscere in dettaglio, altri se ne aggiungono: l’interdisciplinarietà, la capacità di riutilizzazione delle competenze acquisite in ambiti diversi, l’integrazione.

Quindi, le dinamiche del cambiamento impongono ai manager un imperativo chiave: la capacità di gestire l’innovazione.

Per una utile riflessione riportiamo alcuni spunti tratti da Business 2.0 di qualche anno fa (2001) ed ancora attuale: ” …che bisogna imparare a stare in equilibrio sulla linea di confine tra imprenditore e dirigente. Che è importante saper cogliere l’attimo creativo. Che si deve avere fiducia nella propria intuizione. Che sono fondamentali le capacità decisionali. … per costruire i nuovi manager/imprenditori si applicano nuovi metodi e nuovi principi”.

Chi abbia la voglia e la pazienza di sfogliare i programmi formativi destinati ai manager scoprirà che ogni scuola di formazione o società di consulenza e di formazione applica il proprio metodo che a volte risulta diverso anzi agli antipodi rispetto ad altri. Questo se può apparire come un elemento di confusione, dovrebbe far riflettere su una cosa estremamente importante: se è cambiato il modo di fare affari, devono cambiare anche gli uomini necessari per far correre la locomotiva ai ritmi imposti dalla tecnologia e quindi il significato stesso di formazione manageriale.

Certo, la differenza fondamentale tra il manager della Net Economy rispetto a quello della precedente generazione è la conoscenza delle tecnologie, anche se rimane fondamentale il bagaglio tradizionale di general management.


 

Le riflessioni sulla formazione manageriale, fatte da alcuni autorevoli formatori, ci danno la possibilità di ribadire un concetto che è poi la base di partenza di ogni nostro corso di formazione manageriale: oggi le pubblicità, i messaggi su riviste, giornali e cartelloni ci spingono verso l’acquisto frenetico di nuovi e potenti computer in grado di automatizzare la maggior parte dei processi di business e quindi di incidere enormemente sulle strategie complessive dell’azienda. Questo è estremamente vero, oggi, ogni manager deve avere la possibilità di lavorare con gli strumenti giusti. Ma il pericolo insito in questi messaggi è il seguente: sono disponibili potenti risorse tecnologiche, computer velocissimi, Web Cam in grado di collegarci con i luoghi più remoti ed in tempo reale, ma tutto ciò senza l’uomo in grado di gestire, capire e sviluppare, non servirà proprio a nulla. Se non ci credete, provate ad accendere il vostro potentissimo PC ed aspettate. Aspettate che faccia qualcosa,…non succederà proprio nulla, perché è comunque una macchina anche se potente. Il vero differenziale sarà sempre il potenziamento della capacità decisionale.

Oggi, bisogna prevedere percorsi formativi in grado di stimolare una visione moderna del manager/imprenditore, con percorsi diversi ma in grado di fornire contenuti validi e che riescano ad integrarsi per poter completare così una formazione adeguata. … è necessario avviare quel processo in grado di aprire le menti, stimolare tutta la struttura verso nuove riflessioni, nuove conoscenze, che vadano al di la delle singole e necessarie competenze. Perché, oggi più che mai, è estremamente necessario che ognuno conosca quello che succede in ogni settore anche quelli che apparentemente non influenzano il nostro business. Oggi, tutto è estremamente collegato.

La riflessione doverosa che ogni imprenditore dovrebbe fare è questa: “se cambia il mercato e le sue regole devo cambiare anch’io, altrimenti non avrò alcuna possibilità di sopravvivenza”.

 

 

Giuseppe Monti, CMC (Certified Management Consultant): Esperienza consolidata (+ di 40 anni) in Formazione Manageriale, Marketing Internazionale, Internazionalizzazione, Business Plan, Marketing Strategico, Organizzazione, pianificazione ed implementazione di Balanced Scorecard, di BCP Business Continuity Management, di ISO 9001, 14001 e SA8000, Lean Organization per aziende Piccole, Medie e Grandi. Direttore di Caos Management. Public Profile.
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