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Affrontare il tema dell’Intelligenza artificiale e delle conseguenze della implementazione dell’Intelligenza artificiale sul mondo del lavoro e dell’impatto sulle disuguaglianze, quindi sulle implicazioni politiche, sociali ed economiche ci impone una specifica riflessione sull’impatto ambientale della diffusione dell’Intelligenza artificiale e sulla sua sostenibilità.
Un recente articolo del The Guardian scritto in collaborazione con l’associazione no Profit “Source Material”, che dal 2017 svolge delle inchieste sul cambiamento climatico e la democrazia, ha portato all’attenzione che i colossi informatici (Google, Amazon, Microsoft, …) stanno ampliando i loro data center del 78 percento a livello globale. Tra questi Amazon è quella che ne ha nettamente di più, per un totale di 379 tra quelli attivi (237) e quelli in costruzione (142, + 60 percento), con Microsoft (120 tra attivi 41 e in costruzione 79, + 193 percento) e Google(117 tra attivi 68, in costruzione 49, + 72 percento).
Questi data center vengono prevalentemente costruiti in zone aride, per preservare le componenti dal deterioramento e dalla corrosione generata dall’umidità, quindi in territori dove c’è scarsità d’acqua, implementando le difficoltà idriche per le popolazioni residenti.
Cosa sono i data center? Sono delle strutture che contengono tutti i computer e le relative apparecchiature hardware necessarie per la realizzazione delle reti informatiche dei sistemi digitali per fornire applicazioni, elaborazioni e servizi. Quando con i nostri personal computer o i cellulari richiediamo qualche servizio, apriamo qualche applicazione, ci stiamo collegando a questa rete informatica.
Ovviamente questi data center per funzionare hanno bisogno di energia. Quanta? Tanta! Moltissima.
Il loro consumo di elettricità è più che raddoppiato tra il 2018 e il 2022. Sommando tutti i data center del mondo nel 2023 hanno consumato più energia di tutta la Francia.
L’avanzamento tecnologico richiederà sempre maggiore energia.
L’Intelligenza artificiale vorrà la sua (consistente) parte. Si stima che una ricerca su ChatGPT consumi dieci volte quella necessaria per una ricerca su Google. Secondo l’Agenzia internazionale dell’energia nei prossimi cinque anni, quindi nel 2030, il consumo di energia richiesta dai data center di Intelligenza artificiale quadruplicherà, arrivando a consumare l’energia equivalente a quella del Giappone.
Questo rende i data center inquinanti, pur non emettendo direttamente gas di scarico o scorie, quanto per l’uso di energia prevalentemente fossile.
La loro dislocazione in territori aridi aiuta anche nel collegarli a fonti eoliche o solari. Anche se i colossi informatici stanno fortemente investendo sull’energia nucleare. In questa direzione va, ad esempio, l’accordo siglato tra Alphabet e Kairos Power, che permetterà l’alimentazione dei data center Google con mini-reattori nucleari modulari (SMR), che forniranno 500 megawatt di energia per sostenere la crescita dell’Intelligenza artificiale di “Big G”.
Questi macchinari accesi 24 ore al giorno per 365 giorni all’anno, ovviamente si surriscaldano e quindi occorre raffreddarli. Uno dei sistemi più pratici per raffreddarli è l’acqua. Ma siamo in territori aridi, buoni per il sole, per la poca umidità, ma, sa va san dire, con poca acqua. Ad esempio in Aragona (in Spagna ai confini con la Francia) Amazon sta costruendo tre data center ed è stata autorizzata a consumare 775.720 metri cubi di acqua in un anno da convogliare nei sistemi di raffreddamento. Tanta, tantissima acqua, quella necessaria per irrigare 233 ettari di piantagioni di grano (equivalenti a 333 campi di calcio). E questo preoccupa considerando che il 75 percento della Spagna, secondo la Convenzione delle Nazioni Unite contro la desertificazione, è già a rischio desertificazione.
I colossi informatici che dicono?
Che i progetti tengono sempre conto della scarsità d’acqua. Non tutti i data center sfruttano nella stessa maniera l’acqua di raffreddamento. In alcuni viene prelevata dal sottosuolo molto fredda e, finito il suo compito, viene immessa di nuovo nell’ambiente con solo qualche grado in più, il che la rende utilizzabile per altri scopi.
Amazon si è impegnata a diventare water positive entro il 2030; cioè fornire agli ecosistemi e alle comunità una quantità d’acqua superiore a quella utilizzata.
Il problema è dove e come. Perché se consumiamo l’acqua in Aragona e la restituiamo, ad esempio, nella Loira le cose non funzionano per le popolazioni aragonesi.
E come si fa ad aumentare il flusso d’acqua dove non c’è?
Certo si possono migliorare le infrastrutture idriche abbattendo le perdite degli acquedotti, creare invasi di raccolta, ma ciò può essere sufficiente?
Nel suo libro “Sete” Filippo Menga mostra come la crisi idrica sia frutto di uno sfruttamento capitalistico e delle dinamiche predatorie che privano comunità locali per favorire economie globali. Lettura complessa ma coinvolgente.
La crisi idrica globale è argomento di grande successo, in questo ingresso nel terzo millennio. La corsa all’oro blu e la crisi idrica non sono un fenomeno temporaneo visto che due miliardi di persone, il 26 percento della popolazione mondiale, non ha accesso ad acqua potabile sicura.
Ma la risposta al problema resta inadeguata: anziché alla comprensione della crisi, si lavora alla sua spettacolarizzazione.
Le multinazionali dell’acqua in bottiglia e della birra portano avanti campagne pubblicitarie basate sulle loro politiche di sostenibilità. C’è un cortocircuito evidente. Il sistema che in larga parte è responsabile della crisi si propone di guadagnare affrontandola. È il funzionamento del capitalismo: la “crisi” in sé è un suo elemento cardine, e nel momento in cui, come è il caso della crisi ecologica, e idrica in particolare, diviene strutturale, il processo di mercificazione prevede che la gestione della crisi stessa debba diventare fonte di profitto.
L’illusoria capacità di autoregolamentazione del mercato
Il tema della crisi idrica, della desertificazione, della privatizzazione del bene comune “acqua” è un campanello d’allarme sugli effetti devastanti della fede cieca nella capacità di autoregolamentazione del mercato, così tanto “cianciata” (direbbe il nostro Ministro della Cultura Giuli) dai filo-capitalisti.
Per quanto ci riguarda la ricerca di nuove opportunità tecnologiche che promettono scintillanti benefici per l’umanità, nell’oggi aggravano gli effetti della crisi climatica mettendo una seria ipoteca nel creare nuovi immensi flussi migratori per quelle comunità dove la siccità impedisce di continuare le produzioni agricole.
Tant’è che avremmo potuto titolare questo intervento “Intelligenza artificiale e migrazione”
Di nuovo la tecnologia diventa foriera di nuove massicce disuguaglianze sul pianeta. Disuguaglianze con le quali, prima o poi, ma in realtà già da adesso, l’Occidente neo liberista e plutocratico finirà con il fare i conti.
Il rapporto tra l’Intelligenza artificiale e l’ambiente induce una profonda riflessione sul nostro rapporto con la natura e un potente richiamo all’azione: non è mai troppo tardi per prendere posizione e invertire la rotta.
Di certo non con la sensibilità sul tema ‘green‘ dimostrata dal Governo Meloni.
Fonti
Breaking Italy (2025), Le IA hanno bisogno di molta energia e molta acqua: come facciamo?, You tube.
Massacesi Luca (2025), Comunicare in azienda, in particolare il capitolo “Intelligenza artificiale o intelligenza umana”, Officine Einstein edizioni, maggio 2025.
Menga Filippo (2024), Sete, crisi idrica e capitalismo, Ponte delle grazie, 2024.
Nuclear News (2024), Amazon buys nuclear-powered data center from Talen, marzo 2024. https://www.ans.org/news/article-5842/amazon-buys-nuclearpowered-data-center-from-talen/
Piccolo Riccardo (2024), I data center mondiali consumano più energia della Francia, Wired, luglio 2024.
Servidio Giuseppe (2024), Google pensa di alimentare i suoi data center per l’AI con mini-reattori nucleari modulari, Geopop, 7 ottobre 2024. https://www.geopop.it/google-pensa-di-alimentare-i-suoi-data-center-per-lai-con-mini-reattori-nucleari-modulari/
Spencer Thomas, Singh Siddharth (2024), What the data centre and AI boom could mean for the energy sector (Cosa potrebbero significare il boom dei data center e dell’intelligenza artificiale per il settore energetico), Iea, 18 ottobre 2024.
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